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Animali
17 Ottobre 2025 - 18:46
Bruxelles fa marcia indietro sul benessere animale
La promessa era chiara, la mobilitazione imponente, le aspettative altissime. Eppure, nella versione trapelata del Programma di Lavoro 2026 della Commissione europea, il pacchetto legislativo sul benessere degli animali da allevamento è stato cancellato. Nessuna proposta vincolante per vietare le gabbie, nessun passo avanti contro la macellazione dei pulcini maschi, nessuna revisione delle norme sull’allevamento intensivo. Al suo posto, solo una generica “strategia non legislativa”. Per le associazioni, è un tradimento politico ed etico che rischia di cancellare anni di impegno civile e scientifico.
La denuncia arriva da Animal Equality, organizzazione internazionale per i diritti degli animali, che accusa la Commissione di “fare marcia indietro deliberatamente”, violando le promesse fatte ai cittadini europei. Secondo quanto emerso, la bozza del documento — che dovrebbe essere adottato ufficialmente il 21 ottobre — elimina del tutto l’attesa riforma sul benessere animale, sostituendola con una serie di linee guida non vincolanti. Un arretramento che, di fatto, blocca qualsiasi possibilità di migliorare in modo concreto le condizioni di vita degli animali negli allevamenti europei.
Animal Equality ha inviato una lettera ufficiale alla vicepresidente della Commissione Teresa Ribera, alla presidente Ursula von der Leyen e ai principali commissari, chiedendo che la riforma venga reinserita nel programma 2026. L’organizzazione annuncia inoltre una campagna di pressione politica e mediatica senza precedenti, pronta a mobilitare milioni di cittadini per impedire che il tema venga accantonato.
Il caso è esplosivo non solo per la sua portata simbolica, ma anche per la sua dimensione politica. Nel 2021, la Commissione europea aveva promesso una riforma legislativa entro il 2023, in risposta all’iniziativa dei cittadini europei “End the Cage Age”, che aveva raccolto oltre 1,4 milioni di firme in tutta l’Unione. Quell’impegno doveva segnare una svolta epocale nella politica agricola e zootecnica del continente: abolizione progressiva delle gabbie, regolamentazione del trasporto animale, nuove norme per la macellazione e per la tutela delle specie da allevamento.
Ma, dopo anni di rinvii e consultazioni, tutto sembra essersi fermato. Prima, il rinvio del 2023 “per approfondimenti tecnici”. Poi, nel 2024, la promessa di presentare la riforma entro il 2026. Oggi, la doccia fredda: nella bozza del programma non c’è più traccia del progetto. La Commissione, secondo gli ambientalisti, si starebbe preparando a chiudere la legislatura lasciando la materia irrisolta, cedendo alle pressioni dell’industria agroalimentare e alle lobby dell’allevamento intensivo.
Animal Equality parla apertamente di “resa” e di “presa in giro”. Matteo Cupi, direttore esecutivo di Animal Equality Italia e vicepresidente europeo dell’organizzazione, accusa Bruxelles di voler sostituire “una riforma strutturale con una strategia vuota”. Una strategia, precisa, che non avrà alcun valore legale e che non imporrà agli Stati membri nessun obbligo concreto.
Le conseguenze di questo passo indietro sarebbero pesanti. Ogni anno nell’Unione europea vengono allevati oltre otto miliardi di animali destinati al consumo. Milioni di galline, conigli, maiali e vitelli vivono ancora in gabbie anguste, in condizioni di stress e sofferenza documentate da decine di inchieste. La legislazione attuale, risalente in gran parte agli anni 2000, è ormai obsoleta rispetto alle nuove conoscenze scientifiche e alle richieste dell’opinione pubblica, sempre più sensibile al tema del benessere animale.
La decisione della Commissione appare ancora più contraddittoria se si considera che, negli ultimi anni, l’Europa ha spinto fortemente sulla transizione ecologica e sulla sostenibilità delle filiere agroalimentari. L’abbandono della riforma sul benessere animale rappresenta quindi non solo una frattura morale, ma anche un passo indietro ambientale e politico, che rischia di compromettere la credibilità stessa delle istituzioni europee.
Le organizzazioni animaliste, intanto, si preparano alla mobilitazione. Non solo Animal Equality, ma anche gruppi come Eurogroup for Animals e Compassion in World Farming stanno unendo le forze per una campagna coordinata in tutti gli Stati membri. L’obiettivo è chiaro: fare pressione sulla Commissione e sul Parlamento europeo affinché il pacchetto legislativo venga reinserito prima dell’approvazione definitiva del Programma di lavoro 2026.
Per gli attivisti, questa battaglia è anche una questione di coerenza democratica. La riforma nasce da un’iniziativa popolare ufficialmente riconosciuta dall’UE, che ha l’obbligo di dare seguito alle richieste sostenute da oltre un milione di cittadini. Non farlo, spiegano le associazioni, significherebbe “svuotare di significato” lo strumento delle Iniziative dei Cittadini Europei, minando la fiducia nelle istituzioni comunitarie.
Secondo le anticipazioni, la Commissione giustificherebbe la scelta con la necessità di ulteriori valutazioni economiche e di impatto sul settore agricolo, particolarmente esposto in un momento di crisi. Ma per gli ambientalisti si tratta solo di un alibi politico, un modo per rinviare ancora e non scontentare le lobby zootecniche.
Da qui la promessa di una risposta dura. Se la riforma non verrà reinserita, Animal Equality annuncia la “più grande mobilitazione civica in difesa degli animali di questo decennio”. Una campagna che si preannuncia capillare, fatta di proteste, petizioni, eventi pubblici e campagne social coordinate in tutta Europa.
Il nodo, ora, è tutto politico. La presidente Ursula von der Leyen, già criticata da più parti per l’eccessiva cautela su temi ambientali e sociali, dovrà decidere se confermare la linea della Commissione o accogliere le richieste delle organizzazioni e dei cittadini. L’esito della vicenda sarà anche un banco di prova per l’Unione europea del dopo elezioni: capire se Bruxelles intenda davvero rispondere alle aspettative dei suoi cittadini o se preferisca continuare a piegarsi agli interessi economici dei grandi gruppi agroindustriali.
Per milioni di europei che avevano creduto nella promessa di una nuova stagione per gli animali d’allevamento, la delusione è già profonda. Ma la partita non è ancora chiusa. E mentre la Commissione tace, la società civile prepara la sua risposta: una protesta che, questa volta, parla il linguaggio della coscienza.
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