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Mamme, ma non per la legge: finisce l’ingiustizia per Glenda e Isabella, prime a far cambiare la norma

Storica sentenza della Consulta: incostituzionale il divieto di riconoscimento per la madre non biologica nei casi di procreazione assistita all’estero. Le due donne: “È stato un calvario, ma ne è valsa la pena”

Mamme, ma non per la legge

Mamme, ma non per la legge: finisce l’ingiustizia per Glenda e Isabella, prime a far cambiare la norma

“Non pensavamo che saremmo state le prime”. Glenda Giovannardi e Isabella Passaglia, sposate, madri di due bambini, oggi possono finalmente tirare un sospiro di sollievo. Dopo mesi di battaglie legali e incertezze, è arrivata la storica sentenza della Corte Costituzionale: è incostituzionale vietare alla madre intenzionale – cioè quella che non ha partorito, ma ha scelto e cresciuto il figlio – di riconoscere come proprio un bambino nato da procreazione medicalmente assistita praticata all’estero, se effettuata nel rispetto della legge locale.

Una decisione che cambia la vita a loro e a tante altre famiglie omogenitoriali italiane, soprattutto dopo la circolare del ministro Piantedosi che nell’aprile 2023 aveva di fatto bloccato i riconoscimenti automatici per questi bambini. Per Isabella e Glenda, mamme di una bimba di tre anni e di un bimbo nato il 3 aprile 2023 a Lido di Camaiore, quel documento significava una sola cosa: la madre intenzionale non poteva essere legalmente riconosciuta come tale.

«È stato un calvario», raccontano. Paura in ospedale, per l’identificazione della madre non biologica; paura per i diritti successori, nel caso in cui fosse venuta a mancare la madre biologica; paura anche per la scuola, perché non sempre è scontato poter prendere il proprio figlio se non si è riconosciuti legalmente come genitori. E soprattutto, una ferita affettiva profonda: “Avevamo una figlia riconosciuta e un figlio no – dice Isabella – sembrava assurdo”. Così si sono affidate all’avvocato Vincenzo Miri, presidente della Rete Lenford. E proprio il loro caso, scelto dalla Procura di Lucca per sollevare la questione di legittimità, è arrivato fino alla Consulta.

La Corte ha dato ragione a loro. E indirettamente, a centinaia di famiglie nella stessa situazione. Il riconoscimento del bambino da parte della madre intenzionale non può essere vietato quando si tratta di un progetto genitoriale condiviso e legittimo. Una vittoria civile e costituzionale che apre la strada a nuove tutele e, forse, a una maggiore equità per tutti i figli.

«È una sensazione indescrivibile», dice Glenda. «Io ho anche la lacrima facile – scherza – ma oggi piangiamo di gioia. Non è cambiato nulla nei nostri sentimenti, ma da oggi nostro figlio è finalmente protetto». La sentenza, però, non affronta la questione delle donne single escluse dalla PMA, che per Glenda «dev’essere la prossima battaglia». La strada per i diritti è ancora lunga, ma oggi, almeno per una famiglia, la giustizia ha fatto il suo corso.

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