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Venaria scende in piazza per Gaza: la pace come dovere civile. "Siamo con i Palestinesi. Mentre gli assessori ci fotografavano..."

Manifestazione partecipata in Piazza Vittorio Veneto: stop ai bombardamenti e riconoscimento dello Stato di Palestina

Venaria scende in piazza per Gaza: la pace come dovere civile. "Siamo con i Palestinesi. Mentre gli assessori ci fotografavano..."

Venaria scende in piazza per Gaza: la pace come dovere civile. "Siamo con i Palestinesi. Mentre gli assessori ci fotografavano..."

C’è un momento, in ogni comunità, in cui l’indignazione smette di bastare. A Venaria Reale quel momento è arrivato sabato 4 ottobre, quando una parte della città si è ritrovata in piazza Vittorio Veneto per dire no al genocidio in corso a Gaza, ai bombardamenti, e al silenzio che li accompagna. Un presidio come tanti, verrebbe da dire. Eppure, a guardarlo bene, qualcosa di più: un gesto civile in un tempo incivile.

Il cartello d’apertura non lasciava spazio a fraintendimenti: “Pace per Gaza – Uno Stato per la Palestina”. Un messaggio chiaro, diretto, senza il filtro delle mezze parole. Sul volantino, in caratteri netti, si leggeva che nella Striscia di Gaza è in corso un genocidio, che la popolazione civile è sotto assedio, che la West Bank continua a essere invasa dai coloni. E che la comunità internazionale – quella che ama definirsi “democratica” – resta a guardare.

A organizzare l’iniziativa, sotto il cartello Venaria Partecipa, diverse forze politiche e civiche: Alleanza Verdi e Sinistra, Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Sinistra Civica, Uniti per Cambiare, Venaria Possibile, Volt e PSI. Una lista lunga che, in tempi di frammentazione, suona quasi come un atto di resistenza. Sul palco improvvisato niente slogan preconfezionati né comizi rituali. Solo voci. Cittadini che leggono poesie, consiglieri comunali che parlano di coscienza civile, giovani che prendono la parola — forse per la prima volta — per chiedere un mondo in cui i morti non siano mai “effetti collaterali”.

«È stata davvero una manifestazione emozionante», racconta Alessandro Brescia, consigliere comunale di Progetto Civico Venaria. Non parla come un politico, ma come un testimone: «Una buona partecipazione, davvero sentita. Molti cittadini e cittadine si sono fatti avanti a leggere le poesie per Gaza, alcune iniziative erano già partite da noi consiglieri, ma poi il microfono è passato alla gente. È stato un bel momento, diverso dai soliti eventi».

Alcuni partecipanti alla manifestazione

E proprio lì, nella semplicità di una piazza che si riempie di parole, si è capito che l’obiettivo non era “contarsi”, ma riconoscersi. «Abbiamo ribadito la nostra vicinanza alla popolazione di Gaza, al martirio che donne, uomini e bambini stanno subendo», continua Brescia. «Il merito va anche alla flottiglia e alle manifestazioni di questi giorni per aver risvegliato la coscienza civile. Schierarsi dalla parte degli oppressi è un dovere morale e costituzionale. Noi lo abbiamo fatto».

Poi, una nota amara. «È stato davvero triste vedere alcuni assessori, in un angolo, che ci fotografavano. Forse non hanno capito che più del numero contavano le motivazioni. L’amministrazione Giulivi è stata la grande assente — ma non poteva essere diversamente, dopo aver bocciato in maniera becera l’ordine del giorno sul riconoscimento dello Stato di Palestina. Giulivi è ostaggio di Fratelli d’Italia e Lega, e segue le direttive del governo Meloni, che sulla vicenda di Gaza ha dimostrato quanto di destra sia il suo governo».

Una frase che pesa, soprattutto in una città dove la politica locale spesso si traveste da burocrazia e evita le prese di posizione nette. Ma sabato la piazza ha ricordato che anche un Comune può scegliere da che parte stare.

Accanto a Brescia c’era Rossana Schillaci, consigliera comunale del Partito Democratico, che ha offerto un intervento lucido e diretto, lontano dalle formule diplomatiche: «L’amministrazione Giulivi non ha votato il riconoscimento dello Stato di Palestina. Eppure dovrebbe essere un atto naturale, di giustizia e di civiltà. Il governo ci vuole imporre perfino i motivi per cui scioperare, ma noi, come minoranza, diamo sostegno al popolo di Gaza. Venaria ha risposto bene: c’erano molti giovani. Ed è falso dire che un’amministrazione locale non possa occuparsi di questioni internazionali. Ieri ne abbiamo avuto la prova. Noi siamo con il popolo palestinese».

La manifestazione in piazza

Una posizione che risuona come un piccolo atto di disobbedienza istituzionale: il rifiuto di ridurre la politica a gestione del traffico o delle potature. Perché se un Comune non può alzare la voce di fronte a una strage, allora non resta che abbassarla sempre.

Di chi non c’era, invece, si è parlato a lungo. L’amministrazione guidata dal sindaco Fabio Giulivi, di centrodestra, non ha partecipato, come già annunciato dopo la bocciatura della mozione in Consiglio. Una scelta coerente, forse, ma anche simbolica: il governo locale allineato al governo nazionale, mentre la città, almeno una parte di essa, sceglie di scendere in piazza. 

Il presidio è durato poco più di un’ora, ma ha lasciato l’impressione di una crepa aperta nel muro dell’indifferenza. Tra una poesia e un applauso, si è sentita più volte la parola “dovere”. Non “scelta”, non “opinione”, ma dovere. Un dovere civile, costituzionale, umano. E mentre le bandiere palestinesi si piegavano nel vento di ottobre, qualcuno ricordava i versi di Mahmoud Darwish: “Siamo qui per dire al mondo che esistiamo.”

A Gaza, ogni giorno, migliaia di persone muoiono per lo stesso motivo: per esistere. E in Italia, in un sabato pomeriggio qualunque, una piazza di provincia prova a dirlo a voce alta. Venaria non è una capitale, ma è proprio nei luoghi così — apparentemente marginali — che si misura la salute democratica di un Paese. Quando la solidarietà smette di essere tema da talk show e torna a essere presenza fisica, allora qualcosa si muove.

Alla fine del presidio, quando la piazza si è svuotata, restava una domanda sospesa: cosa significa oggi stare dalla parte giusta? In un Paese in cui il linguaggio ufficiale si è disabituato alla parola “Palestina”, dove ogni tentativo di condanna rischia di essere etichettato come fazioso, la risposta non è scontata. Forse stare dalla parte giusta significa semplicemente non voltarsi dall’altra parte. O non smettere di chiedere — anche da una piccola città — che la dignità umana non abbia confini.

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