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18 Agosto 2025 - 12:37
Vendemmia sotto assedio: che annata sarà per l’Erbaluce?
L’Erbaluce non si arrende. Nonostante l’invasione della popillia japonica, il temibile coleottero di origine asiatica che da anni minaccia la viticoltura piemontese e che ha colpito duramente il Canavese, il vitigno simbolo di questa terra è pronto a regalare un’annata di qualità. Non sarà una vendemmia semplice, ma chi conosce il territorio, le sue vigne, il microclima e le dinamiche della campagna, sa che la forza dell’Erbaluce risiede nella sua resilienza agricola e nella capacità dei produttori di reagire anche davanti alle avversità più dure.
La minaccia dell’insetto, che secondo Coldiretti ha provocato danni da 10 milioni di euro solo nel comparto Erbaluce, ha lasciato segni visibili: fogliame divorato, filari anneriti, uve in ritardo nella maturazione. In alcune aree – come Mazzè, Macellio e Piverone – la devastazione è tale che interi appezzamenti non verranno vendemmiati. Eppure, nel complesso, la vite ha reagito, e la maggior parte dei vigneti mostra segni di ripresa. Un dato non scontato, specie se si considera che l’insetto ha ormai completato il proprio ciclo riproduttivo, deponendo centinaia di migliaia di uova nei terreni agricoli del Canavese. Il peggio, secondo gli esperti, potrebbe arrivare la prossima primavera, con una nuova ondata di larve pronte a nutrirsi delle radici.
A preoccupare i viticoltori è soprattutto il futuro, più ancora del presente. Gli interventi previsti dal piano regionale sono stati applicati quasi ovunque – tranne nei vigneti condotti con metodo biologico, dove i trattamenti contro la popillia non sono consentiti – ma manca una strategia scientifica chiara per contrastare in modo definitivo un parassita che ancora oggi è poco conosciuto nella sua biologia. Per ora, si interviene sulle conseguenze, ma non si riesce a prevenire le cause.
Eppure, sul campo, si continua a lavorare con determinazione. La raccolta sarà anticipata rispetto agli anni passati: per la base Spumante si comincerà già alla fine di agosto, mentre per il Passito e il fermo Docg si procederà nelle settimane successive, con l’obiettivo di chiudere entro settembre. Il clima caldo e stabile ha favorito un ottimo sviluppo dell’acino nelle zone non compromesse dagli attacchi, tanto che le previsioni indicano una vendemmia di buona qualità, con grappoli sani, equilibrati tra acidità e zuccheri, e un potenziale aromatico molto promettente.
Non sarà l’anno del record produttivo, ma nemmeno quello del tracollo. Nelle vasche della Cooperativa Produttori Erbaluce vengono mediamente conferiti 3.000 quintali di Erbaluce Docg e 700 quintali di uvaggi rossi misti. Le stime per il 2025, pur in fase di definizione, non si discostano troppo da questi numeri, segno che il comparto ha tenuto botta nonostante le difficoltà. Anzi, qualche segnale positivo arriva anche dal fronte imprenditoriale: al Consorzio di tutela vini docg Caluso, doc Carema e Canavese, si sono iscritti due nuovi produttori della zona di Rivara, portando a 39 il numero totale degli aderenti.
Anche il mercato continua a premiare l’Erbaluce, soprattutto nella ristorazione d’eccellenza, dove il vino canavesano – nelle sue tre versioni, fermo, spumante e passito – trova spazio sulle carte dei vini più attente alla qualità e alla tipicità. La produzione complessiva di quasi un milione di bottiglie all’anno resta stabile, nonostante gli imprevisti climatici e parassitari. Il mercato estero rappresenta una parte minima dell’export, soprattutto verso gli Stati Uniti, e quindi eventuali tensioni commerciali o dazi internazionali non spaventano i viticoltori del Canavese.
La chiave del successo, secondo il Consorzio, è la qualità dell’uva, sempre più alta grazie a una migliore gestione dei vigneti, a investimenti costanti nella promozione e a un’attenta selezione dei mosti. Il caldo persistente, pur essendo un fattore critico per altri aspetti, ha paradossalmente favorito la maturazione delle uve, regalando grappoli più ricchi e strutturati. I vini prodotti con questa materia prima avranno un profilo morbido e longevo, simile a quello dei bianchi del Sud Italia, con cui l’Erbaluce condivide sempre più spesso l’intensità aromatica e il corpo.
Ma tutto questo potrebbe non bastare se non si trova una soluzione al problema della popillia japonica, che rischia di compromettere gli equilibri agronomici di un territorio che ha fatto dell’identità vinicola un elemento di riscatto economico e culturale. Il Canavese, che da anni combatte con le difficoltà legate alla marginalità geografica, all’invecchiamento della popolazione agricola e alla concorrenza di altri territori vitivinicoli, non può permettersi di arretrare. La battaglia per salvare l’Erbaluce non è solo quella di una vendemmia: è una sfida più ampia, che riguarda l’agricoltura di qualità, la tutela del paesaggio, la sopravvivenza economica di centinaia di famiglie e aziende.
Se le istituzioni non vorranno assistere al declino di una delle denominazioni storiche del Piemonte, sarà necessario rafforzare gli strumenti di ricerca e intervento fitosanitario, ma anche garantire sostegni diretti a chi combatte in trincea contro un nemico piccolo ma devastante. Perché la popillia japonica non sarà l’ultima minaccia: ma se l’Erbaluce resisterà anche stavolta, sarà grazie a chi, ogni giorno, continua a credere che un vino possa raccontare la storia di un intero territorio.
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