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06 Ottobre 2025 - 10:13
Cinquant’anni di roccia: il CAI di Chivasso ricorda Mario Milici
C’è chi sale le montagne e chi le fa salire agli altri. Mario Milici apparteneva a entrambe le categorie. Venerdì pomeriggio, a palazzo Einaudi, il Club Alpino Italiano e la Scuola di Alpinismo e Scialpinismo “Piersandro Muzio” hanno inaugurato una mostra fotografica che è insieme celebrazione e tributo. Cinquant’anni dal primo corso di alpinismo, un anniversario che sa di vertigine.
Le immagini raccontano ciò che le parole non riescono più a dire: la passione, la fatica, la neve che brucia le mani e la roccia che insegna il limite. Molte foto portano la firma invisibile di Milici, l’uomo che trasformò la montagna in una scuola di vita e di amicizia. Lo ricordano tutti, ancora oggi, dietro il bancone del suo storico negozio di articoli sportivi in via Torino o sui sentieri dei trekking primaverili che organizzò per quasi vent’anni, fino al 2017.
A fare gli onori di casa, l’Istruttore Nazionale Dario Savino, direttore della Scuola, insieme alla vicepresidente del CAI Elisa Vanin. Tra i presenti, Mario Sachero, uno dei pionieri che nel 1975 diede avvio a quell’avventura formativa che ancora oggi accompagna generazioni di soci tra corde, ramponi e sogni d’altura.
Oggi come allora, l’alpinismo del CAI non è solo tecnica o sport: è memoria attiva, continuità di valori che resistono alle mode e alle scorciatoie. La mostra resterà aperta fino al 16 ottobre, con ingresso libero. Un’occasione per risalire, almeno con lo sguardo, le vie aperte da chi ha fatto della montagna una lezione di umanità.

Dario Savino e il gruppo di istruttori CAI presenti all'inaugurazione
C’è un pezzo di montagna che, a Chivasso, portava il nome di Mario Milici. Non perché gli fosse intitolata una cima o un sentiero, ma perché era lui stesso, da decenni, un punto di riferimento per chi la montagna la viveva davvero.
Fondatore e primo Direttore della Scuola di Alpinismo e Scialpinismo “Piersandro Muzio”, nata nel 1993, Milici non si è limitato a insegnare tecniche o manovre: ha trasmesso un modo di stare nel mondo, fatto di rispetto, prudenza e curiosità verticale.
Chi a Chivasso dice “Milici” pensa subito al suo negozio di articoli sportivi, prima in via Po e poi in via Torino: una bottega che era più un ritrovo che un esercizio, dove si parlava di corde e moschettoni ma anche di viaggi, di neve e di sogni di libertà.
Da istruttore nazionale di scialpinismo, vicepresidente e consigliere del CAI, ha costruito con gli amici del Sodalizio una scuola che ha formato generazioni di appassionati. Non per ambizione, ma per spirito di servizio: quello che oggi sembra un vocabolo d’altri tempi, lui lo praticava senza proclami.
Il suo entusiasmo era contagioso. Bastava vederlo la domenica mattina, quando da piazza d’Armi partivano i pullman — a volte sette, pieni di allievi, famiglie e curiosi — diretti verso la Val d’Aosta per i corsi di sci. Erano anni in cui la montagna era ancora un’avventura condivisa, non una vetrina social.
Oggi il suo nome torna sulle labbra di chi lo ha conosciuto, anche grazie alla recente dedica di una piazza al Club Alpino: un riconoscimento che profuma di coerenza, perché quella passione, Mario, non l’ha mai tenuta per sé.
Se n’è andato a 86 anni, nel 2024, circondato dall’affetto della moglie Mariangela e della figlia Marina. Ma chi ha imparato da lui a mettere un piede dopo l’altro sul ghiaccio, sa che certe tracce, in montagna come nella vita, non si cancellano mai.
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