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Nel nome di Damiano: Chivasso accoglie una famiglia afghana

Dal dolore per la perdita di Debernardi nasce una raccolta fondi di speranza. E così la città riesce a dare ospitalità ad una mamma e ai suoi tre figli

Nel nome di Damiano: Chivasso accoglie una famiglia afghana

Nel nome di Damiano: Chivasso accoglie una famiglia afghana

Accoglienza e memoria. In questo settembre 2025, mentre il mondo continua a essere scosso da guerre, conflitti e muri sempre più alti, Chivasso sceglie una strada diversa. Dall’Ucraina che non riesce a uscire dall’incubo di un conflitto logorante, a Gaza ridotta a macerie e lacrime, passando per il Mediterraneo che ogni settimana restituisce corpi di migranti inghiottiti dalle onde, la cronaca globale è una sequenza di tragedie che rischiano di anestetizzare le coscienze. Eppure, in una piccola città piemontese, arriva un segnale opposto: un progetto che prova a dimostrare che si può ancora scegliere di stare dalla parte della vita.

A luglio è partito ufficialmente il progetto “Fili di Speranza”, promosso dal Comitato per la Pace di Chivasso, che ha accolto una famiglia afghana: una madre e i suoi tre figli, fuggiti da un Paese dove i diritti umani sono ormai solo un ricordo e dove alle donne è negata persino la possibilità di esistere fuori dalle mura domestiche. Sono arrivati in Italia grazie ai corridoi umanitari della Comunità di Sant’Egidio, uno degli strumenti più concreti e sicuri per garantire un passaggio legale a chi rischierebbe la vita affidandosi ai trafficanti di esseri umani.

Rappresentanti del Comitato per la Pace di Chivasso

Il progetto non è solo simbolo, ma sostanza: garantisce l’iter burocratico per l’asilo, assistenza sanitaria, scuola per i ragazzi, corsi di lingua italiana, supporto lavorativo e abitativo. Non sopravvivenza, ma vita dignitosa. Il costo? Circa 28mila euro all’anno, interamente autofinanziati grazie a una rete fatta di associazioni, parrocchie, sindacati, volontari e cittadini comuni. Dentro ci sono tutti: le Acli, l’Anpi, l’Arci, la Caritas, gli Scout, i sindacati territoriali, le parrocchie cittadine. È il volto di una città che, senza grandi proclami, costruisce un’alternativa reale all’indifferenza.

Il Comitato ha scelto parole chiare: “Accogliere è un gesto semplice ma rivoluzionario: significa scegliere la vita, la dignità, la Pace, proprio dove prima c’era solo precarietà e paura”. E basta guardarsi attorno per capire quanto sia rivoluzionario davvero: mentre in Europa si discute di quote, respingimenti e nuove leggi sui rimpatri, una città di provincia mostra che accogliere non è un problema irrisolvibile ma una questione di volontà politica e di coscienza civile.

A rendere ancora più forte questo gesto c’è la memoria di un giovane chivassese, Damiano Debernardi, figlio dell'assessore Fabrizio Debernardi, scomparso tragicamente pochi mesi fa. La sua famiglia, invece di chiudersi nel dolore, ha deciso di aprirsi agli altri, trasformando la perdita in energia vitale. È nata così una raccolta fondi che ha già superato i 7mila euro e che rappresenta una delle colonne portanti di “Fili di Speranza”. Il nome di Damiano, la sua sensibilità e fragilità, oggi rivivono in questa madre e in questi tre ragazzi, nei loro passi verso un futuro diverso. È la dimostrazione che dal vuoto più grande può germogliare qualcosa che parla di luce.

In un momento in cui le istituzioni internazionali faticano a trovare risposte alla crisi dei rifugiati, e in cui il Mediterraneo rimane la frontiera più letale del pianeta, l’esperienza di Chivasso diventa anche un messaggio politico: non serve aspettare Bruxelles o Roma per fare la propria parte. Servono comunità disposte a condividere, cittadini capaci di prendersi cura l’uno dell’altro.

Il progetto ha ancora bisogno di sostegno. Si cercano volontari, famiglie disposte a dedicare tempo, competenze professionali da mettere a disposizione. Ogni contributo, grande o piccolo, è prezioso. C’è anche un libro, “Ampliare l’abisso o Costruire Ponti”, i cui proventi sono destinati a finanziare il progetto. Già il titolo è una domanda che interpella tutti noi: vogliamo allargare gli abissi che dividono popoli e culture, o preferiamo costruire ponti che uniscono?

In fondo, è questa la sfida. Perché se guardiamo alle prime pagine dei giornali di questi giorni vediamo solo abissi: Kiev sotto le bombe, Gaza al collasso, Kabul in ginocchio. Ma a Chivasso, in una via qualunque, una porta si è aperta e una famiglia ha ricominciato a respirare. È un dettaglio? Forse. Ma i dettagli, a volte, sono la differenza tra la rassegnazione e la speranza.

Chivasso non ha risolto i problemi del mondo. Ma ha dimostrato che un’altra strada è possibile. E che, anche in un tempo di muri e di respingimenti, qualcuno continua a credere nei fili di speranza che tengono insieme la dignità delle persone.

Per partecipare o contribuire al progetto Fili di Speranza:

Associazione NEMO-In.Forma.Citt@ ETS Via Paleologi, 2 Chivasso telefono: +39 375 860 4332

email: filidisperanza.chivasso@gmail.com

IBAN: IT55V0306909606100000183708

Causale: Erogazione liberale progetto Fili di Speranza

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