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Sciopero generale per Gaza, Torino si ferma: cortei, fasce di garanzia e treni a rischio

Mobilitazione dei sindacati di base con adesioni da scuole, università e logistica, città sotto pressione tra diritti e disagi

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Sciopero generale per Gaza, Torino si ferma: cortei, fasce di garanzia e treni a rischio

Un’intera città pronta a rallentare, forse a fermarsi, in nome di una causa che travalica i confini nazionali. A Torino, i sindacati di base hanno scelto di scendere in piazza con uno sciopero generale che punta i riflettori sulla crisi umanitaria in Palestina. Lo slogan scelto, “bloccare tutto”, non è un eccesso retorico ma un obiettivo preciso: usare il peso del conflitto sociale per far parlare di un conflitto armato che da mesi insanguina Gaza. L’annuncio ha già diviso opinione pubblica e politica, mentre la città si prepara a gestire cortei, presìdi e trasporti dimezzati, in un equilibrio delicato tra diritto alla protesta e necessità di garantire servizi minimi.

La mobilitazione si annuncia trasversale. Non solo i settori storicamente sindacalizzati, come i trasporti o la logistica, ma anche scuola e università, con adesioni da parte di insegnanti, ricercatori, personale amministrativo e studenti. Una scelta che colpisce soprattutto perché a guidare i primi passi della protesta sarà proprio il mondo accademico, con il raduno mattutino al Campus Einaudi, uno dei simboli della formazione torinese. Non una manifestazione confinata dentro i confini operai o dei lavoratori pubblici, dunque, ma un movimento che si presenta come civile e collettivo, con l’intento di farsi notare e di creare un cortocircuito mediatico oltre che pratico.

Il calendario della giornata è denso e studiato. Alle 7.30 il primo ritrovo davanti all’università, poi dalle 10.30 il corteo principale che partirà da piazza Carlo Felice e attraverserà il centro città passando da corso Vittorio, via Madama Cristina, piazza Arturo Graf, per poi snodarsi lungo corso Vittorio Emanuele, corso Massimo D’Azeglio e concludersi in piazza Vittorio Veneto. Nel pomeriggio, dalle 16, il programma prevede blocchi “musicali”, una forma di protesta che mescola arte e militanza, destinata a rendere ancora più visibile la mobilitazione. Il gran finale è atteso alle 18 in piazza Castello, con un nuovo concentramento che si annuncia partecipato.

Sul fronte dei trasporti la situazione si annuncia complicata ma non del tutto paralizzata. Il gruppo GTT garantirà bus, tram, metropolitana e servizi clienti nelle fasce protette 6-9 e 12-15, mentre per le linee extraurbane la circolazione sarà possibile all’inizio del servizio fino alle 8 e poi dalle 14.30 alle 17.30. Trenitalia segnala possibili cancellazioni su Frecce, Intercity e regionali, anche se per i pendolari resta in vigore la garanzia nelle fasce 6-9 e dalle 18 in poi. È proprio questa cornice di garanzie a rappresentare il compromesso più evidente: sciopero e disagio sì, ma entro binari già tracciati dalla normativa, per evitare la paralisi totale di una città metropolitana che ogni giorno muove centinaia di migliaia di persone.

Ma cosa aspettarsi, davvero, da questa giornata? Prima di tutto una partecipazione ampia, almeno secondo le previsioni dei promotori, che parlano di numeri in crescita e di una sensibilità sempre più diffusa verso il dramma di Gaza. Sul piano politico, la protesta diventa un gesto di pressione simbolica, un modo per chiedere che l’Italia e l’Europa assumano posizioni più nette nella diplomazia internazionale. Sul piano cittadino, invece, il banco di prova è doppio: misurare la capacità organizzativa di chi manifesta e la tenuta dei servizi minimi per evitare che lo scontento popolare si rivolga contro gli stessi promotori.

Lo sciopero generale a Torino non arriva in un vuoto. Negli ultimi mesi le manifestazioni pro-Palestina hanno attraversato l’Italia, con cortei a Roma, Milano, Bologna e Napoli. Spesso hanno visto la presenza non solo di studenti e sindacati di base, ma anche di associazioni pacifiste e reti di solidarietà internazionale. Torino, in questo senso, si colloca in una geografia di mobilitazioni diffuse, che provano a fare massa critica attorno a un tema che rischia di restare confinato ai notiziari esteri.

Il nodo della giornata resta quello della sicurezza. Prefettura e Questura hanno lavorato a stretto contatto con organizzatori e aziende di trasporto pubblico per garantire che i cortei non degenerino in incidenti e che le fasce di garanzia siano rispettate. L’attenzione sarà massima soprattutto lungo gli snodi viari centrali, dove il corteo attraverserà alcune delle arterie più trafficate della città. Il pomeriggio, con i blocchi musicali in diverse vie, rappresenta l’incognita più grande: manifestazioni creative ma potenzialmente destabilizzanti per la circolazione.

Resta da capire quanto l’appello a “bloccare tutto” si tradurrà in adesioni concrete. Nei settori della logistica e del trasporto merci ci si attende una partecipazione elevata, anche perché negli ultimi anni questi comparti sono stati teatro di proteste frequenti legate a condizioni di lavoro e salari. Diverso il discorso per i trasporti pubblici, dove una parte significativa del personale potrebbe garantire comunque una certa fluidità nelle ore centrali della giornata. Il coinvolgimento di docenti e studenti, invece, aggiunge un elemento simbolico potente, capace di amplificare l’impatto mediatico della protesta.

Alla fine, lo sciopero generale per Gaza diventa un laboratorio politico e sociale. Non sarà solo la giornata dei cortei, ma un test di forza per i sindacati di base, un segnale indirizzato al governo e un richiamo internazionale. La città, intanto, si prepara a vivere una ventiquattr’ore in cui mobilità e routine quotidiana saranno scosse da presìdi, slogan e bandiere. Il verdetto arriverà solo a sera, quando si conteranno le presenze in piazza e si tireranno le somme sui disagi effettivi vissuti dai cittadini. Fino ad allora, Torino sarà teatro di una sfida che intreccia politica, diritti e organizzazione.

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