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A due anni dalla strage di Brandizzo: presidio dei ferrovieri. "Potrebbe capitare ancora"

La manifestazione di sabato 30 agosto richiama le omissioni di un sistema

Brandizzo

A due anni dalla strage di Brandizzo: presidio dei ferrovieri. "Potrebbe capitare ancora"

Il 30 agosto 2025, a due anni dalla notte che cambiò per sempre la stazione ferroviaria di Brandizzo, la memoria non si spegne. Cinque operai – Kevin Laganà, Giuseppe Aversa, Giuseppe Lombardo, Giuseppe Sorvillo e Michael Zanera – persero la vita travolti da un treno mentre erano al lavoro sui binari. Due anni dopo, famiglie, colleghi e associazioni tornano nello stesso luogo, non solo per ricordare, ma per denunciare con forza un sistema che continua a riprodurre le stesse condizioni di rischio che portarono a quella strage.

Il comunicato diffuso dai ferrovieri e dalle sigle sindacali di base è chiaro: “Quello che è accaduto a Brandizzo è destinato a ripetersi”. Una frase che pesa come un macigno e che trova conferma nella lunga lista di incidenti ferroviari avvenuti in Italia negli ultimi due anni: morti a La Spezia, Meina, Sforzacosta, San Bonifacio, feriti a Parma, Roma Termini, Ancona, Cremona. Un bollettino di guerra che testimonia come il mondo del lavoro resti terreno minato, con 873 vittime sul lavoro già registrate entro luglio 2025.

La cronaca di questi giorni segna un paradosso amaro. A fronte delle commemorazioni, arriva la notizia della chiusura delle indagini preliminari sulla strage: accantonata l’ipotesi di omicidio volontario. La giustizia penale si limita a perseguire responsabilità individuali, mentre il nodo politico e strutturale – un’organizzazione del lavoro che mette il profitto davanti alla sicurezza – rimane intatto. “Così funziona da anni”, denunciano i ferrovieri: la prestazione comincia prima della reale interruzione del binario, per non perdere minuti di produttività. La vita dei lavoratori diventa variabile sacrificabile.

Gli organizzatori del presidio non hanno dubbi: RFI non solo non ha fatto tesoro della tragedia, ma ha rilanciato. Con la riorganizzazione avviata nel gennaio 2024, sottoscritta con sindacati definiti “complici”, la logica di fondo è stata potenziata. “Un modello che cancella i tempi e i modi della sicurezza, flessibilizza al massimo gli orari degli operatori e li espone a turnazioni disumane”.

Il presidio del 30 agosto davanti alla stazione di Brandizzo, dalle 14 alle 16.30, non è dunque una semplice cerimonia commemorativa. È un atto politico, di denuncia e resistenza. Microfono aperto per lavoratori, ferrovieri, associazioni e cittadini, perché il rischio è chiaro: se nulla cambia, un nuovo Brandizzo è solo questione di tempo. “Non possiamo arrenderci all’idea che il profitto di qualcuno valga più della pelle degli altri”, scrivono i promotori.

Lo scenario descritto nel volantino diffuso in questi giorni è impietoso: istituzioni silenziose, sindacati complici, organi di controllo inadeguati, media compiacenti. Un quadro che produce rassegnazione e che riduce le tragedie a fatti di cronaca destinati a svanire nella memoria collettiva. Ma i ferrovieri rilanciano: “Gli incidenti mancati sono potenziali Brandizzo, e non possiamo aspettare i morti per muoverci”.

Sul banco degli imputati non ci sono solo le aziende appaltatrici, ma l’intero modello produttivo. Un modello che, dicono, si regge su tempi compressi, sicurezza aggirata, lavoratori ridotti a numeri. Non è un caso che persino i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, in molte realtà, vengano scelti dal datore di lavoro, vanificando ogni funzione di garanzia. Così si riproduce il meccanismo che porta all’incidente come esito annunciato, non come fatalità.

Il presidio di Brandizzo richiama anche un’altra urgenza: ridare dignità alla parola prevenzione. Perché ogni incidente mancato, ogni svio, ogni infortunio, sono campanelli d’allarme. Ignorarli significa accettare la roulette russa della sicurezza.

A convocare la mobilitazione sono Assemblea Nazionale Lavoratori Manutenzione, Assemblea Nazionale PDM & PDB, CUB Trasporti, Cobas, SGB, USB. A sostegno, un fronte ampio di associazioni: Associazione familiari Viareggio “Il mondo che vorrei”, Coordinamento 12 ottobre, Cassa di solidarietà tra ferrovieri, Cub Piemonte, Medicina Democratica, FGC, e le riviste Ancora in Marcia e Cub Rail.

La strage di Brandizzo

Nella notte tra il 30 e il 31 agosto 2023, cinque operai della Sigifer – Kevin Laganà, Giuseppe Aversa, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Sorvillo e Michael Zanera – furono travolti e uccisi da un treno in corsa presso la stazione di Brandizzo, a pochi chilometri da Torino. I lavori erano iniziati prima della sospensione del traffico ferroviario: una violazione fatale.

A quasi due anni di distanza, la Procura di Ivrea ha chiuso le indagini preliminari, notificando 24 avvisi di conclusione indagine: 21 persone e 3 società – RFI, Sigifer e CLF – sono accusati a vario titolo di omicidio colposo, e in alcuni casi disastro ferroviario colposo.

Per l'elenco di tutti gli indagati CLICCA QUI.

Le iniziali ipotesi di omicidio volontario con dolo eventuale sono state abbandonate. Tra gli indagati figurano ex amministratori delegati di RFI, oltre ai capisquadra sopravvissuti e a dirigenti delle società coinvolte.

Il numero degli indagati – significativo per ampiezza e importanza delle figure coinvolte – sottolinea la gravità del sistema di responsabilità. La strage non è stata riconosciuta come un incidente isolato, ma come esito prevedibile di una catena di omissioni e negligenze sistemiche. Nonostante la giurisprudenza abbia ridotto il profilo dell’accusa, la tragedia rimane un monito: senza una svolta culturale e normativa, il sistema produttivo continuerà a produrre morti, anziché prevenirle.

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