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22 Agosto 2025 - 10:40
Perché si forma il traffico in autostrada? Il mistero delle code fantasma che trasformano i viaggi in incubi
Le code in autostrada sono una delle esperienze più comuni e frustranti per chiunque si trovi a viaggiare nei grandi spostamenti di agosto o nel traffico dei pendolari quotidiani. Si resta fermi, a passo d’uomo, senza che all’orizzonte si intraveda alcuna causa apparente: né incidenti, né cantieri, né restringimenti della carreggiata. Eppure, il traffico si blocca. Perché succede? Gli ingegneri dei trasporti e i matematici se lo chiedono da decenni, e oggi hanno a disposizione strumenti teorici e pratici per spiegare come nascono le code fantasma, le code a imbuto e i fenomeni che trasformano un’infrastruttura moderna in una lunga fila di auto ferme.
Una prima analogia utile è quella con l’acqua che scorre dentro una tubatura. Immaginiamo i veicoli come particelle d’acqua: scorrono, accelerano e rallentano lungo i condotti, che sono le strade. Ma a differenza dell’acqua, governata da leggi fisiche costanti, gli automobilisti seguono logiche molto più variabili: fretta, stanchezza, distrazione, prudenza. Tutto ciò rende il sistema meno prevedibile.
Il parametro chiave che regola il flusso non è solo la velocità, ma il “costo di percorrenza”. Questo non è soltanto un prezzo economico, ma un insieme di fattori: tempo di viaggio, consumo di carburante, lunghezza del tragitto, qualità della strada, rischio percepito. Ogni automobilista decide il proprio percorso cercando di ridurre al minimo questo costo. Tuttavia, quando milioni di persone prendono decisioni individuali allo stesso tempo, il sistema complessivo può incepparsi.
La variabilità delle scelte è stata studiata dai premi Nobel McFadden e Heckman con la cosiddetta teoria delle scelte discrete. In sostanza, ogni automobilista ha davanti a sé un ventaglio di opzioni (quale strada prendere, quale uscita imboccare, se cambiare corsia o no) e sceglie quella che riduce la sua “disutilità”, cioè il disagio complessivo. Ma le scelte non sono deterministiche: esiste sempre una probabilità che una decisione venga presa, non una certezza.
Questo rende il traffico un sistema probabilistico, non una macchina perfetta. L’aleatorietà dei comportamenti unita a infrastrutture rigide genera squilibri: è qui che nascono le code.
Dal punto di vista tecnico, una rete è definita congestionata quando il costo di percorrenza aumenta al crescere del numero di veicoli che la utilizzano. Se la quantità di auto si avvicina al limite massimo che la strada può sopportare, ci troviamo nella zona di saturazione. In questo contesto, basta un singolo veicolo in più perché il sistema collassi: rallentamenti improvvisi, onde di frenata, blocchi a catena.
Ecco perché, nelle ore di punta o nei rientri di massa, anche in assenza di incidenti, il traffico rallenta fino a fermarsi.
Il caso più evidente è quello delle code a imbuto. Immaginiamo di versare acqua dentro un imbuto: fino a una certa portata, il flusso scorre regolare; ma se l’acqua supera la capacità del collo, inizia ad accumularsi. Lo stesso accade sulle autostrade: quando il flusso di veicoli supera la capacità della carreggiata, l’eccesso non può defluire e si forma la coda.
Un restringimento di corsia, un pedaggio autostradale o semplicemente un tratto a traffico intensissimo possono diventare imbuti perfetti. In questi casi la causa è visibile, fisica, e gli ingegneri possono prevedere il fenomeno con relativa facilità.
Ben più enigmatiche sono le code fantasma, quelle che si formano senza alcuna causa apparente. Tutto nasce da una piccola perturbazione: un’auto cambia corsia in maniera brusca, un conducente frena improvvisamente per distrazione, un altro riduce la velocità per prudenza. Il veicolo che segue reagisce rallentando, quello dietro rallenta ancora di più, e così via. L’effetto si amplifica a catena, creando una vera e propria “onda di shock” che si propaga all’indietro nella fila di auto.
Così, a centinaia di metri di distanza dall’evento iniziale, ci si ritrova completamente fermi senza sapere il perché. Dopo alcuni minuti, il traffico riprende, lasciando dietro di sé solo la frustrazione di un ingorgo inspiegabile.
Studi condotti dal 2017 hanno mostrato che queste onde potrebbero essere attenuate da sistemi intelligenti di controllo delle distanze, capaci di monitorare non solo la distanza dal veicolo che precede, ma anche da quello che segue. Questo tipo di approccio, integrato nei veicoli a guida assistita, potrebbe in futuro ridurre drasticamente la formazione di code fantasma.
Gli ingegneri dei trasporti studiano questi fenomeni con due principali strumenti: la teoria delle onde e la teoria delle code. La prima usa analogie idrauliche per spiegare come un rallentamento si propaghi lungo una rete stradale come un’onda di pressione in un tubo. La seconda adotta un approccio probabilistico, modellando arrivi casuali di veicoli e tempi di attesa.
Grazie a questi modelli, è possibile stimare quanto durerà un ingorgo, quale tratto stradale sarà interessato e come la coda evolverà nel tempo. Sono strumenti preziosi per la progettazione di nuove infrastrutture e per la gestione in tempo reale del traffico.
Nonostante la potenza dei modelli, la realtà resta più complessa. Le città cambiano, le abitudini di viaggio evolvono, i comportamenti dei guidatori sono imprevedibili. Per questo motivo, nessun sistema può eliminare del tutto le code. L’obiettivo realistico è ridurne la frequenza e l’impatto, progettando reti più resilienti e favorendo comportamenti più responsabili al volante.
Non va trascurato l’aspetto psicologico. Per un automobilista bloccato, anche pochi minuti in coda possono sembrare eterni. L’ansia di arrivare, la frustrazione e la sensazione di impotenza amplificano l’esperienza negativa. Questo porta spesso a comportamenti irrazionali, come cambi di corsia frequenti o accelerazioni inutili, che non fanno altro che peggiorare la situazione.
Il futuro della viabilità potrebbe cambiare radicalmente con l’arrivo dei veicoli a guida autonoma e dei sistemi di trasporto intelligenti. Auto capaci di comunicare tra loro, mantenendo automaticamente distanze costanti e adattandosi al flusso, potrebbero ridurre drasticamente gli ingorghi. Già oggi, i sistemi di cruise control adattivo e i limiti di velocità variabili in tempo reale sono primi esempi di come la tecnologia possa smussare le irregolarità del traffico.
Altri strumenti sono legati alla pianificazione urbana: ridurre la concentrazione di spostamenti nelle stesse ore, incentivare il trasporto pubblico, distribuire meglio i flussi. In questo senso, anche lo smart working introdotto durante la pandemia ha mostrato come cambiare le abitudini sociali possa alleggerire la pressione sulla rete stradale.
Le code autostradali non sono soltanto un fastidio, ma un riflesso della nostra società: delle nostre scelte individuali, dei nostri limiti infrastrutturali e della nostra capacità di convivenza. Ogni ingorgo racconta una storia fatta di decisioni simultanee, di piccoli errori che diventano onde collettive, di infrastrutture al limite.
Capire come e perché si formano è il primo passo per affrontarle con maggiore consapevolezza. La tecnologia potrà aiutarci, ma la differenza la farà sempre l’attenzione di chi guida: mantenere la distanza di sicurezza, evitare manovre brusche, rispettare i limiti. Perché spesso, dietro a una coda infinita, basta un solo gesto sbagliato a innescare il domino.
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