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03 Settembre 2025 - 21:22
foto d'archivio
Un portone che si chiude e 26 vite sospese. A Orbassano, alle porte di Torino, la produzione di maniglie e sistemi per alzacristalli elettrici di Algo Group si ferma: l’azienda ha comunicato questa mattina alle Rsu la cessazione dell’attività dello stabilimento e il licenziamento di oltre la metà della forza lavoro. Una decisione che arriva in un passaggio già complicato per l’automotive e che accende l’ennesimo segnale d’allarme per l’occupazione nel Torinese.
La società, attiva nell’aftermarket della componentistica auto, ferma le linee nel sito di Orbassano e mette in esubero 26 dipendenti su 41 addetti complessivi. Restano fuori dal perimetro dei licenziamenti i 15 impiegati di staff. La comunicazione è stata inviata questa mattina alle rappresentanze sindacali unitarie di stabilimento.
- 1 stabilimento: Orbassano (Torino), oggetto della cessazione - 41 addetti totali - 26 licenziamenti annunciati - 15 impiegati di staff non coinvolti - 3 i siti produttivi del gruppo in Italia - 2024 l’anno dell’acquisizione di Algo Group da parte di Illimity SGR
Algo Group è stata rilevata nel 2024 dal fondo di investimento Illimity SGR con l’obiettivo dichiarato di rilanciare la società. La scelta di chiudere il sito torinese, mentre il gruppo mantiene tre stabilimenti in Italia, arriva “in un momento non facilissimo per il settore”, segnalando le difficoltà di una filiera che a Torino sta pagando un prezzo elevato. La tempistica, a ridosso del passaggio di proprietà, solleva interrogativi sulla sostenibilità industriale e sulla capacità di presidiare il territorio con produzioni competitive.
La reazione delle organizzazioni metalmeccaniche è stata immediata. “La decisione dell’azienda è inaccettabile – afferma Antonio Iofrida, Uilm Torino – chiediamo da subito un incontro all’Unione Industriali con l’obiettivo di rivedere la cessazione di attività e per tutelare l’occupazione in un territorio martoriato dalla crisi dell’automotive”. Sulla stessa linea la Fiom torinese. “Anche questa volta si vuole far pagare ai lavoratori il costo della crisi dell’automotive – sottolinea Mariateresa Gobbato –. Le aziende pianificano soluzioni in base alle loro esigenze e poi mettono i lavoratori davanti alla decisione di una chiusura aziendale. Algo chiude a Torino perché non c’è più un produttore d’auto sul territorio. È un problema che come Fiom poniamo da tempo ad enti locali e governo. E nell’immobilità generale della classe dirigente, intanto le aziende delocalizzano e chiudono a Torino lasciando una situazione sociale inaccettabile”.
L’epilogo di Orbassano è un tassello di un quadro più ampio: le aziende della componentistica, specie nell’aftermarket, stanno riposizionando capacità produttiva e costi. La chiusura di un sito a pochi chilometri da quella che è stata la culla dell’auto italiana pesa simbolicamente e materialmente, perché impoverisce una rete di competenze difficili da ricostruire. In assenza di politiche industriali coordinate e di un perimetro produttivo automobilistico forte sul territorio, il rischio è che scelte come questa diventino la normalità.
I sindacati chiedono un tavolo all’Unione Industriali per rimettere in discussione la cessazione e cercare una soluzione che salvi i posti di lavoro. La partita si gioca su due piani: la verifica delle motivazioni industriali della chiusura e la tutela occupazionale delle persone coinvolte. Per il territorio torinese, ogni posto salvato non è solo un numero, ma una barriera contro l’ulteriore rarefazione del tessuto manifatturiero.
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