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11 Ottobre 2025 - 15:44
Elkann
Manca solo il sigillo ufficiale, ma la partita è ormai chiusa: il gruppo Gedi, controllato da Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann, ha venduto La Stampa al gruppo NordEst Multimedia (Nem) di Enrico Marchi, presidente di Save e di Banca Finint. Un’operazione da circa 50-60 milioni di euro, secondo le indiscrezioni, perfettamente allineata alle valutazioni di mercato per lo storico quotidiano torinese, che pur perdendo ogni anno 12 milioni resta un simbolo del giornalismo italiano, anche se un po’ offuscato dai tempi.
La chiusura di questa trattativa rappresenta molto più di una semplice cessione: è il segnale concreto del lento ma deciso smantellamento dell’impero editoriale Gedi. Dopo La Stampa, resta in bilico Repubblica, per la quale si parla di un possibile accordo con Antenna Group del magnate greco Kyriakou, intenzionato a rilevare non solo il quotidiano ma anche le radio del gruppo (Deejay, Capital e m2o) e la concessionaria pubblicitaria Manzoni. Si tratterebbe di un pacchetto da oltre 100 milioni, ma la trattativa è complessa e i tempi si allungano.
Nel frattempo, in sordina ma non troppo, il gruppo pugliese Ladisa si sarebbe aggiudicato La Sentinella del Canavesee HuffPost Italia, con un progetto ambizioso: trasformare il giornale eporediese in un nuovo quotidiano regionale piemontese. Il closing sarebbe questione di ore. In questa fase finale, la vicenda si è trasformata in una vera e propria asta per La Stampa, con un duello serrato tra Nem e la holding Finlad della stessa famiglia Ladisa, colosso nel settore della ristorazione collettiva. Alla fine, Nem ha prevalso grazie a un’offerta economicamente più robusta, nonostante qualche intoppo iniziale legato ai costi di stampa — 20 centesimi a copia nelle tipografie Gedi, contro una media nazionale di 11 centesimi.
La decisione, raccontano fonti interne, è stata presa privilegiando la continuità industriale di Nem rispetto al progetto, più visionario, proposto dai pugliesi: un modello di giornale trasformato in fondazione onlus con John Elkann come garante morale. Ma in casa Elkann il tempo dei giornali è finito. Il bilancio Exor del giugno 2025 valuta Gedi 118 milioni, ma i numeri raccontano un rosso cronico: 15 milioni di perdite nel 2024 e un accumulo che sfiora i 113 milioni. Troppo, anche per chi ha nel portafoglio Ferrari e Juventus. Così, la dismissione diventa inevitabile.
Per i giornalisti de La Stampa l’impatto è immediato: in vista prepensionamenti per una ventina di redattori su 170 e, come sempre accade in questi casi, si prepara un piccolo terremoto nei vertici, con un possibile “valzer dei direttori” post-cessione.
Ma se Ladisa ha perso La Stampa, può comunque sorridere: con La Sentinella del Canavese e HuffPost Italia ottiene un pacchetto strategico. I pugliesi, già protagonisti del salvataggio della Gazzetta del Mezzogiorno tramite Ledi Srl, vogliono replicare al Nord la formula del loro quotidiano L’Edicola: forte radicamento territoriale, sostenibilità economica e attenzione al sociale.
Ed è proprio qui che entra in gioco La Sentinella del Canavese, un giornale che a Ivrea e dintorni non è solo una testata, ma un pezzo di identità collettiva. Da oltre un secolo racconta le storie di un territorio che, pur schiacciato tra Torino e la Valle d’Aosta, ha sempre mantenuto una voce autonoma, indipendente, spesso più coraggiosa di quella dei grandi quotidiani. L’idea del gruppo Ladisa è di farne il perno di un nuovo progetto editoriale radicato in Piemonte, capace di coniugare il giornalismo locale con una prospettiva regionale. Il nome non cambierà, ma la cadenza sì: non più un bisettimanale, ma un giornale con un aggiornamento costante, digitale e cartaceo, che parli di Ivrea, del Canavese, di Torino e delle aree montane con uno sguardo nuovo.
