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Tortona, sciopero a oltranza al magazzino Maclog: lavoratori in piazza contro chiusura e licenziamenti

Trenta dipendenti protestano con Adl Cobas: insegna rimossa dallo stabile e procedure di sfratto in corso, clima di incertezza e rabbia crescente

Tortona, sciopero a oltranza al magazzino Maclog

Tortona, sciopero a oltranza al magazzino Maclog: lavoratori in piazza contro la chiusura e i licenziamenti

Il segnale è arrivato all’alba di oggi: i lavoratori del magazzino Maclog di Tortona, una trentina in tutto, hanno incrociato le braccia. La protesta, proclamata da Adl Cobas Alessandria, è stata decisa al termine di un’assemblea che ha sancito uno stato di agitazione destinato a protrarsi a oltranza, fino a quando non arriveranno risposte certe sul futuro del sito e del personale.

Il motivo dello sciopero è chiaro: una progressiva riduzione delle attività che, secondo i sindacati, rappresenta il preludio alla chiusura definitiva del magazzino. Da settimane i dipendenti osservano un lento svuotamento degli spazi, mentre i vertici aziendali tacciono. Nessuna comunicazione ufficiale, nessuna rassicurazione, solo segnali che alimentano il timore di un epilogo traumatico: licenziamenti di massa senza accordi né tutele.

A rendere ancora più evidente la situazione è stato un gesto che i lavoratori hanno vissuto come una ferita simbolica: la rimozione dell’insegna dallo stabile, avvenuta sotto i loro occhi nella giornata di ieri. «Abbiamo dovuto assistere attoniti – scrivono i delegati di Adl Cobas – all’ennesima mancanza di rispetto. Un segnale inequivocabile della volontà di abbandonare il sito, già gravato da una procedura di sfratto».

Il quadro che emerge è quello di un’azienda che, secondo il sindacato, vuole “liberarsi dei dipendenti senza assumersi alcuna responsabilità”, lasciando decine di famiglie in balia dell’incertezza. Da qui la scelta di proclamare lo sciopero, che continuerà finché non ci saranno “risposte chiare e concrete sul futuro del magazzino e del personale”.

Lo scontro tra i lavoratori e Maclog arriva in un momento già segnato da fragilità occupazionale per l’area di Tortona, crocevia logistico di rilevanza nazionale. I poli di stoccaggio e distribuzione che negli ultimi anni hanno garantito centinaia di posti di lavoro, oggi mostrano la loro vulnerabilità di fronte a strategie aziendali spesso calate dall’alto, senza coinvolgimento delle maestranze.

Adl Cobas denuncia una gestione che definisce “irrispettosa e opaca”, in cui a dominare sono i numeri della logistica e non la dignità dei lavoratori. La paura è che, dietro al ridimensionamento delle attività, si nasconda la volontà di delocalizzare o di affidare il lavoro a realtà con contratti più precari, lasciando scoperti coloro che hanno costruito in anni di fatica l’operatività del sito.

La vicenda apre anche un fronte istituzionale. Se davvero lo stabilimento è destinato alla chiusura, la questione rischia di trasformarsi in una vertenza di respiro provinciale, con conseguenze pesanti sul tessuto sociale di Tortona. Non si tratta infatti soltanto di posti di lavoro, ma di redditi familiari e di un equilibrio economico locale già provato.

I lavoratori, dal canto loro, chiedono con forza un tavolo di confronto. Vogliono che l’azienda esca allo scoperto e spieghi quale sia il destino del sito. Chiedono garanzie sulle indennità di licenziamento, sul ricollocamento e, se necessario, sulla gestione di un piano sociale che eviti drammi occupazionali. «Non permetteremo che ciò accada senza siano garantite tutte le tutele necessarie ai lavoratori e alle famiglie» ribadisce il sindacato.

Nel frattempo, lo sciopero ha già rallentato le poche attività rimaste all’interno del magazzino, aumentando la pressione sull’azienda. La sensazione, tra i lavoratori, è che il silenzio dei vertici non sia più sostenibile: la mobilitazione non si fermerà finché non sarà spezzata l’opacità che circonda questa crisi.

La vertenza Maclog diventa così un caso emblematico della logistica italiana: un settore in crescita, trainato dall’e-commerce e dai flussi internazionali, ma segnato da precarietà, subappalti e chiusure improvvise. A pagarne il prezzo, come sempre, sono i lavoratori che, dietro le quinte dei pacchi consegnati e delle merci movimentate, reggono sulle proprie spalle un sistema intero.

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