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Calcio
20 Ottobre 2025 - 19:19
Calcio o videogioco? Real Madrid - Juve diventa la cavia perfetta: è la fine del calcio vero!
Mercoledì sera, mentre il Real Madrid e la Juventus si affronteranno per la Champions League, il calcio compirà un altro passo verso la spettacolarizzazione digitale. Su Amazon Prime Video debutterà Prime Vision, la nuova modalità di visione interattiva che promette di trasformare la partita in un’esperienza “avanzata”, arricchita da statistiche, mappe tattiche e dati in tempo reale elaborati dall’intelligenza artificiale.
Un debutto che viene venduto come rivoluzionario ma che, in realtà, segna l’ennesimo passo nella progressiva alienazione di uno sport che sembra aver dimenticato sé stesso.
Prime Vision nasce negli Stati Uniti per il football americano, un contesto dove l’analisi statistica è parte integrante della cultura sportiva. Amazon ha deciso di importarla in Europa adattandola al calcio, prima nel Regno Unito e in Irlanda, ora anche in Italia. La promessa è quella di una visione immersiva, dove 22 telecamere tattiche attorno al campo catturano ogni movimento dei giocatori. Sullo schermo, i dati si sovrappongono alle immagini reali: nomi, velocità, passaggi, traiettorie, “momentum bar”, tempo di reazione dei portieri e probabilità di segnare. Tutto confezionato in tempo reale, con la precisione di un algoritmo e il fascino freddo di un videogioco.
C’è chi applaude all’innovazione, chi parla di una “nuova frontiera della fruizione sportiva”. Ma la domanda è: davvero serviva tutto questo? In un’epoca in cui il calcio europeo perde appeal, in cui gli stadi italiani cadono a pezzi, in cui i vivai languono e ai giovani si preferiscono panchinari costosi, il problema non è certo la mancanza di effetti speciali. È il contrario. È l’overdose di tutto ciò che ruota intorno al gioco a renderlo sterile, meccanico, distante.
Guardare una partita non è — o non dovrebbe essere — un esercizio di lettura statistica. Non servono etichette lampeggianti sopra la testa dei giocatori per capire un pressing, né mappe colorate per vedere chi sta correndo di più. Serve piuttosto sentire la partita: il ritmo, la tensione, il respiro del pubblico, la paura di sbagliare, l’euforia di un gol che nasce da un errore o da un’intuizione geniale. Tutto questo la realtà aumentata non lo sa replicare. Può solo simulare.
Eppure, eccoci qui. Nel momento in cui la Juventus, regina senza corona da più di cinque anni, torna a calcare il palcoscenico europeo, lo fa dentro un esperimento di marketing travestito da innovazione. La stessa Juve che fatica a trovare un’identità in campo, che naviga tra bilanci e ricostruzioni, diventa — suo malgrado — testimonial di un calcio sempre più patinato e sempre meno autentico. Un calcio che si misura in pixel, in grafici e in metriche, mentre la passione vera resta fuori dallo schermo.
Amazon promette che Prime Vision è solo una “modalità opzionale”, un modo per “arricchire l’esperienza”. Ma l’esperienza di chi? Del tifoso o dello spettatore distratto che non sa più leggere una partita senza la didascalia di un algoritmo? Dietro l’apparente modernità si nasconde una verità più amara: il calcio, per restare appetibile ai mercati globali, ha scelto la via dell’intrattenimento digitale, sacrificando quella della sostanza.
Si dirà che il mondo cambia, che l’innovazione è inevitabile, che anche lo sport deve adattarsi. È vero. Ma c’è una differenza tra evolversi e snaturarsi. E quando una partita diventa un flusso di dati, quando la spontaneità del gesto tecnico viene sostituita dall’analisi predittiva, allora il rischio è che l’essenza del calcio — la sua umanità — evapori.
Prime Vision ci mostra il futuro, dicono. Ma se il futuro del calcio è quello di un videogioco interattivo, dove tutto è calcolato e niente più sorprende, forse sarebbe il caso di fermarsi un attimo. Perché la bellezza del pallone, quella che ci ha fatto innamorare da bambini, non stava nei numeri, ma negli errori. Nella corsa storta, nel gol inaspettato, nella parata improvvisa. Nella verità imperfetta di un gioco che non aveva bisogno di filtri per emozionare.
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