La linea editoriale, spiegano fonti vicine al gruppo, punterà sulla partecipazione delle comunità locali, sull’informazione civica e su un uso intelligente dei social e dei canali online per avvicinare i lettori più giovani. Niente tagli indiscriminati, ma un piano di rilancio “dal basso”, che parta dalle redazioni e dai collaboratori storici. In prospettiva, La Sentinella potrebbe diventare il primo tassello di una rete di testate regionali collegate, ciascuna con la propria autonomia ma unite sotto la regia dei Ladisa, pronti a esportare il modello pugliese nel cuore del Nord industriale.
Parallelamente, HuffPost beneficerà della loro esperienza nel digitale e potrebbe vivere un rilancio integrato con altre piattaforme editoriali del gruppo. Con 200 milioni di fatturato e 5.000 dipendenti, la famiglia Ladisa si conferma così una delle realtà emergenti dell’editoria italiana, mossa da una visione che coniuga innovazione e responsabilità sociale.
E mentre i pugliesi si preparano a scrivere un nuovo capitolo, per gli Agnelli-Elkann questa è un’uscita che ha il sapore di un addio storico. La cessione de La Stampa chiude un’era che li aveva visti dominare l’informazione italiana: con Gedi controllavano due dei quattro principali quotidiani nazionali, Repubblica e La Stampa. Ora restano i bilanci da chiudere e una redazione in agitazione: il Comitato di Redazione ha già chiesto chiarimenti, denunciando di essere stato “tenuto all’oscuro delle trattative”.
Insomma, si volta pagina. Con un Nordest che si prende La Stampa, un Sud che conquista il Canavese, e gli Elkann che – per la prima volta dopo decenni – sembrano disposti a uscire di scena. Ma in Italia, come si sa, gli addii contano poco: spesso sono solo l’inizio di un nuovo ritorno.
C’è una storia da raccontare. Una storia che comincia nel 1893, in una piccola tipografia di Ivrea, dove Oreste Garda decide di dare voce al suo territorio fondando La Sentinella del Canavese. Non un giornale qualunque, ma una finestra sulla vita quotidiana di un angolo di Piemonte che, da quel momento, non smetterà più di raccontarsi. Garda la dirige con passione fino alla sua morte, nel 1923, quando la guida passa al genero Alessandro Riva, uomo colto e idealista, che ne prosegue la missione fino al 1926, quando il regime fascista impone la sospensione delle pubblicazioni. Ma la Sentinella, come accade alle storie che appartengono davvero a un popolo, torna in edicola, pronta a riprendere il filo interrotto.
Nel dopoguerra diventa il giornale di una comunità in fermento, la voce di un territorio che vive la trasformazione industriale, sociale e culturale di Ivrea. Non a caso, negli anni del boom economico e della grande stagione olivettiana, La Sentinella del Canavese è conosciuta da tutti come il giornale degli Olivettiani: quello che racconta la fabbrica modello, le battaglie sindacali, le conquiste sociali, ma anche la vita di chi lavora, studia e sogna dentro e fuori i cancelli della Olivetti. È il giornale che accompagna la nascita del mito eporediese, osservandolo da vicino, con lo sguardo di chi sa che l’innovazione non è solo tecnologia, ma anche cultura, giustizia, dignità.

Negli anni Ottanta entra nel circuito Finegil, il polo dei quotidiani locali del Gruppo Espresso, e diventa parte di una rete più ampia, senza mai rinunciare alla sua identità. In quel periodo è bisettimanale, poi trisettimanale, portando in pagina le storie di un territorio che cambia, tra fabbriche che chiudono, amministrazioni che si alternano e un tessuto sociale che cerca nuove forme di coesione.
Con la fusione del 2017 tra l’Espresso e Itedi, editore de La Stampa, La Sentinella del Canavese entra ufficialmente nel gruppo GEDI Gruppo Editoriale, controllato da Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann. Oggi è quadrisettimanale: dal 15 aprile 2023 esce anche il sabato, continuando a rappresentare un punto di riferimento per Ivrea, il Canavese e tutto il Piemonte.
