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29 Agosto 2025 - 13:12
La sindaca Loredana Devietti con Bogoum Kassogue, primo cittadino proveniente dal Mali
Cirié ha vissuto una giornata speciale grazie a un incontro che ha unito mondi apparentemente distanti, ma capaci di riconoscersi in valori comuni. Il sindaco Loredana Devietti, quest'estate ha accolto a Palazzo D’Oria Bogoum Kassogue, primo cittadino proveniente dal Mali e rappresentante di una comunità di oltre 32 mila persone distribuite in 24 villaggi Dogon. La sua presenza in città, definita "un passaggio" ma dal valore altamente simbolico, ha trasformato una semplice visita istituzionale in un momento di autentico dialogo tra culture.
Seduti nelle sale storiche di Palazzo D’Oria, i due sindaci hanno potuto confrontarsi sulle analogie e sulle profonde differenze tra il governo locale in un comune piemontese e quello esercitato in un territorio africano che, pur lontanissimo, porta con sé problematiche, aspirazioni e sfide che non sono poi così estranee al contesto europeo.
Il Mali, da anni, è attraversato da una fase di instabilità politica ed economica che ha inciso sulla vita delle comunità locali, costrette a fare i conti con la fragilità delle istituzioni e con tensioni che minano lo sviluppo quotidiano. Nonostante queste difficoltà, l’area da cui proviene Kassogue mantiene intatta la forza delle sue radici. La falesia di Bandiagara, patrimonio UNESCO, continua a rappresentare un luogo di straordinaria ricchezza culturale, custode di tradizioni e di un’identità che le popolazioni locali difendono con determinazione.
Durante il confronto, il tema centrale non è stato soltanto quello delle differenze. Si è parlato anche di somiglianze inattese. Entrambi i sindaci hanno sottolineato come il ruolo delle istituzioni locali, a qualunque latitudine, sia quello di restare vicini alle persone, garantire servizi essenziali e dare risposte concrete ai bisogni quotidiani. Una responsabilità che assume forme diverse a seconda dei contesti, ma che ha un tratto universale: la vicinanza ai cittadini come fondamento di qualsiasi buona amministrazione.
La visita è stata occasione anche per riflettere sul valore della cooperazione internazionale e dei legami tra territori. Se per Cirié l’apertura a un confronto con realtà lontane può sembrare un gesto simbolico, per i villaggi Dogon l’attenzione e il sostegno di una città italiana diventano un segnale di vicinanza in un momento storico difficile.
Il sindaco Devietti, al termine dell’incontro, ha voluto rimarcare questo spirito, sottolineando come la comunità ciriacese si senta idealmente accanto agli abitanti del Mali: un messaggio che va oltre la diplomazia formale e si inserisce in un percorso di scambio culturale che potrebbe generare nuove opportunità di collaborazione.
L’incontro con Bogoum Kassogue non si limita dunque alla cronaca di una visita, ma diventa un richiamo all’importanza di costruire ponti tra comunità. È un esempio di come le città possano svolgere un ruolo che supera i confini geografici e le contingenze politiche, contribuendo a rafforzare un senso di solidarietà globale.
La storia dei Dogon, popolo noto per la sua antichissima tradizione e per un patrimonio immateriale di eccezionale valore, si intreccia così con quella di Cirié, città che ha saputo accogliere e dare spazio a una testimonianza lontana. È un legame che nasce nella cornice storica di un palazzo piemontese ma che idealmente si proietta fino alle falesie del Mali, portando con sé l’idea che l’incontro tra amministratori e comunità non sia mai un fatto secondario, ma un’occasione per aprire orizzonti nuovi.
I Dogon sono una popolazione africana del Mali. Questa popolazione, di circa 240.000 individui, occupa la regione della falesia di Bandiagara a sud del fiume Niger, e alcuni gruppi sono stanziati nei territori attigui al Burkina Faso. Sono prevalentemente coltivatori di miglio, caffè e tabacco e hanno una particolare abilità come fabbri e scultori.
La lingua dogon presenta caratteristiche particolari, con molte varianti e dialetti. Ogni membro di questa popolazione ha quattro nomi: un nome proibito e segreto, un altro che è "corrente", uno che si riferisce alla madre e uno che è il nome della classe di età. Per evitare problemi con le altre parole di uso comune, questi nomi sono presi dai dialetti di altre tribù Dogon. Ogni nome ha un significato linguistico.
