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Bruxelles, la Commissione Ue pronta a rinunciare al divieto delle gabbie: protesta di Animal Equality davanti alla sede europea (VIDEO)

Striscioni, megafoni e accuse di “tradimento morale”: gli attivisti chiedono che l’Unione mantenga la promessa fatta nel 2021 di vietare le gabbie negli allevamenti

Bruxelles, la Commissione Ue

Bruxelles, la Commissione Ue pronta a rinunciare al divieto delle gabbie: protesta di Animal Equality davanti alla sede europea

A Bruxelles torna la rabbia delle associazioni animaliste. Stamattina, 20 ottobre 2025, alla vigilia della presentazione del Programma di Lavoro 2026 dell’Unione Europea, gli attivisti di Animal Equality hanno manifestato davanti alla Commissione europea per denunciare quella che definiscono una “retromarcia vergognosa” sulla promessa di vietare le gabbie negli allevamenti intensivi.

La protesta, colorata ma determinata, ha occupato l’ingresso principale dell’edificio Berlaymont, simbolo del potere comunitario. Con striscioni, megafoni e cartelloni raffiguranti gli animali imprigionati, i manifestanti hanno srotolato uno striscione lungo dieci metri con la scritta “CRUELTY MADE IN EU”, denunciando quella che definiscono “una complicità silenziosa” delle istituzioni europee con la crudeltà del sistema produttivo.

Secondo una bozza trapelata del Programma di Lavoro, la proposta per eliminare le gabbie negli allevamenti non figurerebbe più tra le priorità legislative del 2026. Una notizia che ha provocato indignazione tra le ONG e i cittadini europei, dopo anni di promesse e di impegni pubblici.

«Nel 2021 la Commissione europea si è espressa a favore dell’eliminazione dell’allevamento in gabbia, un impegno sostenuto da milioni di cittadini europei. Tuttavia, documenti trapelati suggeriscono che questa proposta legislativa cruciale potrebbe essere esclusa dal programma di lavoro del prossimo anno. Siamo qui per rendere impossibile ignorare la volontà dei cittadini e la sofferenza degli animali. La Commissione deve mantenere la sua parola: qualsiasi altra scelta sarebbe un tradimento morale e politico», ha dichiarato Matteo Cupi, direttore esecutivo di Animal Equality Italia, durante la protesta.

L’associazione, attiva in tutto il mondo nella denuncia delle condizioni degli allevamenti intensivi, accusa la Commissione di aver deluso le aspettative di milioni di cittadini europei, ricordando che oltre l’85% degli europei si dichiara favorevole a leggi più severe sul benessere animale. Una percentuale che, secondo gli attivisti, dovrebbe bastare per spingere Bruxelles a trasformare in legge gli impegni presi quattro anni fa.

La questione delle “cage-free farms”, le fattorie senza gabbie, era stata una delle promesse simboliche della Commissione von der Leyen, dopo l’iniziativa dei cittadini europei “End the Cage Age”, sostenuta da 1,4 milioni di firme raccolte in tutti i Paesi membri. Nel 2023, la stessa Commissione aveva ribadito l’intenzione di modernizzare la normativa sul benessere animale. Oggi, però, quella promessa sembra svanire tra le righe di un documento tecnico, a poche settimane dalle elezioni europee.

La manifestazione ha lanciato un appello diretto alla presidente Ursula von der Leyen, al commissario Oliver Várhelyi e alla direttrice generale Roxana Minzatu, affinché la proposta venga reintrodotta nel Programma di Lavoro 2026. Gli attivisti hanno chiesto un incontro immediato e annunciato che, in assenza di risposte, le proteste proseguiranno nelle capitali europee.

Il processo legislativo dell’Unione prevede che solo le iniziative inserite nel Programma annuale possano essere discusse e approvate nel corso dell’anno. Escludere la riforma dal piano 2026 significherebbe, di fatto, bloccarla per tutta la legislatura. Per questo Animal Equality parla di “tradimento istituzionale”: una decisione che cancellerebbe anni di campagne, consultazioni pubbliche e impegni ufficiali.

Mentre a Bruxelles le voci degli attivisti si levano contro il vento autunnale, l’Europa si trova davanti a un bivio tra coerenza e convenienza. Difendere la promessa fatta ai cittadini o piegarsi alle pressioni delle lobby dell’agroindustria? Una domanda che pesa non solo sul destino degli animali allevati, ma sulla credibilità morale e politica delle istituzioni europee.

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