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Il canto delle risaie: un raccolto che unisce passato e futuro

Tra le mietitrebbie che entrano nei campi e il ricordo delle mondine, l’Italia celebra gli 80 anni del Carnaroli e i cento anni di ricerca a Vercelli. Ma dietro la bellezza delle risaie restano i timori per costi crescenti e concorrenza estera

Il canto delle risaie: un raccolto che unisce passato e futuro

Il canto delle risaie: un raccolto che unisce passato e futuro

C’è un rumore che torna ogni anno a settembre, puntuale come le stagioni: quello delle mietitrebbie che si fanno strada tra i campi allagati. È il suono della raccolta del riso, un rito che scandisce la vita di intere comunità, soprattutto in Piemonte e Lombardia, dove il paesaggio è modellato da secoli di risaie e di lavoro contadino. Quest’anno quel rumore è arrivato senza sorprese: il raccolto 2025/2026 viene descritto dagli addetti ai lavori come “nella media”, né straordinario né deludente. Ma già questo, in un periodo storico segnato da siccità, crisi energetiche e instabilità dei mercati, è una notizia che fa tirare un sospiro di sollievo.

La stagione, infatti, si è sviluppata con condizioni meteorologiche relativamente favorevoli, fatta eccezione per qualche sbalzo termico nelle ultime settimane. E soprattutto, il dato che salta agli occhi è l’aumento delle superfici coltivate: 235.450 ettari complessivi, con 9.300 ettari in più rispetto al 2024. Numeri che confermano l’Italia come il primo produttore di riso in Europa e il Paese con la maggiore estensione dedicata a questo cereale.

Dietro le cifre, però, ci sono volti e storie. Ci sono famiglie che da generazioni coltivano riso nelle campagne del Vercellese, dove il 70% delle risaie piemontesi si concentra ancora oggi, e dove le mondine, con le loro schiene curve e i piedi nell’acqua, hanno lasciato un’eredità di sacrificio e di orgoglio. Non a caso proprio Vercelli ha ospitato la scorsa settimana la prima edizione del festival “Risò”, alla presenza del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida: una festa popolare ma anche un’occasione di riflessione sul futuro del comparto.

Il Piemonte resta il cuore della risicoltura nazionale con 117mila ettari coltivati, seguito dalla Lombardia, che con oltre 95mila ettari e il suo Pavese da 80mila ettari custodisce la seconda grande culla del riso italiano. Basta pensare che Vercelli, Novara e Pavia, insieme, coprono da sole il 90% della produzione nazionale, con circa 1,4 miliardi di chili di risone ogni anno. Un patrimonio non solo economico, ma anche culturale e identitario.

“Dalle prime indicazioni delle aziende – spiega la presidente di Ente Risi, Natalia Bobba – possiamo dire che siamo in linea con la media degli altri anni, sia come qualità che come tempi di raccolta. Le rese appaiono accettabili, ma il clou della campagna arriverà la prossima settimana, meteo permettendo”.

Cautela che trova conferma anche da Coldiretti, che invita ad aspettare le prossime settimane, quando entreranno in gioco le delicate fasi di essiccazione e pilatura. È lì che il destino del raccolto si deciderà davvero, tra speranze e paure. “Ci auguriamo che l’aumento delle superfici possa tradursi anche in un incremento della produzione”, è l’auspicio degli agricoltori.

Eppure, al di là del dato tecnico, questo è un anno che porta con sé anniversari dal forte valore simbolico: si celebrano infatti gli 80 anni del Carnaroli, il re dei risotti e orgoglio delle nostre tavole, e i cento anni dai primi incroci varietali, avvenuti proprio a Vercelli, in quella Stazione sperimentale che ha fatto la storia della ricerca risicola italiana. Un secolo dopo, le risaie continuano a raccontare una storia di innovazione e resilienza, intrecciata con la vita di chi ci lavora ogni giorno.

riso

Ma il settore sa bene che le sfide non finiscono qui. Sul futuro incombono ombre pesanti: l’aumento dei costi di produzione, dalle sementi all’energia, e la concorrenza delle importazioni a dazio zero, che rischiano di penalizzare il lavoro degli agricoltori italiani. Temi al centro del recente convegno ospitato al Teatro Civico di Vercelli, dove nove ministri e delegati dell’agricoltura degli Stati europei produttori di riso si sono confrontati con il ministro Lollobrigida. Da quell’incontro è nata Eurice, l’alleanza europea che vuole difendere il riso del continente e contrastare la concorrenza sleale.

La raccolta 2025/2026, dunque, non è solo una campagna agricola come tante. È un passaggio che unisce passato e futuro: l’eco delle mondine e dei vecchi incroci genetici convive con le sfide della globalizzazione e con la speranza di chi, ancora oggi, crede che il riso non sia soltanto un prodotto agricolo, ma una parte viva della nostra identità collettiva.

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