Il gruppo Ladisa è una di quelle storie imprenditoriali che nascono nel silenzio operoso del Sud e, passo dopo passo, arrivano a bussare alle porte del Nord con idee chiare e conti in perfetto ordine. Nato a Bari negli anni Settanta come piccola impresa familiare di catering e mense scolastiche, il gruppo guidato dai fratelli Sebastiano e Vito Ladisa è oggi un colosso nazionale della ristorazione collettiva e dei servizi industriali, con oltre 5.000 addetti, 22 stabilimenti produttivi, 35 milioni di pasti serviti ogni anno e un fatturato che sfiora i 200 milioni di euro.
Un impero costruito con metodo e discrezione, che oggi non si accontenta più di sfamare le persone: vuole anche nutrirne le menti.
Dopo aver consolidato la propria leadership nel settore alimentare, il gruppo pugliese — che serve mense scolastiche e ospedali da Nord a Sud, inclusa Torino, dove gestisce la refezione comunale — punta ora con decisione al mondo dell’editoria piemontese. È infatti imminente il closing per l’acquisizione de “La Sentinella del Canavese” e del sito “HuffPost Italia”, due testate del gruppo Gedi. L’operazione, condotta attraverso la holding Finlad, segna un passo decisivo in un progetto più ampio: trasformare La Sentinella in un nuovo quotidiano regionale piemontese, moderno e radicato nel territorio.
Non è un debutto, ma un ritorno. L’avventura dei Ladisa nell’editoria inizia nel 2021 con la creazione di Ledi Srl, il braccio editoriale del gruppo. In quell’occasione i fratelli baresi salvano la Gazzetta del Mezzogiorno, prendendo in affitto la testata dopo il fallimento dell’editore Edisud e garantendo così continuità a una voce storica del Sud. L’esperienza dura pochi mesi, ma non ne frena l’ambizione: nasce così “La nuova Gazzetta”, poi ribattezzata “L’Edicola” per motivi legali.
Oggi L’Edicola, diretta da Lorena Saracino, è un quotidiano cartaceo e digitale diffuso in Puglia e Basilicata.
Parallelamente, il gruppo continua a crescere nel suo settore originario, restando fedele a un modello che unisce efficienza industriale, sostenibilità ambientale e radicamento sociale. Dalle mense agli impianti a basso impatto, dagli hub logistici ai progetti di economia circolare, la Ladisa S.p.A. si impone come realtà d’avanguardia. In Puglia salva la società RR Puglia, evitando oltre 200 licenziamenti, mentre a Parma investe in un polo per la lavorazione e distribuzione di alimenti sostenibili, aprendo nuove prospettive per la filiera agroindustriale.
Anche nel calcio i fratelli baresi non stanno a guardare. Dopo l’esperienza con il Monopoli, culminata nella storica promozione del 2004/2005 e seguita dal clamoroso ritiro per contrasti con l’amministrazione comunale, Vito Ladisa torna nel mondo sportivo il 9 agosto 2024, acquistando il titolo del Taranto. Una scelta dal forte valore simbolico.
A Torino l’azienda è affidataria del servizio di ristorazione scolastica comunale, finito più volte nel mirino dei genitori per ritardi nelle consegne e cambi improvvisi nei menù. Nel 2023, dopo lo “sciopero del panino” — quando centinaia di famiglie mandano i bambini a scuola con il pranzo da casa — Palazzo Civico dà un ultimatum alla società. Tutto si risolve ma non senza strascichi. .
Sul fronte giudiziario, Vito Ladisa è stato coinvolto nel 2017 in un’indagine per presunto finanziamento illecito all’allora candidato alle primarie del PD Michele Emiliano. Condannato in primo grado a quattro mesi, è stato assolto in appello, con formula piena, chiudendo definitivamente la vicenda.
