Cerca

Ambiente

Vauda: il polmone verde del ciriacese, dimenticato tra passato militare e futuro incerto

Flora e fauna a rischio nell’ex poligono di San Carlo: 200 specie di uccelli da proteggere, bonifiche rinviate e tempi sempre più lunghi

Vauda: il polmone verde

Vauda: il polmone verde del ciriacese, dimenticato tra passato militare e futuro incerto

Il destino della Riserva Naturale della Vauda, nel territorio di San Carlo Canavese, resta sospeso tra carte e promesse. L’ex poligono militare, oggi quasi del tutto dismesso e utilizzato solo saltuariamente per esercitazioni di brillamento di ordigni bellici, è un’area di straordinario valore ambientale, ma la sua apertura alla comunità appare ancora lontana. A bloccare il percorso è la mancanza di una convenzione formale tra i Comuni coinvolti e gli enti statali, senza la quale non è possibile avviare alcun intervento concreto.

A lanciare l’allarme è il sindaco di San Carlo, Ugo Papurello, che da anni guida il fronte dei Comuni interessati: «Al momento siamo fermi – spiega – manca la convenzione, senza questo strumento non abbiamo la titolarità per agire». Il progetto, dal nome eloquente Ri.Vauda – Ricreare habitat e valorizzare percorsi di fruizione sostenibile nei territori della Vauda, era stato avviato con uno studio preliminare finanziato dalla Compagnia di San Paolo con un contributo di 64mila euro. L’obiettivo era ambizioso: restituire al territorio un polmone verde di quasi 700 ettari, tutelarne la biodiversità e renderlo fruibile in modo sostenibile.

L’area ospita quasi 200 specie di uccelli, alcune ormai rare in pianura, oltre a zone umide di grande pregio, prati aridi e boschi che costituiscono un habitat unico nel panorama naturalistico piemontese. È proprio questa ricchezza, oggi minacciata dall’incuria e dall’abbandono, a spingere il Comune capofila e gli altri centri coinvolti – da Corio a Rocca, da Balangero a Ciriè, fino a Front, Lombardore, Nole, San Francesco al Campo, Rivarossa e Vauda Canavese – a chiedere con forza un intervento.

Ma i tempi si allungano. A inizio 2025 il Governo ha sostituito l’unità di missione incaricata di gestire i beni militari dismessi con un nuovo organismo, chiamato a decidere il futuro delle aree non più strategiche per l’esercito. Questo passaggio ha rallentato ulteriormente l’iter, lasciando la Vauda in una situazione di limbo. Unico elemento positivo: i costi delle bonifiche, secondo le prime stime, sarebbero inferiori rispetto a quanto ipotizzato in passato. Ma al momento non esistono fondi certi per procedere.

Il progetto elaborato prevedeva una serie di interventi concreti: il ripristino della sentieristica, la posa di punti di ricarica per biciclette elettriche, la tutela delle zone umide e la reintroduzione del pascolo controllato come strumento per prevenire gli incendi. Quest’ultima misura, in particolare, è ritenuta cruciale: gli animali al pascolo riducono l’accumulo di materiale secco e contribuiscono a mantenere puliti i prati, limitando il rischio di roghi che negli ultimi anni hanno più volte minacciato la riserva.

San Carlo e gli altri Comuni non hanno mai nascosto la volontà di aprire la Vauda alla fruizione pubblica, ma in un’ottica sostenibile. Non un parco di massa, bensì un’area di valore naturalistico in cui cittadini, studenti ed escursionisti possano avvicinarsi a un patrimonio unico, rispettandone l’equilibrio. In questa visione, la riserva diventerebbe non solo un bene ambientale, ma anche un elemento identitario e turistico per l’intero Canavese.

La Vauda, del resto, non è solo natura. La sua storia è legata a doppio filo alle vicende militari italiane. Qui il Regio Esercito sardo-piemontese istituì nel 1833 il suo primo campo di istruzione. Più di un secolo dopo, nel 1913, venne realizzato un campo di volo che rappresenta una delle prime piste utilizzate dall’aeronautica militare. Da qui decollavano gli aerei della decima squadriglia Farman di ricognizione e, negli anni successivi, la pista servì anche alla tratta Torino–Pordenone inaugurata nel 1916. All’epoca, quando gli aerei avevano scarsa autonomia, le piste erano disseminate ogni trenta chilometri per consentire atterraggi di emergenza.

A fine novembre, proprio per ricordare questo passato, il Comune di San Carlo traccerà con pietre bianche il perimetro della storica pista, collocando un cartello esplicativo. Un gesto simbolico che tiene viva la memoria storica mentre la questione ambientale resta irrisolta.

Il sindaco Papurello, nonostante le difficoltà, mantiene un cauto ottimismo: «Occorre intervenire soprattutto sulle zone umide e sulla tutela della flora e della fauna, la vera ricchezza della Vauda – sottolinea – personalmente resto fiducioso, ma le tempistiche sono purtroppo lunghe».

La sensazione, però, è che senza una forte spinta politica e senza risorse economiche dedicate, la Vauda rischi di restare un tesoro chiuso e fragile, stretto tra il peso del suo passato militare e le incertezze del suo futuro civile. Un patrimonio che potrebbe diventare un modello di riqualificazione ambientale e valorizzazione territoriale, ma che oggi continua a vivere in una terra di nessuno.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori