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“Vola amore. Ora sei libero”: addio ad Alessandro, il piccolo guerriero di Caselle che ha insegnato al mondo cosa significa vivere davvero

Un bambino guerriero: l'indimenticabile lezione d'amore e coraggio di Alessandro Pizzolla, che ha vissuto intensamente ogni attimo nonostante una malattia implacabile

“Vola amore. Ora sei libero”: addio ad Alessandro, il piccolo guerriero di Caselle che ha insegnato al mondo cosa significa vivere davvero

“Vola amore. Ora sei libero”: addio ad Alessandro, il piccolo guerriero di Caselle che ha insegnato al mondo cosa significa vivere davvero

Eri solo un bambino ma hai affrontato tutta questa merda ingiusta a testa più che alta. Ora ti pensiamo cosi, libero e felice. Vola amore”. Con queste parole, semplici e laceranti, Alice e Riccardo, i genitori di Alessandro Pizzolla, hanno annunciato che il loro piccolo si è spento. Se n’è andato come aveva vissuto negli ultimi mesi: con dignità, con un sorriso che resisteva al dolore, con il coraggio che non dovrebbe mai servire a un bambino.

Aveva solo sei anni. Ne avrebbe compiuti sette a settembre. Troppo pochi per salutare il mondo, eppure abbastanza per cambiarlo, almeno per chi ha avuto il privilegio di conoscerlo. Alessandro era un bambino originario di Verolengo, da tempo trasferito con la sua famiglia a Caselle Torinese per stare vicino all’Ospedale Regina Margherita di Torino, il luogo in cui ha combattuto la sua lunga, estenuante battaglia contro un neuroblastoma metastatico.

Una malattia rara, spietata, infame. Un nemico che si è preso ogni cosa: il tempo, le forze, l’infanzia. Ma non è mai riuscito a toccare la sua luce. Alessandro lo ha sfidato con gli occhi pieni di sogni, con la voglia di tuffarsi in piscina, con la fantasia di un gamer che costruisce mondi per fuggire dal dolore. Lo ha affrontato con un’energia inspiegabile, con una vitalità che ha lasciato senza parole medici, infermieri, amici, perfetti sconosciuti. Chiunque incrociasse il suo sguardo capiva subito di essere davanti a qualcosa di straordinario.

A maggio, quando avevamo raccontato la sua storia, avevamo scritto che forse gli restava solo un’estate. Una sola. Ma sarebbe stata l’estate più piena, più viva, più urgente. Un’estate da vivere tutta d’un fiato, come chi ha capito che ogni giorno può contenere un mondo. Un’estate per ridere, giocare, amare. E così è stato. La sua famiglia ha trasformato ogni giorno in un dono, ogni desiderio in un progetto da realizzare, ogni ora in una carezza.

C’erano le bibite americane da assaggiare – quelle viste nei video, come la Mountain Dew e la rara Crush. C’era una piscina da montare in giardino. Una Lamborghini da vedere, magari da toccare. Un iPad per registrare i video che avrebbe voluto caricare su YouTube, come i suoi streamer preferiti. Perché anche se il tempo era poco, la voglia di sognare non si era mai spenta. Anzi. Era diventata più forte. Più limpida. Più vera.

“Il tempo di Ale”, avevano chiamato così quel tempo prezioso. Non si misurava in ore o in giorni. Si misurava in sorrisi, in abbracci, in respiri profondi sotto il sole. Momenti. Pieni di luce. E oggi, mentre il cuore di Ale ha smesso di battere, quei momenti diventano eterni. Restano incisi nella memoria di chi lo ha amato. E diventano un lascito per tutti noi.

I suoi genitori hanno raccontato tutto con amore e lucidità. Non hanno mai nascosto il dolore. Ma lo hanno illuminato con una dolcezza disarmante, con una verità che ha spezzato il cuore di chiunque abbia letto la loro storia. Hanno scelto di raccontare. Di condividere. Di non avere paura della parola più difficile: morte. Perché solo chi ama profondamente può avere la forza di guardarla in faccia, e trovare il modo di trasformarla in luce.

Avevano detto: “Ora vogliamo che Alessandro sia bambino. Che viva. Che faccia tutto quello che in questi due anni non ha potuto fare”. E così è stato. Hanno messo da parte la disperazione. L’hanno chiusa in un cassetto, sapendo che prima o poi sarebbe tornata a farsi sentire. Ma non ora. Ora c’era da vivere. Ora c’era da sorridere. Ora c’era da costruire attimi di felicità.

Nel racconto delicato degli ultimi giorni, scritto sui social quasi con pudore, c’erano i farmaci palliativi che avevano riportato “il nostro bambino chiacchierone e sarcastico”. Il ritorno a casa. La sua gioia nel vedere amici e familiari, nel stare finalmente tra le sue cose, nella sua cameretta, con il suo mondo. Il sorriso di Ale, che non sapeva nulla, ma che capiva tutto. Anche Lele, il fratello più grande, era stato protetto da tutto. Anche per lui c’erano ancora risate da vivere, giochi da inventare, ricordi da custodire per tutta la vita.

Alessandro è volato via. Ma non se ne va davvero. Perché ha lasciato qui qualcosa di immenso. Un amore che non finisce. Un esempio che resta. Ha lasciato l’immagine di un piccolo guerriero con gli occhi grandi e il cuore ancora più grande. Un bambino che, nel tempo che gli è stato concesso, ha vissuto più intensamente di molti adulti. Un bambino che ha saputo essere figlio, fratello, amico, maestro. Maestro di vita, nel senso più alto e nobile del termine.

Ci ha insegnato che la vita non si misura in anni, ma in sogni realizzati. In amore donato. In tempo condiviso. Ci ha insegnato che ogni desiderio può diventare un faro. Che ogni attimo può essere eterno. Che non conta quanto resta, ma cosa scegli di fare con quel poco che hai.

Oggi piange una famiglia. Piange una comunità. Piangono i medici e le infermiere che lo hanno curato, le mamme che hanno organizzato raccolte fondi, le persone che lo hanno accompagnato anche solo per un tratto del suo cammino. Ma in quel pianto, c’è anche una gratitudine profonda. Per aver conosciuto un’anima così limpida. Per aver imparato da lui cosa significa essere forti. Davvero forti.

Ora Alessandro è libero. Libero dal dolore. Libero dalla paura. Libero come tutti i bambini dovrebbero essere. Ora vola. Vola in un luogo dove nessuno lo può più ferire. Dove i sogni non hanno più un tempo. Dove ogni desiderio è già realtà.

E allora sì, vola amore. Vola alto. Più in alto di tutto. Più in alto del male. Più in alto del buio.

E se mai gli angeli si perdessero, insegna anche a loro come si fa a vivere con la testa alta, anche quando il mondo ti crolla addosso.

Ci hai insegnato tutto, piccolo Ale. Il tuo tempo è stato breve ma pieno di luce...

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