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22 Ottobre 2025 - 11:45
Giù le mani dai bambini: in Italia boom di minori maltrattati. Che sta succedendo?
Il maltrattamento sui minori in Italia non è un fenomeno marginale: è una piaga in crescita, che si consuma spesso tra le mura domestiche e che, troppo spesso, resta invisibile. Dal 2018 al 2023 i minori presi in carico dai servizi sociali per maltrattamento sono aumentati del 58%, passando dal 19,3% al 30,4% del totale dei bambini seguiti dai servizi. In numeri assoluti, parliamo di 113.892 vittime su 374.310 minorenni. Un dato che scuote e che emerge dalla terza Indagine sul maltrattamento dei bambini e degli adolescenti in Italia, commissionata dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza a Cismai e Terre des Hommes, presentata a Firenze durante il convegno organizzato da Artemisia.
Dietro le percentuali, ci sono vite fragili. Nell’87% dei casi i responsabili del maltrattamento si trovano all’interno della famiglia. Non c’è distinzione di genere tra le vittime — il 51% sono maschi, il 49% femmine — ma cambia la forma della violenza. Come spiega Marianna Giordano, presidente di Cismai, «i tipi di maltrattamento più riconosciuti riguardano il neglect, ovvero la trascuratezza educativa, fisica ed emotiva-relazionale, che supera il 37% dei casi». Subito dopo c’è il fenomeno dei bambini che assistono alla violenza sulle madri, che rappresenta il 34% dei casi.
Si tratta di due forme di abuso spesso invisibili, che lasciano ferite profonde senza mostrare lividi. La violenza psicologica pesa per il 12%, quella fisica per l’11%, mentre la patologia delle cure — cioè l’eccesso o la mancanza di attenzioni sanitarie — riguarda il 4% dei minori. L’unico dato in lieve calo è quello dell’abuso sessuale, che rappresenta il 2% dei casi, ma che coinvolge in modo preponderante le bambine e le ragazze (77% delle vittime).
Secondo gli esperti, l’aumento dei casi non significa necessariamente un incremento della violenza, ma una maggiore capacità di riconoscerla. Gli operatori dei servizi sociali, grazie a una formazione più mirata, sono oggi in grado di intercettare segnali che in passato venivano ignorati o sottovalutati. Tuttavia, la crescita dei numeri resta un campanello d’allarme per un sistema di protezione ancora troppo frammentato.
Dal punto di vista territoriale, l’indagine mostra un’Italia spaccata in due. Al Nord Ovest i minori presi in carico sono 51 ogni mille, al Nord Est 49, nel Centro 39, e al Sud appena 32. Differenze che non indicano una minore violenza, ma un diverso grado di attenzione istituzionale e di capacità di intervento. Dove i servizi funzionano, le vittime emergono. Dove non arrivano, il silenzio copre tutto.
Il maltrattamento, inoltre, cresce con l’età: solo il 18% dei casi riguarda bambini tra 0 e 5 anni, mentre il 50% coinvolge la fascia 11-17 anni e il 32% quella tra 6 e 10. È proprio su questo che si concentra l’appello degli esperti: intervenire prima, quando i segnali sono ancora deboli ma le possibilità di recupero molto alte. «L’obiettivo – si legge nel report – è invertire queste proporzioni, riconoscendo e affrontando il maltrattamento fin dalla prima infanzia».
Le segnalazioni arrivano nel 52% dei casi dall’autorità giudiziaria, nel 14% dalla scuola, e solo nel 12% dalla famiglia. Dati che rivelano quanto sia ancora difficile per i genitori, i vicini o gli stessi insegnanti denunciare situazioni di disagio. La paura, la sfiducia nelle istituzioni e il peso del giudizio sociale restano ostacoli culturali che isolano i bambini, rinchiudendoli nel silenzio.
La fotografia scattata da Cismai e Terre des Hommes è dura ma necessaria. L’aumento delle denunce, se da un lato inquieta, dall’altro racconta una società che inizia a guardare negli occhi il problema. Che comincia a capire che il maltrattamento non è solo il colpo o la violenza esplicita, ma anche l’indifferenza quotidiana, l’assenza di ascolto, il disinteresse educativo.
Dietro ogni numero ci sono bambini che hanno imparato troppo presto cosa significa avere paura di chi dovrebbe proteggerli. La vera sfida, ora, è trasformare i dati in azioni: più formazione per chi lavora con i minori, più strumenti per le famiglie fragili, più coordinamento tra scuola, sanità e giustizia. Perché il dolore dei più piccoli non può restare un numero in un report, ma deve diventare una priorità nazionale.
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