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21 Settembre 2025 - 14:20
Quando l’intelligenza artificiale entra in aula senza i fatti, il verdetto è netto: rigore, metodo e responsabilità. A Torino, una sentenza della sezione lavoro mette in chiaro che l’IA non è una scorciatoia per trasformare un ricorso debole in un atto convincente. E quando gli argomenti restano “astratti” e scollegati dal caso concreto, non solo si perde la causa: si rischia anche di pagare.
La decisione, depositata nei giorni scorsi dal Tribunale di Torino e rilanciata da testate online specializzate, nasce da un’opposizione a un’ingiunzione di pagamento depositata lo scorso febbraio. La giudice ha respinto le richieste della parte attrice, ritenendo l’iniziativa priva di fondamento e, soprattutto, segnata da una condotta processuale non corretta.
Il passaggio chiave è severo. La parte attrice, si legge, “ha agito in giudizio in malafede o quantomeno con colpa grave”, perché ha impugnato avvisi di addebito “tutti notificati in precedenza” e “già oggetto di plurimi atti di esecuzione”. A ciò si aggiunge la censura sull’uso dell’intelligenza artificiale: il ricorso, “redatto col supporto dell’intelligenza artificiale”, è stato giudicato “un coacervo di citazioni normative e giurisprudenziali astratte, prive di ordine logico e in larga parte inconferenti”, senza allegazioni concretamente riferibili al caso. Le eccezioni sollevate erano “tutte manifestamente infondate”.
Alla bocciatura nel merito si accompagna una condanna economica: 500 euro da versare alle controparti e alla cassa delle ammende. Una misura che assume il valore di monito: l’uso disinvolto di strumenti automatici, in assenza di un serio ancoraggio ai fatti e agli atti, può aggravare la posizione di chi ricorre.
La pronuncia non mette sul banco degli imputati l’IA in sé. Il bersaglio è l’uso malaccorto: affidarsi a testi generati che impilano norme e precedenti senza selezione, logica e contestualizzazione. In tribunale contano il perimetro fattuale, la pertinenza degli argomenti e la coerenza con gli atti già notificati ed eseguiti. L’IA, se impiegata, richiede controllo umano qualificato, responsabilità e capacità di sintesi. Altrimenti diventa fumo negli occhi.
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