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03 Settembre 2025 - 22:04
La protesta del 28 luglio
Si chiude con un’archiviazione la vicenda che nelle scorse settimane aveva agitato il clima attorno all’Asl di Vercelli e al presidio sanitario di Borgosesia, già al centro delle polemiche per la decisione di chiudere il punto nascite, ritenuto non più sostenibile per il numero insufficiente di parti annuali. I procedimenti disciplinari aperti contro alcuni dipendenti che avevano preso parte alla manifestazione del 28 luglio scorso sono stati ufficialmente archiviati: l’Ufficio procedimenti disciplinari ha infatti stabilito l’“insussistenza dei fatti”.
La contestazione era scaturita dal flashmob organizzato sotto il municipio di Borgosesia per protestare contro la chiusura del reparto, un gesto simbolico che aveva raccolto l’attenzione di cittadini, operatori sanitari e amministratori locali. L’apertura dei fascicoli disciplinari nei confronti dei dipendenti che vi avevano preso parte aveva provocato un immediato e forte contraccolpo: sindacati e forze politiche si erano schierati apertamente in loro difesa, parlando di provvedimenti sproporzionati e minacciando ricorsi legali o nuove mobilitazioni.
La decisione di archiviare tutto ha riportato serenità in un contesto che rischiava di degenerare. A commentare con soddisfazione la conclusione è stato il direttore dell’Asl di Vercelli, Marco Ricci, che ha dichiarato: «Sono contento di come sia terminata la vicenda: è andata come ho sempre auspicato, il personale è la vera risorsa dell’azienda e va tutelata, garantita e messa nelle condizioni di poter lavorare».
La sua presa di posizione segna un cambio di passo rispetto al clima teso delle scorse settimane. L’idea che i dipendenti, oltre al peso della chiusura del punto nascite, dovessero anche fronteggiare indagini disciplinari, aveva sollevato perplessità non soltanto sul piano politico, ma anche su quello umano. In tanti avevano ricordato come la protesta fosse stata espressione di un disagio condiviso, e non un atto di disobbedienza individuale.
La vicenda si innesta in una questione ben più ampia, quella della progressiva riduzione dei servizi sanitari nelle aree montane e periferiche. La chiusura del punto nascite di Borgosesia si inserisce infatti in un quadro normativo che prevede soglie minime di sicurezza – in particolare un numero di parti annui – sotto le quali un reparto non può essere mantenuto attivo. Una logica di razionalizzazione che però, nei territori, viene spesso percepita come un abbandono da parte delle istituzioni.
La protesta del 28 luglio aveva proprio questo valore simbolico: denunciare non solo la perdita di un reparto, ma il segnale più generale di una sanità che arretra nei confronti delle comunità periferiche. Non a caso il flashmob sotto il municipio aveva visto la partecipazione non soltanto del personale sanitario, ma anche di associazioni, cittadini e amministratori locali.
L’archiviazione dei procedimenti chiude formalmente un capitolo delicato, ma lascia aperta la questione politica e sociale del rapporto tra operatori sanitari, dirigenze aziendali e cittadini. La reazione compatta di sindacati e partiti alla sola apertura dei fascicoli disciplinari dimostra quanto il tema della sanità locale sia oggi un terreno sensibile e carico di tensioni.
La conclusione positiva, salutata con sollievo dai dipendenti coinvolti, rappresenta un segnale importante: riconoscere che la partecipazione a una protesta pacifica, volta a difendere un servizio essenziale, non può essere scambiata per una violazione disciplinare. In questo senso, la vicenda di Borgosesia diventa un precedente significativo, che potrebbe pesare su future mobilitazioni simili.
Resta tuttavia l’incognita più grave: quella del destino del presidio valsesiano e, in generale, dei punti nascita minori in Piemonte. La riduzione delle nascite e le linee guida nazionali sembrano non lasciare margini di discussione, ma la mobilitazione popolare e la partecipazione del personale sanitario testimoniano che il tema è tutt’altro che chiuso.
La protesta del 28 luglio, e l’onda lunga delle polemiche disciplinari, hanno riacceso i riflettori su una realtà che rischia di vedere erosi i suoi servizi fondamentali. L’archiviazione dei fascicoli restituisce dignità ai dipendenti, ma non cancella la sensazione diffusa che la sanità pubblica territoriale stia attraversando un momento di profonda metamorfosi, spesso a discapito delle comunità periferiche.
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