La falesia di Bandiagara è uno dei luoghi più suggestivi e affascinanti dell’intera Africa occidentale, ed è stata riconosciuta come Patrimonio dell’Umanità UNESCO già nel 1989 per il suo straordinario valore culturale, storico e paesaggistico.
Si trova in Mali, nella regione centrale del Paese, all’interno del territorio abitato dal popolo Dogon, che ha saputo mantenere una fortissima identità culturale pur attraversando secoli di cambiamenti e difficoltà. Dal punto di vista geografico, la falesia si estende per circa 150 chilometri in direzione nord-sud e raggiunge in alcuni punti altezze di 500 metri, formando un impressionante bastione roccioso che si affaccia sulla vasta pianura del Seno-Gondo. Questa imponente parete di arenaria non è solo una meraviglia naturale, ma rappresenta soprattutto il cuore simbolico e materiale della civiltà Dogon.
La sua unicità deriva dal fatto che qui natura e cultura si fondono in modo inscindibile. Sulle sue pareti e nelle zone circostanti si trovano villaggi costruiti con grande ingegno architettonico, incastonati nelle rocce e perfettamente adattati al paesaggio. Gli insediamenti Dogon sono noti per le abitazioni in terra cruda, i granai dalle forme particolari e soprattutto per le case-torri, che hanno mantenuto nel tempo una struttura quasi intatta. Le case sono distribuite in modo da rispettare un preciso ordine cosmologico, legato alle credenze religiose e alla visione del mondo propria di questa popolazione.
Uno degli aspetti più straordinari riguarda il rapporto tra i Dogon e le popolazioni che li hanno preceduti. Prima del loro arrivo, infatti, la falesia era abitata dai Tellem, un antico popolo scomparso, di cui restano tracce evidenti negli incredibili rifugi rupestri scavati ad altezze vertiginose nella roccia. Queste cavità, difficilmente raggiungibili, erano utilizzate come luoghi di sepoltura e ancora oggi affascinano archeologi ed etnografi per la loro collocazione misteriosa e la loro complessa simbologia. Quando i Dogon giunsero in questa regione, attorno al XIV secolo, occuparono le aree alla base della falesia e adattarono le proprie tradizioni a quelle ereditate dai Tellem, creando così una stratificazione culturale che rende il sito ancora più prezioso.
Dal punto di vista religioso e spirituale, la falesia è al centro della cosmogonia Dogon. La disposizione dei villaggi, dei granai e degli spazi comuni segue schemi che rimandano a figure mitologiche, come l’antenato primordiale o il serpente cosmico. Ogni elemento architettonico ha un significato: ad esempio, i granai maschili e femminili sono distinti e riflettono la divisione dei ruoli nella comunità; i toguna, ovvero le case della parola, sono luoghi di incontro in cui gli anziani discutono e prendono decisioni collettive.
La scelta dell’UNESCO di inserire la falesia di Bandiagara nella lista dei patrimoni mondiali si fonda su più motivazioni. Anzitutto, la straordinaria ricchezza culturale di un popolo che ha mantenuto vive le proprie tradizioni orali, artistiche e religiose. La musica, la danza e soprattutto le maschere Dogon, protagoniste delle celebri cerimonie rituali, sono considerate fra le forme espressive più significative dell’Africa subsahariana. In secondo luogo, la falesia è un esempio eccezionale di adattamento umano all’ambiente naturale, con villaggi costruiti in un equilibrio che non distrugge ma valorizza il paesaggio. Infine, il sito custodisce un patrimonio storico unico, risultato dell’incontro tra civiltà diverse e stratificate nei secoli.
Oggi la falesia di Bandiagara è anche un luogo di grande interesse turistico e antropologico, ma non privo di criticità. La situazione politica instabile del Mali, unita a tensioni sociali e a problemi legati al degrado ambientale, ha reso difficile la salvaguardia di questo patrimonio. Ciononostante, le comunità locali e le istituzioni internazionali continuano a impegnarsi per conservarlo, consapevoli che non si tratta solo di un paesaggio o di antiche costruzioni, ma di una memoria vivente che racconta la storia di un popolo e di un modo di abitare il mondo.
La falesia di Bandiagara, dunque, è molto più di un sito archeologico o di un’attrazione turistica: è un paesaggio culturale unico al mondo, dove ogni villaggio, ogni pietra e ogni rituale testimoniano il legame profondo tra l’uomo e il suo ambiente, e spiegano perché l’UNESCO l’abbia voluto proteggere come patrimonio dell’intera umanità.
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