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Pastore aggredito da un lupo sulle Alpi piemontesi. "Deve essere abbattuto". Scoppia la polemica

L’associazione Tutela rurale invoca la direttiva Habitat per chiedere la soppressione del predatore

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Giovedì scorso, in val Chisone, la cronaca ha rimesso al centro un conflitto antico quanto le montagne che lo ospitano. Ettore Canton, 61 anni, margaro di Usseaux, è stato aggredito da un lupo mentre tentava di difendere una delle sue pecore. La scena si è consumata a Pian dell’Alpe, a 1.900 metri: due predatori assaltano il gregge, uno fugge all’arrivo del pastore, l’altro lo affronta e lo morde a una gamba. L’uomo, medicato al pronto soccorso di Pinerolo, è vivo per raccontarla. Ma da subito ha chiesto che l’animale venga abbattuto. Una richiesta che trova sponda nell’Associazione nazionale per la Tutela dell’Ambiente e della Vita rurali, che cita la direttiva Habitat e invoca la soppressione del lupo “responsabile”.

Lo prevede la direttiva Habitat – ribadiscono – anche se il lupo è specie protetta”. Un ragionamento che parte dal diritto europeo e scivola subito nel terreno del conflitto sociale. Perché il punto non è solo il morso, ma la paura, il senso di abbandono, la sensazione che le istituzioni stiano più dalla parte dei predatori che degli allevatori. Non a caso, l’associazione suggerisce addirittura di verificare se i pantaloni di Canton siano stati prelevati per il tampone del dna, così da individuare con precisione l’esemplare colpevole. Una scena da poliziesco trasferita sui pascoli alpini, con i predatori messi sotto indagine come fossero rapinatori.

Dall’altra parte, l’ente di gestione delle Aree protette delle Alpi Cozie parla di “reazione istintiva”. Il lupo avrebbe morso perché sorpreso da un uomo che cercava di difendere la sua pecora. Non una caccia all’uomo, quindi, ma una dinamica di difesa. Una spiegazione che non piace agli allevatori, e che l’associazione Tutela rurale contesta apertamente. Al punto da chiedere “un’attenta indagine sull’approccio, professionalità e obiettività” del personale dei parchi. Il sospetto è chiaro: troppa comprensione per i predatori, poca per chi vive ogni giorno con greggi e fatiche.

Quella tra uomo e lupo non è solo una cronaca di montagna, ma una questione nazionale ed europea. Il lupo in Italia è protetto dal 1971, quando si decise di salvare dall’estinzione un animale simbolo delle Alpi e degli Appennini. Da allora la popolazione è cresciuta, e con essa i problemi di convivenza. Il ritorno del lupo nelle valli piemontesi è stato salutato come un successo ambientale, ma per i margari è diventato un incubo quotidiano. Ogni pecora sbranata è un pezzo di economia perduto, ogni morso a un uomo un campanello d’allarme.

E qui arriva il nodo centrale: si può davvero abbattere il lupo di Usseaux? La risposta non è semplice. In Italia, il lupo resta una specie protetta, inserita nella direttiva Habitat (92/43/CEE) e tutelata dal D.P.R. 357/1997. La legge consente deroghe solo in circostanze eccezionali: quando non esistono alternative efficaci, quando l’abbattimento è proporzionato e necessario, quando un esemplare rappresenta un pericolo concreto per la sicurezza pubblica o causa danni reiterati e documentati.

Inoltre, ogni abbattimento deve seguire un iter complesso: segnalazione del danno, verifica delle responsabilità, dimostrazione che le misure preventive (recinzioni, cani da guardiania) non siano bastate. Poi serve l’autorizzazione della Regione, il parere dell’ISPRA e, spesso, il vaglio della giustizia amministrativa. Un percorso che non ha nulla a che fare con la giustizia spiccia invocata nei pascoli.

Il caso di Usseaux arriva pochi mesi dopo un precedente clamoroso: nel 2025, in Alta Val Venosta, è stato abbattuto legalmente il primo lupo dopo oltre cinquant’anni. Un maschio di 45 chili, colpevole di danni seri e ripetuti agli allevamenti. La decisione ha fatto discutere e ha riacceso il dibattito in Europa, dove a maggio il Parlamento ha modificato lo status del lupo da “strettamente protetto” a “protetto”. Un dettaglio formale che apre alla possibilità di abbattimenti mirati senza compromettere la conservazione generale della specie. Ma non equivale, va detto, a una licenza di caccia indiscriminata. In Italia, per il 2025, l’ISPRA ha stabilito un tetto massimo di circa 160 abbattimenti selettivi, distribuiti tra le regioni: in Piemonte tra i 10 e i 17. Quote da rispettare con rigore, per evitare di scivolare in una caccia fuori controllo.

Focus – Quando è consentito abbattere un lupo in Italia? Il lupo è una specie protetta, ma la legge prevede alcune deroghe. L’abbattimento può essere autorizzato solo quando non esistono altre soluzioni efficaci di prevenzione, quando l’animale rappresenta un rischio concreto per la sicurezza pubblica o per attività agricole, quando i danni sono ripetuti, documentati e non evitabili con mezzi alternativi, quando l’autorizzazione è concessa da Regione e ISPRA, dopo valutazioni scientifiche. Dal 2025, dopo il cambio di status europeo, le Regioni possono presentare piani di gestione che includano abbattimenti selettivi, purché rispettino le quote nazionali e garantiscano la conservazione della specie.

Il caso di Ettore Canton a Pian dell’Alpe è più di un episodio isolato: è lo specchio di una convivenza difficile, regolata da norme severe ma vissuta con tensione nei pascoli. Da un lato c’è il diritto di chi alleva a non sentirsi ostaggio dei predatori, dall’altro la necessità di proteggere un animale che rappresenta la biodiversità alpina. Tra urla di rabbia e cavilli di legge, resta una certezza: l’abbattimento non è mai la scorciatoia immediata. È l’ultima ratio. Ma quando un lupo morde un uomo, il fragile equilibrio tra tutela e sicurezza rischia di rompersi in un attimo.

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