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Chiusura del punto vendita, Decathlon replica: "I lavoratori sono stati tutti ricollocati"

L'azienda: «Soluzioni trovate per quasi tutti i dipendenti». Tra rassicurazioni e polemiche, resta il vuoto lasciato in città

Chiusura del punto vendita, Decathlon replica: "I lavoratori sono stati tutti ricollocati"

Chiusura del punto vendita, Decathlon replica: "I lavoratori sono stati tutti ricollocati"

Decathlon replica alle accuse. Dopo la chiusura improvvisa del punto vendita di Venaria Reale, che domenica 14 settembre ha abbassato le serrande con un mese di anticipo rispetto a quanto annunciato, è arrivata la nota ufficiale dell’azienda. Una presa di posizione che ribalta la narrazione emersa nei giorni scorsi, quella di un’uscita di scena precipitosa, segnata da incertezza e scarse garanzie per i dipendenti.

L’azienda parla chiaro: «Per tutti i collaboratori e collaboratrici è stata trovata una soluzione soddisfacente, nella quasi totalità dei casi, con ricollocazione negli altri negozi del torinese».

La chiusura anticipata, secondo Decathlon, non sarebbe quindi frutto di una scelta fredda e calata dall’alto, ma la conseguenza di un processo di ricollocamento che si è concluso prima del previsto. In altre parole, se la serranda si è abbassata prima di ottobre, è perché – stando alla versione ufficiale – i lavoratori avevano già trovato una nuova collocazione.

Parole che smentiscono quanto denunciato dalle opposizioni politiche, dai sindacati e da una parte dei consiglieri comunali di Venaria, che avevano sottolineato come la decisione avesse privato i dipendenti di tempo utile per organizzarsi e come mancassero certezze reali sulle condizioni contrattuali.

«Vi saremmo dunque grati se voleste togliere incertezza alle parole con le quali descrivete la vicenda, poiché non trovano fondamento», scrive Decathlon, rivendicando il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali e una comunicazione costante durante tutta la procedura.

Lavoratori Decathlon

Il nodo rimane però politico. Perché, al di là delle rassicurazioni aziendali, il caso di Venaria ha già scatenato un dibattito in Consiglio regionale. La consigliera del Partito Democratico Laura Pompeo aveva presentato un’interrogazione accusando la Regione di essersi limitata a “prendere atto” senza agire. Un’accusa alla quale l’assessore al Lavoro Elena Chiorino aveva replicato sostenendo che non risultavano procedure di licenziamento e che il personale era stato ricollocato. Una posizione che ora trova sponda nelle parole dell’azienda, ma che non placa i dubbi delle opposizioni.

A livello locale, la chiusura di Venaria è stata definita “un colpo per l’economia cittadina”. Lo hanno ribadito i consiglieri comunali del PD Rossana Schillaci, Stefano Mistroni e Raffaele Trudu, insieme al pentastellato Davide De Santis. Tutti hanno sottolineato come l’anticipo di quasi due mesi abbia spiazzato i lavoratori, ma soprattutto come la vicenda sia l’ennesimo tassello di una crisi che riguarda l’intera cintura nord di Torino. Dopo il polo logistico di Brandizzo e il Bricocenter, la chiusura di Decathlon lascia l’ennesimo vuoto commerciale e sociale.

Perché qui non si tratta solo di contabilità occupazionale. Decathlon, nel giro di tre anni, era diventato un punto di riferimento per famiglie, ragazzi, sportivi. Un presidio che aveva contribuito a ridisegnare la socialità del territorio. Ed è proprio questo l’aspetto che rende la vicenda amara, al di là del destino dei quindici dipendenti: il senso di smarrimento di una comunità che vede sparire un luogo simbolico, mentre altrove l’azienda continua ad aprire.

Decathlon parla di “razionalizzazione” e “revisione organizzativa”. Formule che, nelle intenzioni dell’azienda, descrivono una strategia di consolidamento, ma che agli occhi di molti appaiono come giustificazioni vuote, buone per nascondere scelte di marketing lontane dalle esigenze del territorio. Tant’è.

La nota ufficiale giunge a distanza di pochi giorni dalle polemiche, con un obiettivo evidente: mettere fine al racconto di un’azienda che abbandona i lavoratori. «Sin dal primo momento, abbiamo aperto un dialogo per trovare le migliori soluzioni con ciascuna e ciascuno dei collaboratori», ribadisce la multinazionale. Una versione che, se da un lato rassicura sulla sorte dei dipendenti, dall’altro non cancella le critiche di chi guarda al quadro generale.

Perché la domanda resta intatta: perché chiudere proprio Venaria, il presidio destinato al quadrante nord di Torino? Una domanda che la politica continua a ripetere e che la nota aziendale non affronta. Per i cittadini, il risultato è comunque lo stesso: un cartello che rimanda a Settimo, Grugliasco o Torino e una vetrina buia nel cuore della città.

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