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12 Settembre 2025 - 22:40
In foto Gabriel Piccagli
IVREA. Il porticato di piazza 1° Maggio? Sta crollando a pezzi. Succede a Bellavista ed è un colpo al cuore. Dopo le tante promesse. Dopo i tanti sopralluoghi. Nulla. Non s’è ancora fatto nulla, o quasi.
E dire che, correva il 2023, e l’Amministrazione comunale, appena insediata, si presentava al gran completo ai cittadini del quartiere per prendere appunti.
Mai così tanti assessori tutti insieme: Gabriella Colosso, Patrizia Dal Santo, Massimo Fresc, Fabrizio Dulla, Francesco Comotto e, con qualche minuto di ritardo, pure il sindaco Matteo Chiantore. Un bagno di folla nel salone del centro civico, con i residenti pronti a segnalare marciapiedi inesistenti, lampioni LED che non fanno luce, erba alta, aree sfalci trasformate in discariche e strade che si allagano al primo temporale.
E poi gli alberi. Settecentocinquanta, sparsi nei 96 mila metri quadrati di verde pubblico. Troppi anni senza una potatura decente. L’assessora Colosso prese appunti. Pormise che si sarebbe occupata e preoccupata di tutto, nei limiti del possibile.
Tra le voci più autorevoli, quella di Gabriel Piccagli, presidente dell’associazione Bellavista Viva, che consegnò un elenco dettagliato delle cose da fare.
Si annunciò, per la gioia dei presenti, un investimento di 170 mila euro per il Centro Civico. Ritinteggiatura dei locali, sostituzione dei termoconvettori e rifacimento della copertura del tetto. Lavori indispensabili per arginare infiltrazioni pericolose, ma le manutenzioni non bastano mai e, dopo due anni, ci sono i calcinacci che si staccano da un porticato che cade a pezzi.
Insomma.... Scripta manent, verba volant.
L'incontro del 2023
Morale? I cittadini si guardano intorno, vedono tutto questo e si sentono abbandonati.
Tra i più sconfortati proprio Gabriel Piccagli.
“Oggi c’è un altro problema – ci dice – Sta per scadere il patto di valorizzazione del verde e noi abbiamo chiesto più denaro. L’associazione si basa sul lavoro dei volontari, ma non sempre chi è volontario ha il tempo, la voglia e il fisico per poterlo fare... Ci sono parecchi anziani. Siamo una decina e ce ne vorrebbero almeno venti…”
Per la cronaca, grazie al Patto, l’Amministrazione comunale ha affidato la bellezza di 96 mila metri quadrati di area verde in gestione con appena 20 mila euro. I volontari ne chiedono 40.
“Abbiamo bisogno del supporto di una cooperativa che ci costerà 19 mila euro – specifica Piccagli – Noi rendicontiamo tutto. Non chiediamo favoritismi per il fatto di risiedere in un quartiere olivettiano, ma la totalità del verde è più del doppio di quello presente in città e qui si fanno una decina di tagli all’anno. Se non ci fossimo noi se ne farebbero al massimo tre. Purtroppo l’Amministrazione comunale ci ha detto che questa cosa non si può fare, che è incompatibile, vai a capire perché…”
Due le soluzioni: o l’Amministrazione dice di sì, o tanti saluti al Patto già dalla fine dell’anno.
E sarebbe davvero un peccato, un errore clamoroso...
E ancora non basta.
“Ci avevano promesso una nuova area sfalci. A San Giovanni è stata fatta, qui no. Ci dicono che si farà il prossimo anno perché l’Ufficio tecnico è oberato di lavoro… Vedremo!”
“Dobbiamo anche lavorare sul degrado sociale. Abbiamo bisogno di più controlli e di una progettazione strutturata del Consorzio Inrete sui giovani...”
Storia di un quartiere
Il quartiere Bellavista è un esempio significativo dell’architettura e dell’urbanistica promosse dalla Società Olivetti nel secondo dopoguerra. La sua progettazione iniziò nel 1957, affidata all’architetto Luigi Piccinato, con la collaborazione di Vittoria Girardi. Il piano prevedeva l’insediamento di circa 4.000 abitanti su un’area di 320.000 metri quadrati, come già delineato nel piano regolatore del 1938.
La costruzione del quartiere avvenne in due fasi principali. Tra il 1960 e il 1961 furono realizzati circa 450 alloggi, di cui 301 destinati ai dipendenti Olivetti, principalmente finanziati attraverso i fondi del piano INA-Casa. Successivamente, tra il 1970 e il 1975, l’Olivetti costruì ulteriori 12 alloggi con finanziamenti propri e 54 alloggi tramite fondi Gescal. Altre abitazioni furono edificate da cooperative di dipendenti Olivetti in collaborazione con l’Istituto Autonomo Case Popolari.
Il design urbanistico del quartiere si ispira al modello anglosassone delle unità di quartiere. È caratterizzato da ampie aree verdi e una bassa densità edilizia, con una strada perimetrale da cui si diramano vie di accesso alle abitazioni e alle infrastrutture sociali, commerciali, sportive, religiose e scolastiche.
Nel corso degli anni, il quartiere Bellavista ha mantenuto la sua rilevanza storica e architettonica. Nel 2021, l’Associazione Archivio Storico Olivetti e Urban Lab hanno organizzato una mostra intitolata “Abitare a Bellavista”, che documenta attraverso fotografie, disegni d’archivio e interviste agli abitanti, la vita e l’evoluzione del quartiere.
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