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Studenti abbandonati tra le colline del Canavese: niente mezzi per la scuola

Chi vive in paese deve accompagnare i figli a Busano per prendere un pullman: il caso Front come quello di Barbania

Studenti abbandonati

Studenti abbandonati tra le colline del Canavese: niente mezzi per la scuola

A Front, così come a Barbania e in altri piccoli comuni canavesani, i giovani che frequentano le scuole superiori sono spesso abbandonati a se stessi, o meglio, ai propri genitori. Perché la rete dei trasporti pubblici continua a mostrare falle evidenti, inaccettabili in un’area che si definisce “servita” e integrata nel bacino scolastico dell’alto Canavese.

Una mamma residente a Front, madre di uno studente dell’Istituto Superiore 25 Aprile di Cuorgnè – uno dei poli scolastici più grandi della zona, con indirizzi come il liceo delle Scienze umane, l’Istituto tecnico e il professionale – ci ha raccontato un disagio tanto comune quanto ignorato dalle istituzioni. “Purtroppo anche Front è una vergogna su questo aspetto”, commenta, esasperata. E il suo sfogo riassume bene la frustrazione di molte famiglie.

Per raggiungere Cuorgnè, gli studenti devono prima arrivare a Busano, dove passa uno dei pochi pullman che prosegue verso le scuole. Peccato che da Front a Busano non ci sia alcuna linea pubblica, né navetta, né convenzione comunale. Risultato: genitori costretti ogni mattina ad accompagnare i figli in auto, chilometri di tragitto sulle spalle di chi lavora, con orari spesso incompatibili con quelli scolastici.

Il caso è analogo a quello di Barbania, dove i consiglieri di opposizione denunciano da settimane la mancanza di un collegamento con Front, unico snodo utile per accedere ai mezzi diretti verso le scuole, gli ospedali e i servizi. In entrambi i paesi, le famiglie che non dispongono di un’automobile o di una rete familiare di supporto restano tagliate fuori. A pagarne le conseguenze sono gli studenti, costretti a rinunciare all’autonomia o, peggio, a fare lunghi tratti a piedi anche in inverno, sotto la pioggia, con zaini pesanti e zero alternative.

La questione non è nuova, ma sembra invisibile per le amministrazioni. Non si parla solo di disagio, ma di disuguaglianza strutturale, perché chi nasce in un piccolo comune viene sistematicamente penalizzato. Non esistono programmazioni regionali coerenti per assicurare la mobilità scolastica, nonostante i fondi pubblici per il trasporto esistano e vengano stanziati ogni anno. Il problema è sempre lo stesso: nessuna volontà politica di investire in ciò che non “fa scena”.

Nel caso specifico di Front, bastava uno studio minimo sui flussi scolastici per capire che centinaia di studenti si dirigono ogni giorno verso Cuorgnè. I dati sono chiari, ma vengono ignorati. Per le famiglie, invece, ogni mattina è una corsa contro il tempo, ogni mese un salasso in benzina, ogni inverno un timore in più. Non tutte le famiglie possono permettersi due auto, orari flessibili o turni ritagliati sulle esigenze scolastiche.

Questo vuoto infrastrutturale contribuisce a desertificare i paesi, costringe chi può a cambiare residenza o scuola, e spacca in due il diritto allo studio. Perché non basta garantire l’offerta formativa: bisogna anche permettere ai ragazzi di arrivarci. Invece, in molte zone del Canavese, l’accesso alla scuola superiore dipende dal codice postale, in un’Italia che si scopre sempre più diseguale anche a pochi chilometri da Torino.

La denuncia dei genitori e dei consiglieri comunali ha il merito di portare alla luce un problema che resta sistematicamente fuori dai radar istituzionali. Ma serve ben altro: una rete di trasporto pubblico ripensata in chiave scolastica, fondata su orari compatibili, tratte dirette e tariffe sostenibili, magari con il coinvolgimento diretto dei Comuni e delle famiglie.

Il rischio, altrimenti, è quello di continuare a ignorare una generazione di studenti isolati, che per studiare devono dipendere dall’auto di mamma e papà o dalla buona sorte di un passaggio. E in uno Stato che si dice civile, questo non dovrebbe succedere.

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