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Boomer, Zoomer, Alpha: scopri chi sei davvero… e tu a che generazione appartieni?

Le etichette che dividono le generazioni spiegate senza fronzoli

Boomer, Zoomer, Alpha: scopri chi sei davvero… e tu a che generazione appartieni?

Ci sono parole che entrano nel linguaggio comune e finiscono per definire intere epoche. Termini come boomer, Generazione X, millennial, zoomer o alpha non sono semplici etichette anagrafiche: raccontano modi diversi di vivere il mondo, di rapportarsi alla società, di interpretare il tempo che scorre. Sono scorciatori che i sociologi, i media e perfino la cultura pop hanno costruito per spiegare i mutamenti profondi che attraversano l’Occidente e, progressivamente, il resto del pianeta.

La prima grande etichetta appartiene ai baby boomer, nati fra il 1946 e il 1964, nel pieno della ricostruzione del dopoguerra. Una generazione che ha conosciuto la crescita economica, l’ottimismo diffuso, le rivoluzioni culturali degli anni Sessanta, i diritti civili e una fiducia senza precedenti nelle istituzioni. Numerosi e longevi, i boomer hanno imposto a lungo la loro visione del mondo, dettando i tempi della politica e dell’economia.

Poi arrivarono loro, quelli che lo scrittore canadese Douglas Coupland nel 1991 battezzò come Generazione X. Nati tra il 1965 e il 1980, questi uomini e donne hanno vissuto la transizione dall’analogico al digitale, dal lavoro stabile alla precarietà, dall’ordine lineare della vita — scuola, lavoro, matrimonio, figli — a un’esistenza scandita da scelte rimandate e identità fluide. Coupland aveva ripreso la “X” dal saggio di Paul Fussell Class, dove quella lettera indicava chi rifiutava il denaro, lo status, le convenzioni sociali. Non a caso, la Gen X fu presto soprannominata “la generazione invisibile”, schiacciata numericamente dai boomer, priva di un’identità netta e costantemente a rischio di subalternità.

Il contesto storico ne spiega molto. Cresciuta negli anni del Sessantotto e dell’autunno caldo, si trovò davanti la crisi energetica del 1973, le politiche di austerità e l’avvento della parola ecologia. In Italia conobbe i rapimenti e le stragi degli anni di piombo; in Occidente vide il passaggio dal keynesismo al liberismo di Thatcher e Reagan. Quella fu la generazione che dovette accettare che il posto fisso non fosse più garantito, guadagnandosi il soprannome di “generazione sacrificata” in Canada. E nello stesso arco di tempo assistette a eventi epocali: la caduta del Muro di Berlino, la fine dell’Unione Sovietica, l’avvento di Internet.

Sul piano demografico, la Gen X è ricordata per la cosiddetta “tattica del rinvio”. In Italia, si rinviava matrimonio, figli, indipendenza economica: i trentenni restavano più a lungo a casa con i genitori, tanto che sociologi e giornali finirono per parlare di “sindrome del ritardo” o di “bamboccioni”. In Nord Europa, invece, si sperimentavano convivenze e famiglie “patchwork”, con separazioni e nuove unioni molto più frequenti. In Giappone, chi restava a casa oltre i trent’anni veniva chiamato “single parassita”.

Ma la Generazione X è anche cultura, musica, costume. Sono gli anni in cui esplode MTV, in cui il rock alternativo e il grunge di Nirvana e Pearl Jam diventano inni generazionali, mentre il rap di Tupac e Notorious B.I.G. conquista i giovani. In Italia, la televisione commerciale proponeva Bim Bum Bam e Drive In, mentre i ragazzi si radunavano nelle sale giochi davanti a cabinati e al mitico Commodore 64. Nacquero sottoculture contrapposte: gli yuppie rampanti della “Milano da bere”, i paninari consumisti, i metallari ribelli, fino agli etnonazionalismi che portarono alla nascita della Lega Nord.

Sul finire degli anni Novanta, la Generazione X divenne quella degli “immigrati digitali”, i primi a usare Internet non da nativi ma come scoperta tardiva, tra i rumori gracchianti dei modem dial-up. Una generazione sospesa tra passato e futuro, a metà strada tra i boomer e i loro figli.

Dopo di loro arrivarono i Millennial, o Generazione Y (1981-1996), i veri nativi globali: cresciuti con Internet, segnati dalla crisi economica del 2008, più istruiti dei predecessori e alla ricerca di un equilibrio tra lavoro e vita privata.

Poi è stata la volta della Generazione Z, i cosiddetti Zoomer, nati tra fine anni Novanta e primi Duemila. Figli degli smartphone, dei social, di TikTok e Snapchat, vivono immersi nella comunicazione digitale e segnano un cambio radicale nei consumi culturali.

E oggi si parla già di Generazione Alpha, i bambini nati dal 2010 in avanti. Cresciuti con tablet e intelligenza artificiale, sono stati ribattezzati screenagers: iperconnessi, ma anche esposti al rischio di isolamento e di un rapporto con il mondo mediato dagli schermi.

Oltre all’Alpha, si profila la Generazione Beta, che nascerà dal 2025 in avanti. Sarà figlia dei millennial e degli Zoomer, immersa in realtà virtuale, algoritmi e intelligenze artificiali pervasive.

Questi nomi, in fondo, non sono solo etichette. Sono strumenti che raccontano il mutamento del mondo, segnano le fratture e le continuità, aiutano a capire perché i boomer parlano di sacrifici, gli X di precarietà, i millennial di futuro incerto, gli Z di ansia da prestazione digitale e gli Alpha vivono già in un ambiente dove il confine tra reale e virtuale si assottiglia ogni giorno di più.

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