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Figli di due mamme: Lo Russo firma il riconoscimento per quattro coppie

Il sindaco di Torino ha firmato il riconoscimento ufficiale per quattro coppie omogenitoriali alla presenza di bambini e famiglie, mettendo fine ad una prassi discrezionale

Foto di repertorio

Foto di repertorio

A Torino, quattro coppie omogenitoriali hanno ufficialmente registrato la propria genitorialità: il riconoscimento è stato formalizzato con la firma del sindaco Stefano Lo Russo, che ha sancito un diritto divenuto finalmente concreto. Tutto grazie alla sentenza n. 68 del 22 maggio 2025 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale il divieto per la “madre intenzionale” — cioè la compagna non biologica — di riconoscere come proprio il figlio nato in Italia tramite procreazione medicalmente assistita (PMA) legittimamente praticata all’estero.

Lo Russo ha sottolineato: «Grazie alla sentenza … questo diritto potrà essere garantito ora andando in qualsiasi sede dell’anagrafe». Un passo avanti decisivo, perché «il riconoscimento in questo modo non è più discrezionale» — come avveniva in passato, quando era necessaria una procedura particolare tramite il Comune. Non a caso, «è dovuta intervenire la Corte costituzionale, perché non lo ha fatto il Parlamento. Speriamo che ciò stimoli il Parlamento a legiferare».

Le quattro coppie di mamme che hanno visto riconosciuta la loro genitorialità

Lo Russo definisce questo riconoscimento «un punto intermedio, dopo un percorso lungo, faticoso, in punta di diritto». È stato ricordato che l’attuale assessora Chiara Foglietta fu la prima cittadina, nel 2018, ad aver riconosciuto il figlio come mamma intenzionale a Torino, grazie alla direttrice Anna Tornoni, e che precedenti amministrazioni avevano compiuto atti analoghi con atti di discrezione sul riconoscimento.

Tra le quattro mamme che hanno usufruito del riconoscimento vi sono Serena Villani e Francesca Isernia, la cui storia racconta la fatica quotidiana dei neo‑genitori non ancora riconosciuti entrambi. Serena spiega: «Per le vaccinazioni in ospedale posso andare solo io … perché è come ci fosse un genitore solo». Il loro bambino ha sei mesi, e già si sono scontrate con i primi problemi pratici legati all’assenza della mamma intenzionale nel certificato ufficiale: «Questa sentenza è per il futuro di tutti i bambini … per non avere bimbi di serie A e di serie B».

Anche Chiara Romei e Alice Baldacci, che hanno due figli, hanno raccontato il loro percorso: «Per la prima, che ora ha quasi quattro anni, ci aveva firmato il riconoscimento l’ex sindaca Appendino, come coppia eterosessuale… abbiamo due fratellini con diritti diversi tra loro». Il secondo parto è stato complicato e la mamma non riconosciuta ha vissuto ulteriori difficoltà burocratiche ed emotive.

La Corte ha dichiarato incostituzionale l’art. 8 della legge 40/2004 nella parte in cui non prevede che il figlio nato in Italia tramite PMA estera, con consenso informato di entrambe le donne, abbia lo status di figlio riconosciuto dalla madre intenzionale. Il giudice delle leggi ha fatto leva su tre articoli costituzionali: l’art. 2 sull’identità personale del minore e il diritto a uno stato giuridico certo, l’art. 3 sul divieto di discriminazione e l’art. 30 sul diritto del minore all’educazione e assistenza da entrambi i genitori.

Dal 29 maggio 2025, giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, le madri intenzionali possono riconoscere come propri i figli già alla nascita, senza più necessità della complessa procedura di stepchild adoption né di autorizzazioni discrezionali degli enti locali. Gli ufficiali di stato civile possono formalizzare il riconoscimento autonomamente, senza deleghe speciali dal sindaco, grazie all’uniformità del modulo “Riconoscimento di filiazione”.

L'assessora Chiara Foglietta

Non è l’unica conquista. Il 21 luglio 2025, la Corte ha anche stabilito che la madre intenzionale ha diritto al congedo obbligatorio di paternità (dieci giorni), come il padre biologico, se legalmente registrata come genitore fin dalla nascita. Anche questa pronuncia segna un avanzamento nei diritti delle famiglie arcobaleno, ponendo il riconoscimento legale alla base dei diritti lavorativi e sociali.

La Consulta ha più volte rimarcato che il riconoscimento dell’omogenitorialità non è un obbligo costituzionale, ma, in assenza di una legge nazionale, i tribunali e gli ufficiali di stato civile devono garantire tutela giuridica concreta al minore. Il rischio, sottolineato anche da Lo Russo, è che i diritti vengano conquistati caso per caso, anziché essere garantiti con una legislazione organica. Serve una legge che riconosca esplicitamente i diritti delle coppie dello stesso sesso: dal matrimonio egualitario, auspicato dall’amministrazione torinese, a un quadro stabile per adozioni, filiazione e diritti sociali.

La vicenda delle quattro mamme torinesi rappresenta non solo un risultato concreto, ma un segnale politico e sociale: cambiamenti che nascono dal basso, che si fondano su sentenze della Corte, e che richiedono ora un impegno legislativo per diventare strutturali. Per tante famiglie, fino a ieri invisibili sul piano giuridico, si apre una nuova stagione. Ma il diritto non è ancora completo. Serve coraggio politico e una legge che accolga il principio costituzionale dell’uguaglianza, affinché ogni bambino abbia gli stessi diritti — a prescindere dalle circostanze della sua nascita o dalla composizione della sua famiglia.

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