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Attualià
29 Agosto 2025 - 17:24
L'amministratore della pagina Facebook “Noi di Mathi”, Roberto Vivenza, è stato querelato dal sindaco
L’ennesimo capitolo della tormentata vicenda di Casa Chantal non si consuma più solo tra post, comunicati e manifestazioni, ma entrerà in un’aula di tribunale. Lo scontro politico e sociale che da mesi agita Mathi, comune del Ciriacese, si è trasformato in una controversia giudiziaria: il sindaco Vittorio Rocchietti ha infatti presentato querela per diffamazione aggravata a mezzo stampa contro Roberto Vivenza, amministratore della pagina Facebook “Noi di Mathi”.
Da tempo il gruppo social, seguito da centinaia di cittadini, dedica ampio spazio alla questione di Casa Chantal, l’ex casa di riposo che la cooperativa Sanitalia, proprietaria dell’immobile, intende trasformare in un centro di accoglienza per richiedenti asilo. Un progetto che ha scatenato forti divisioni, acceso un dibattito serrato e alimentato il malcontento di una parte della popolazione.
La miccia che ha fatto esplodere la tensione sarebbe stata una serie di vignette satiriche con al centro la figura del sindaco, ritenute diffamatorie dal diretto interessato. Rocchietti ha chiarito la propria posizione con toni netti: le critiche fanno parte del gioco democratico, ma non possono sconfinare nell’offesa personale. Per questo ha scelto di difendere la propria immagine in sede legale, presentando la denuncia a titolo personale.
Vivenza, dal canto suo, ha scelto di reagire pubblicamente, affidandosi alla stessa pagina che lo ha reso protagonista della contesa. Il suo post ha il sapore di un manifesto politico e difensivo: «Ho appena scoperto di essere stato denunciato dal sindaco di Mathi per diffamazione aggravata a mezzo stampa. Perché? Allo stato non è dato saperlo con esattezza. Potrebbero essere alcuni post, commenti o magari qualche vignetta satirica. Poco importa. Perché noi sappiamo bene una cosa: nessuno di questi contenuti aveva carattere offensivo. Erano soltanto la voce di un popolo che non si arrende, la voce di una comunità che non si lascia mettere a tacere».
Il tono è battagliero e non lascia spazio a compromessi. Vivenza sostiene che già in passato ci sarebbero stati tentativi di far rimuovere i contenuti contrari all’amministrazione comunale e favorevoli alla difesa di Casa Chantal, senza successo. «Non l’ho fatto. Non lo farò. Perché la libertà di parola è sacra. Perché questo gruppo non è la voce di uno solo, ma di tutti. E non sarà una denuncia a fermare ciò che è giusto» scrive, chiamando a raccolta i suoi sostenitori.
Per lui, la querela non è solo un atto contro la sua persona, ma contro l’intera comunità che si oppone alla trasformazione di Casa Chantal. «Questa querela non è solo contro di me. È contro ognuno di voi che crede che la difesa di Casa Chantal sia una battaglia da combattere perché giusta. Noi non ci facciamo intimidire. Noi non arretriamo. Noi andiamo avanti, insieme. Perché la libertà non si imbavaglia» conclude, tracciando una linea di resistenza.
Il sindaco Rocchietti, invece, rivendica la legittimità della propria scelta. A suo giudizio, non si tratta di limitare il dissenso o zittire l’opposizione, ma di distinguere tra critica politica e attacco personale. Già a luglio, in un comunicato ufficiale della Giunta, si annunciava la volontà di procedere “per vie legali contro gli atti diffamatori pubblicati sui social”. Ora quelle parole si sono tradotte in carte bollate, spostando la disputa dalla piazza virtuale al tribunale.
La vicenda si inserisce in un contesto che da mesi tiene banco a Mathi e nei paesi limitrofi. Casa Chantal è diventata il simbolo di un braccio di ferro tra istituzioni, cooperative e cittadini, in un mix di questioni sociali, politiche e identitarie che va ben oltre il destino di un edificio. Attorno a quell’immobile si sono condensate paure, opposizioni, rivendicazioni e campagne mediatiche, trasformando un progetto di accoglienza in una questione capace di polarizzare il dibattito pubblico.
Con la querela, la tensione sale di livello. Da una parte c’è un sindaco che ritiene lesa la propria dignità e decide di ricorrere alla magistratura. Dall’altra un attivista che interpreta l’atto come un tentativo di imbavagliare la protesta e che rilancia, promettendo di continuare a dare voce al malcontento popolare. Il risultato è una comunità divisa, in cui la vicenda di Casa Chantal continua a bruciare come brace sotto la cenere.
Ora sarà la magistratura a stabilire se i post e le vignette pubblicate su “Noi di Mathi” abbiano realmente superato il confine della legittima critica politica, configurando il reato di diffamazione, oppure se si tratti di espressione satirica e di libertà di parola. In ogni caso, la sensazione è che il destino di Casa Chantal non si giochi soltanto tra i muri dell’ex casa di riposo, ma anche nelle aule giudiziarie e nel campo della comunicazione pubblica, dove ogni parola e ogni immagine assumono un peso politico enorme.
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