NordEst Multimedia (Nem) è il nuovo attore che si sta imponendo nel panorama editoriale italiano, un gruppo nato nel Nordest ma con ambizioni nazionali. Dietro la sigla NEM – acronimo di NordEst Multimedia – c’è una rete di imprenditori, banche e fondazioni che hanno deciso di scommettere sull’informazione locale come strumento di coesione e sviluppo. A guidare l’operazione c’è Enrico Marchi, presidente di Save e di Banca Finint, volto noto della finanza veneta e tra i più influenti manager del Nord Italia.
La società è nata tra Treviso e Venezia nel 2023, in un momento cruciale per l’editoria. Mentre il gruppo Gedi avviava la dismissione delle sue testate locali, Nem ha colto l’occasione per costruire un nuovo polo dell’informazione del Nordest. Il primo passo è stato l’acquisto di sei giornali storici: Il Mattino di Padova, La Tribuna di Treviso, La Nuova Venezia, Il Corriere delle Alpi, Il Messaggero Veneto e Il Piccolo di Trieste, oltre al portale economico Nordest Economia. In pochi mesi, Nem è diventata l’erede naturale della tradizione editoriale del Triveneto, ereditando le redazioni, le tipografie e i giornalisti che per decenni avevano lavorato sotto il marchio Gedi.
Non si tratta di un’operazione improvvisata. Nem nasce da una compagine societaria solida: Finint ne detiene circa un terzo del capitale, affiancata da un gruppo di soci industriali e finanziari del territorio, tra cui Fin.Steel di Alessandro Banzato, la famiglia Nalini, Carraro Group, VideoMedia (legata a Confindustria Vicenza) e la Fondazione CRTrieste. Un insieme di capitali privati e istituzionali che rappresentano l’anima produttiva del Nordest e che condividono un obiettivo comune: restituire al territorio una stampa radicata, autonoma e con una governance locale.
Alla guida del progetto editoriale c’è Paolo Possamai, ex direttore dei quotidiani veneti del gruppo Gedi, oggi direttore editoriale di tutto il network Nem. A lui è affidato il compito di gestire la transizione e rilanciare un’informazione che coniughi la forza della carta con la velocità del digitale. In parallelo, Nem ha assorbito la divisione Nord Est della concessionaria pubblicitaria A. Manzoni & C., acquisendo così il controllo della raccolta pubblicitaria per le proprie testate. Una mossa che consente di gestire direttamente le entrate e di garantire maggiore autonomia economica, senza dipendere da circuiti nazionali.
La visione è chiara: costruire un gruppo multimediale capace di muoversi tra giornali, web, eventi e informazione economica. “Vogliamo un sistema editoriale che racconti il Nordest con le sue forze produttive, le università, i distretti industriali, ma anche i suoi problemi e le sue identità locali”, avrebbe spiegato Marchi in occasione della presentazione del progetto. L’idea è di mettere in rete le testate, ma senza annullarne le specificità: ogni città continuerà ad avere il suo giornale, la sua redazione e il suo linguaggio.
Il debutto ufficiale è avvenuto nel novembre 2023, quando la cessione da Gedi a Nem è diventata operativa. Da allora, il nuovo gruppo ha iniziato a costruire una propria identità, puntando su un’informazione di prossimità ma moderna, con investimenti in digitale, podcast e format video. Il Nordest diventa così un laboratorio per l’editoria italiana, un esperimento di regionalismo mediatico in cui imprese e comunità scommettono insieme sul valore dell’informazione.
Non mancano però le sfide. Le sei testate acquisite hanno vissuto anni difficili, con tirature in calo e margini sempre più ridotti. Riportarle in equilibrio economico non sarà semplice, anche perché il mercato pubblicitario locale è saturo e la transizione digitale richiede investimenti importanti. Ma Nem parte con una base solida: un tessuto economico tra i più dinamici d’Italia e una classe imprenditoriale che crede nel legame tra territorio e informazione.
Nel giro di pochi mesi, la società di Marchi è diventata un caso nazionale. Mentre gli Agnelli-Elkann smontano l’impero Gedi e si ritirano progressivamente dal giornalismo, il Nordest costruisce il proprio. Un cambio di rotta storico: la stampa locale, spesso vista come zavorra, torna a essere un investimento strategico.
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