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ChatGPT in tilt il 3 settembre 2025: disservizi globali e migliaia di segnalazioni

Il blackout colpisce sia sito che app, Downdetector conferma il down mondiale mentre restano ignote le cause del malfunzionamento

ChatGPT in tilt

ChatGPT in tilt il 3 settembre 2025: disservizi globali e migliaia di segnalazioni

Mattinata difficile per milioni di utenti: ChatGPT, il popolare chatbot di OpenAI, è finito in down il 3 settembre 2025, con segnalazioni che si moltiplicano a livello globale. A confermare l’entità del disservizio è il portale Downdetector, che da ore raccoglie migliaia di notifiche da parte di chi non riesce a utilizzare il servizio.

Le prime anomalie sono state registrate nel corso della mattinata, quando molti utenti hanno cominciato a segnalare l’impossibilità di ricevere risposte dal chatbot. Sullo status ufficiale di ChatGPT compare la stringata comunicazione: “ChatGPT non visualizza le risposte”. Un messaggio che non chiarisce né le cause né i tempi di risoluzione, ma che ha confermato la gravità della situazione.

Stando alle segnalazioni raccolte, il problema principale riguarda l’accesso via sito web, con molti utenti che non riescono nemmeno a completare il login. Una quota minore di lamentele proviene dall’app mobile, che in alcuni casi sembra funzionare ma con risposte mancanti o incomplete. Un blackout a macchia di leopardo, quindi, ma sufficiente a bloccare milioni di sessioni lavorative, scolastiche e personali.

L’interruzione ha un impatto significativo perché ChatGPT, negli ultimi anni, è diventato uno strumento di riferimento per studenti, professionisti e aziende. Dal supporto alla scrittura alla programmazione, fino all’uso didattico, il chatbot è entrato nelle abitudini quotidiane di una parte consistente della popolazione globale.

Le mappe di segnalazione di Downdetector mostrano come il malfunzionamento sia diffuso in tutto il mondo, dall’Europa agli Stati Uniti, passando per l’Asia. Non si tratta quindi di un problema localizzato a un singolo server o a un’area geografica, ma di una vera e propria interruzione globale.

Al momento, OpenAI non ha rilasciato comunicazioni ufficiali dettagliate sulle cause del blackout. Restano quindi aperte tutte le ipotesi: da un problema tecnico interno a un sovraccarico dei server, fino a possibili criticità nella rete di distribuzione dei contenuti. L’assenza di aggiornamenti immediati alimenta la frustrazione degli utenti, che nel frattempo si riversano sui social per raccontare le proprie difficoltà con ironia, rabbia o preoccupazione.

Non è la prima volta che ChatGPT subisce un down di portata globale. Già nel corso del 2024 si erano verificati episodi analoghi, seppur meno prolungati. La differenza oggi è che la base di utenti è ancora più vasta, e l’impatto di un’interruzione è proporzionalmente più pesante.

Per le aziende che hanno integrato il chatbot nei loro flussi di lavoro, un’interruzione del servizio può significare ritardi, blocchi operativi e difficoltà a gestire le richieste dei clienti. Per scuole e università, invece, il blackout mette in difficoltà studenti e docenti che fanno sempre più affidamento sull’intelligenza artificiale per esercitazioni, ricerche e attività quotidiane.

La mancanza di una comunicazione puntuale da parte di OpenAI mantiene alta l’incertezza. Non è chiaro se si tratti di un guasto temporaneo che verrà risolto in poche ore o se la natura del problema richiederà interventi più complessi. Nel frattempo, gli utenti si arrangiano cercando alternative o ripiegando su versioni offline e strumenti concorrenti.

Il blackout odierno conferma, ancora una volta, quanto la dipendenza da sistemi di intelligenza artificiale stia crescendo e quanto vulnerabili possano risultare milioni di persone e organizzazioni di fronte a un malfunzionamento imprevisto. Se il down di un social network genera fastidio, quello di un servizio come ChatGPT rischia di avere ripercussioni più profonde sul lavoro e sull’apprendimento.

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