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Raoul Bova nel tritacarne social: "Una macchina infernale" innescata da Corona

La controversia degli audio di Raoul Bova: tra accuse, smentite e un potenziale caso di violazione della privacynel caos del "nuovo Far West digitale"

Raoul Bova nel tritacarne social: "Una macchina infernale" innescata da Corona

Raoul Bova (foto Instagram)

Sembra destinata a proseguire tra accuse incrociate e verità discordanti la vicenda degli audio privati di Raoul Bova, finiti al centro di un presunto caso di ricatto e violazione della privacy. Protagonisti: la modella 23enne Martina Ceretti e il pr milanese 29enne Federico Monzino, entrambi ascoltati dagli inquirenti, entrambi coinvolti nella diffusione del materiale, entrambi ora alle prese con una narrazione che si sgretola tra smentite, giustificazioni e scaricabarile.

I file audio – resi pubblici da Fabrizio Corona – sono ormai diventati materiale virale sui social. Meme, citazioni, commenti, perfino ironie da parte di alcuni brand. Di fronte al vortice mediatico, l'avvocato dell’attore, David Leggi, lancia un monito: "Si è innescato un voyeurismo di bassa lega, una macchina infernale che non guarda in faccia a nessuno, né alle persone coinvolte né ai loro figli. Siamo nel nuovo Far West digitale."

corona

Intanto, resta tutta da chiarire la catena di responsabilità dietro quella che è già stata definita una fuga di contenuti riservati. Il fascicolo è finito sul tavolo della Procura di Roma, che indaga per tentata estorsione ai danni di Bova, ma gli inquirenti non escludono ulteriori ipotesi di reato: ricettazione, certo, ma anche violazione della privacy.

Il presunto triangolo – Ceretti, Monzino, Corona – è un intreccio tutt'altro che lineare. Le versioni dei protagonisti non coincidono. La modella sostiene di aver condiviso in buona fede alcuni audio e chat con Monzino, senza alcuna intenzione di danneggiare l’attore. Ma il pr, intervistato da Repubblica, offre una ricostruzione diversa: "Sono stato io a inviare tutto a Corona. Martina mi aveva appena girato il materiale sul telefono e mi ha dato il consenso esplicito a inoltrarglielo."

Secondo Monzino, "l’idea iniziale era quella di far emergere Martina, che desiderava diventare famosa. Io ho solo fatto da tramite. Il materiale non è stato rubato o trafugato, ma condiviso con piena consapevolezza, in mia presenza, senza manipolazioni." Ma poi, racconta, "quando Martina ha capito cosa Corona avrebbe voluto pubblicare, si è spaventata. Mi ha chiesto di fermare tutto. E io ho rispettato la sua volontà, facendo di tutto per bloccare la diffusione. Anche lei ha chiesto a Corona di non pubblicare nulla. Ma lui ha agito di testa sua, ignorando tutto, costruendo un racconto che non corrisponde alla realtà."

Sull’ipotesi di ricatto a Raoul Bova, Monzino nega ogni coinvolgimento: "Non ho mai ricattato nessuno e non ho mai avuto intenzione di farlo. Non sono indagato, sono semplicemente stato informato dei fatti, come Martina e Corona."Ai poliziotti che gli hanno chiesto se fosse lui l’autore del presunto ricatto, avrebbe risposto: "Assolutamente no. Mi è stato anche chiesto se avessi idea di chi possa essere stato, ma non lo so. Non ho idea di chi abbia inviato quel messaggio anonimo a Bova, lo giuro. Le altre domande erano generiche, sulla situazione."

Ma gli stessi investigatori avrebbero messo a verbale una denuncia formale, destinata a diventare un’informativa per la Procura con possibili ulteriori sviluppi nelle prossime ore. Resta da capire, per esempio, a chi appartenga il numero spagnolo da cui sarebbero partiti i messaggi anonimi rivolti all’attore, e se per la cessione di quei file ci sia stato un compenso – in denaro o altro. Gli inquirenti sono al lavoro per stabilire se ci sia stata una moneta di scambio dietro la pubblicazione.

Nel frattempo, la rete continua a ruminare il caso come un pasto morboso e senza fine. E mentre il nome di Raoul Bova viene trascinato nei meandri del gossip digitale, il suo legale invita a una presa di coscienza: "Le azioni su cui si indaga hanno attivato un circuito web pericoloso, incontrollato, dove si diffonde materiale sensibile la cui natura non è ancora neppure stata accertata. Una macchina infernale – ribadisce Leggi – che non distingue tra cronaca e cattiveria, tra diritto all’informazione e puro voyeurismo. E i figli delle persone coinvolte? Chi li protegge? Il web e i social sono diventati il nuovo Far West."

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