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Vittoria per la carne di Razza Piemontese: arriva lo stop dall'UE

Coldiretti Torino esulta: “Fine di un inganno linguistico e commerciale che danneggiava allevatori e consumatori”

Vittoria per la carne

Vittoria per la carne di Razza Piemontese: arriva lo stop dall'UE

È una vittoria che profuma di stalle e di pascoli piemontesi, quella che arriva da Bruxelles. Lo stop dell’Unione Europea all’uso di termini come “hamburger”, “bistecca” o “salsiccia” per i prodotti vegetali non è solo una decisione linguistica, ma un atto politico che segna un cambio di rotta nel dibattito sul cibo e sull’informazione alimentare. Un provvedimento che, per Coldiretti Torino, rappresenta una tutela concreta della carne di Razza Piemontese, simbolo di qualità, tracciabilità e tradizione.

«Si tratta di una tutela necessaria, richiesta da tempo da Coldiretti – spiega Bruno Mecca Cici, presidente di Coldiretti Torino e vicepresidente regionale con delega alla zootecnia –. Gli allevatori chiedono da anni di porre fine alla confusione alimentata dalle multinazionali dei cibi ultraprocessati, che mettono sul mercato prodotti vegetali con nomi e confezioni simili alla carne. Non riteniamo corretto favorire l’inganno dei consumatori».

Il cosiddetto “meat sounding” – letteralmente “suonare come carne” – è la pratica, sempre più diffusa nell’industria alimentare, di utilizzare termini tradizionalmente legati alla carne per descrivere alimenti a base vegetale: “burger vegetali”, “bistecche di soia”, “salsicce vegan” e così via. Una strategia di marketing che punta a far apparire appetibili, familiari e “sostitutivi” prodotti che, nella sostanza, non hanno nulla a che vedere con la carne.

«Questo fenomeno – continua Mecca Cici – sfrutta scelte etiche legittime, come quelle dei consumatori vegetariani o vegani, per indurre altri acquirenti a mettere nel carrello alimenti che si aspettano siano simili, per consistenza e sapore, a quelli tradizionali. In realtà, si tratta spesso di cibi ultraprocessati a base di glutine, legumi e aromi sintetici, molto lontani dal valore nutrizionale e sensoriale della carne naturale».

Per Coldiretti, lo stop europeo rappresenta dunque una misura di giustizia e di correttezza commerciale, ma anche una tutela per il consumatore, che deve poter sapere con chiarezza cosa compra e cosa mangia.

L’organizzazione agricola più rappresentativa d’Italia sottolinea che la battaglia contro il “meat sounding” non è un’azione corporativa per vendere più carne, ma un passo avanti per la trasparenza alimentare.

«Contrastare l’inganno del meat sounding non è una difesa di categoria, ma un atto di tutela del consumatore e del cibo naturale – ribadisce Mecca Cici –. Chiediamo che in tutti gli Stati europei venga introdotto l’obbligo dell’etichetta d’origine e che venga impedito che un semplice processo di “ultima lavorazione” possa far passare per Made in Italy un prodotto che di italiano non ha nulla».

Il problema dell’etichettatura è infatti centrale: molti prodotti industriali, confezionati con materie prime straniere, vengono trasformati in Italia e finiscono sugli scaffali con un tricolore che ne induce una falsa percezione di italianità. Una pratica che penalizza gli allevatori locali e inganna i cittadini.

Il Parlamento europeo, in parallelo, ha accolto altre istanze sostenute da Coldiretti, tra cui l’obbligo di indicare l’origine su tutti gli alimenti, la preferenza per prodotti comunitari e locali nelle mense pubbliche e l’introduzione di contratti scritti obbligatori nelle filiere agroalimentari, che tengano conto dei costi di produzione reali nella definizione dei prezzi.

Sono misure che mirano a riequilibrare i rapporti di forza tra chi produce e chi distribuisce, e che rappresentano un passo verso un mercato alimentare più etico e trasparente.

Ma dietro le dichiarazioni politiche e le decisioni legislative, ci sono gli allevamenti, le mani, e la fatica quotidiana di chi lavora in campagna. La carne di Razza Piemontese, punta di diamante della zootecnia regionale, è il simbolo di un modello produttivo sostenibile, radicato nel territorio e nella cultura gastronomica.

Questa razza bovina, selezionata e perfezionata nel corso di oltre due secoli di incroci genetici, è oggi riconosciuta nel mondo per la sua qualità, tenerezza e basso contenuto di grassi. Gli animali vengono allevati secondo metodi naturali, con una dieta a base di foraggi locali, spesso brucati direttamente nei pascoli di pianura e d’alta quota, in un equilibrio che rispetta l’ambiente e il benessere animale.

Dopo la macellazione, le carni vengono sottoposte a sapienti frollature, che ne esaltano le qualità organolettiche. Il risultato è un prodotto pregiato, versatile, e protagonista delle grandi ricette della cucina piemontese, dalla tagliata alla battuta al coltello.

La crescente diffusione dei surrogati vegetali – spesso venduti a prezzi comparabili, se non superiori, a quelli della carne di qualità – rappresenta, secondo Coldiretti, una minaccia per la cultura alimentare e per la corretta informazione dei cittadini.

«Ogni alimento è il risultato di un intreccio complesso tra ambiente naturale, clima, benessere animale e lavoro dell’uomo – sottolinea ancora Mecca Cici –. Pensare di riprodurre questo equilibrio assemblando molecole in uno stabilimento industriale significa tradire il concetto stesso di cibo. Un “burger di soia” non è carne, così come un “formaggio vegano” non è formaggio: chiamarli con gli stessi nomi non solo crea confusione, ma svilisce il valore di chi produce nel rispetto della natura».

Accanto alle battaglie legislative, Coldiretti Torino è impegnata da anni in progetti di educazione alimentare, nelle scuole e nei mercati contadini, per promuovere una consapevolezza crescente sui prodotti del territorio.

«Capire cosa c’è dietro ciò che portiamo in tavola è un atto di cittadinanza attiva – spiegano dall’associazione –. Ogni volta che scegliamo un prodotto, compiamo una scelta politica, economica e ambientale. Acquistare carne piemontese significa sostenere un’economia circolare, ridurre le importazioni e mantenere vivi i nostri territori rurali».

In questo senso, la battaglia contro il “meat sounding” è anche una battaglia culturale: un invito a riscoprire la verità del cibo, la sua origine, la sua autenticità.

La decisione dell’Unione Europea arriva in un momento in cui l’industria del “plant-based” è in forte espansione, sostenuta da grandi gruppi internazionali e da campagne di marketing aggressive. Ma, secondo Coldiretti, non si tratta di contrapporre carne e verdure, bensì di tutelare la correttezza e la chiarezza nei confronti del consumatore.

La carne di Razza Piemontese, con la sua storia secolare e la sua eccellenza riconosciuta, rappresenta un modello alternativo all’omologazione industriale: un prodotto che nasce da un territorio preciso, da mani che conoscono gli animali e da una cultura gastronomica che ha saputo evolversi senza perdere le radici.

«Non basta assemblare proteine e aromi per ottenere un alimento di qualità – conclude Mecca Cici –. Il cibo autentico è fatto di terra, aria, acqua, lavoro e competenza. E la carne piemontese è l’esempio più chiaro di questa verità».

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