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Crolla la giustizia piemontese, anche Ivrea ne paga il prezzo: l'appello della Procuratrice Musti

Nel distretto più grande d’Italia mancano risorse umane e struttura. A Torino esplode la crisi, ma a risentirne sono anche le 11 Procure, tra cui Ivrea

Torino scoperta nei processi di mafia e terrorismo. L’appello della procuratrice Musti

Anche a Ivrea la giustizia arranca. Dietro le parole nette della procuratrice generale di Torino, Lucia Musti, c’è un messaggio che tocca da vicino il nostro territorio. In un’intervista al Corriere di Torino, Musti ha parlato di una situazione “drammatica” negli uffici del distretto piemontese, il più grande d’Italia. Una realtà che comprende undici Procure, tra cui proprio quella di Ivrea, e che oggi soffre una scopertura media del 36,6% del personale amministrativo.

Una situazione lavorativa che nel settore privato sarebbe sfociata, già da tempo, nella più insanabile bancarotta” ha dichiarato Musti, sottolineando come l’assenza di personale non sia più un dettaglio tecnico, ma una condizione strutturale che mette a rischio la tenuta stessa del sistema giustizia.

La Procura di Ivrea, così come quelle di Aosta, Biella, Cuneo, Novara, Verbania, Vercelli e Alessandria, rientra sotto la giurisdizione della Corte d’Appello di Torino. Ed è proprio il capoluogo piemontese, insieme alla Procura dei Minori e alla Procura generale, a presentare le maggiori difficoltà numeriche. Ma l’intero impianto, Ivrea compresa, è coinvolto nel sottodimensionamento: “La realtà è che il distretto del Piemonte e della Valle d’Aosta è sottodimensionato in rapporto all’attività di vigilanza e controllo su undici Procure, la lettura delle sentenze di undici tribunali, gli appelli da sostenere e molto altro”, ha spiegato Musti.

Una situazione che si trascina da anni, peggiorata dalla mancanza di investimenti strutturali, dal ricambio lento del personale e da riforme che, pur promesse, non hanno mai inciso sul nervo scoperto degli uffici amministrativi.

Per quanto riguarda l’organico dei magistrati, la procuratrice generale ha riconosciuto che la situazione è complessivamente positiva, almeno sulla carta: “La situazione è positiva in tutte le Procure del distretto che, tra trasferimenti e le prime nomine dei Mot, avranno quasi o completamente l’organico pieno, tranne Torino”. Ma il vero nodo resta la quantità eccessiva di lavoro in rapporto alle risorse disponibili.

Il Tribunale di Ivrea, ad esempio, regge con fatica procedimenti delicati su casi di criminalità organizzata, violenza domestica, reati ambientali, cybercrime. A febbraio scorso, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, la procuratrice generale reggente Sabrina Noce aveva già lanciato un primo allarme: Ivrea è terreno esposto alla criminalità organizzata, proprio perché ritenuto vulnerabile a causa della fragilità dell’apparato giudiziario. Un’affermazione che oggi, alla luce delle parole di Lucia Musti, risuona come una conferma.

La Procuratrice Generale Lucia Musti con la Procuratrice di Ivrea Gabriella Viglione

A Torino, intanto, si moltiplicano i fronti aperti: “Torino è distrettuale, anche su Aosta, e ha grossi processi di ‘ndrangheta. Oltre al fatto che l’asticella è molto alta per eversione e terrorismo, anche quello storico, se pensiamo al processo in corso alla corte d’Assise di Alessandria per i fatti di sangue alla Cascina Spiotta. Poi ci sono l’antagonismo e i centri sociali. Anche un evento con finalità lecite, culturali e condivisibili nel pensiero, come il Festival dell’Alta Felicità, è diventato scenario di gravissimi disordini. C’è stata una chiamata alle armi che è andata oltre i confini nazionali e che ha portato pericolosi rivoltosi, travisati, a compiere atti di guerriglia” ha dichiarato Musti.

E ha aggiunto che la Digos sta lavorando in tempi stretti a una prima segnalazione di reato, anche alla luce delle nuove fattispecie introdotte dal decreto Sicurezza. Quanto all’assoluzione dei militanti Askatasuna e No Tav dall’accusa di associazione per delinquere, la Procura generale ha già annunciato che sosterrà con convinzione l’appello.

Ma il nodo centrale resta quello delle risorse. “Se veramente la riforma della giustizia risolvesse tutti i problemi, sarei anche disposta ad accettarla”, ha detto Musti. Un modo per dire che non basta cambiare le norme se non si garantiscono le condizioni minime per applicarle: spazi, strumenti, personale.

Nel frattempo, a Ivrea come altrove, i procedimenti si accumulano, le udienze si allungano, e il rischio è quello di un arretrato ingestibile. Si continua a lavorare grazie all’abnegazione di magistrati, cancellieri e amministrativi che fanno il doppio del lavoro in metà del tempo, ma i limiti sono evidenti e sempre più pericolosi.

Un distretto che dovrebbe essere un presidio di legalità rischia di diventare una macchina inceppata. E a pagarne il prezzo saranno, ancora una volta, i cittadini. Anche – e soprattutto – quelli di Ivrea.

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