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Focolaio Tbc al “Neruda”, la comunità risponde. “Basta strumentalizzazioni, la soluzione è l'accesso alla salute pubblica”

La comunità respinge le accuse di inerzia e denuncia la strumentalizzazione politica

Focolaio Tbc al “Neruda”, la comunità risponde: “Stop alla strumentalizzazione”. L’accusa: “Basta strumentalizzazioni, la soluzione è l'accesso alla salute, non lo sgombero”

La notizia di un focolaio di tubercolosi all'interno dello Spazio Popolare Neruda di via Ciriè 7 a Torino ha fatto scattare i protocolli sanitari dell'Asl To2, ma ha anche innescato un acceso dibattito politico che da ieri occupa le pagine dei principali quotidiani nazionali.

Lo Spazio Popolare Neruda, in un comunicato diffuso sulle pagine social ha voluto chiarire la propria posizione, respingendo l'idea di un’inerzia nella gestione della situazione sanitaria. La comunità ha sottolineato di essersi "attivata per la tutela della salute dell3 abitatnt3 dello spazio, di chi lo frequenta e del quartiere" fin dalla scoperta del primo caso.

“E’ un fatto che sicuramente ci ha allarmato dal primo momento e ci ha condotto a entrare in un percorso di screening con tutte le persone abitanti dello spazio. Screening non semplice perché non esiste più, a differenza di qualche anno fa, l'accesso libero ai test di prevenzione per questa malattia” ha commentato lo Spazio, che questa mattina ha rilasciato un’intervista su RadioBlackout. Il riferimento è alla mancanza di un accesso diretto presso l’ambulatorio di Lungo Dora Savona 24, che negli anni ha subito tagli imponenti, depotenziando il livello e la qualità dei servizi offerti.  

Le famiglie hanno espresso inoltre una ferma condanna nei confronti della "strumentalizzazione politica da parte della destra regionale sulla salute delle persone in condizione di precarietà abitativa e con background migratorio". Viene chiamato in causa direttamente l’Assessore regionale Maurizio Marrone, accusato di essere "tra i principali responsabili per aver smantellato il welfare abitativo e sanitario in Piemonte" e l’attuale vertice del Dipartimento di Prevenzione, Roberto Testi.

“Testi, in quanto responsabile dell'Ufficio di igiene, e Maurizio Marrone, Assessore al Welfare, dovrebbero occuparsi di risolvere questo problema. Non il problema della tubercolosi al Neruda, ma il problema della diffusione di una malattia infettiva dovuta anche all'assenza generale di welfare, perché lo sviluppo delle malattie infettive è legato anche a problemi di sovraffollamento, mancanza di casa e generale accesso alla salute” ha commentato lo Spazio.

Questa risposta ribadisce un concetto che spesso viene perso di vista nella narrazione mediatica mainstream: la soluzione al problema non è lo sgombero, come viene spesso invocato dalla politica, ma l'implementazione di uno screening efficace sulla TBC e altre malattie infettive, l'accesso libero e gratuito alla prevenzione, la velocità e accessibilità delle prestazioni sanitarie e la "decostruzione dello stigma razzista sulle malattie insieme alla tutela dei diritti fondamentali come l'accesso alla casa e alla salute".

“Abbiamo dovuto esperire sulla nostra pelle la difficoltà di poter accedere a dei test, di poter avere delle cure per chi è in una fase di rinnovo di documenti o non ha i documenti e perfettamente regolari – ha continuato lo Spazio – abbiamo avuto modo di esperire anche un diffuso razzismo istituzionale. In un sistema in cui quasi la maggior parte dei medici di base è in overbooking, chi rimane escluso è chi ha più difficoltà a usare la mail, chi ha più difficoltà a esprimersi in italiano, chi ha meno accesso all'istruzione e ad una comunicazione diretta con i medici di base”. 

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Mentre le autorità sanitarie continuano il lavoro di indagine epidemiologica, la palla ritorna al dibattito politico, dove il focolaio di tubercolosi rischia di diventare l’ennesimo strumento che riduce l’esperienza di autogestione dello Spazio Popolare Neruda ad un esempio di illegalità, cancellando e delegittimando le esperienze di solidarietà che genera.

Lo spazio, infatti, ha nel tempo attivato una serie di servizi aperti alla cittadinanza e ai residenti del quartiere Aurora: dalla palestra popolare, al doposcuola, alla scuola di italiano e molto altro. Tra queste c’è anche l’istituzione di un ambulatorio medico che offre visite mediche gratuite, informazioni e orientamento per l’accesso alla sanità pubblica e, per rimanere in tema, si ricorda l’organizzazione, durante la pandemia da Covid-19, di screening di quartiere gratuiti per garantire la sicurezza sanitaria all’interno e all’esterno dello spazio. Tutte esperienze che, più che dimostrare una negligenza da parte dello spazio, sottolineano un impegno collettivo nell’implementazione di servizi di base per tutta la popolazione. 

Se da una parte, dunque, il dibattito politico si focalizza unicamente sull’aspetto di illegalità che caratterizza il Neruda, come altri spazi sociali del territorio torinese, dall’atra parte è necessario interrogarsi su quali possibilità essi offrano e in quale misura queste esperienze ricoprano un ruolo fondamentale per rispondere alla mancanza di servizi essenziali effettivamente accessibili a tutti, che, è sempre bene ricordare, dovrebbero essere erogati dalle amministrazioni. 

“Chiediamo ed esprimiamo chiaramente il fatto che c'è bisogno di un programma di screening generalizzato per la tubercolosi e un programma di prevenzione e informazione sulla tubercolosi. Un'altra questione con cui ci siamo confrontati è proprio la stigmatizzazione razzista di questa malattia, che è conseguenza di un'assenza di informazione adeguata riguardo ai sintomi, la contagiosità, le cause e tutto quello che deve essere un'adeguata informazione riguardo alla malattia” hanno concluso le famiglie.

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