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28 Luglio 2025 - 11:56
Torino lancia l'allarme: troppi minori e poche famiglie disposte ad accoglierli
Torino sta affrontando una delle sue emergenze sociali più silenziose e, forse per questo, più sottovalutate. Il numero di famiglie affidatarie è in netto calo e l’intero sistema dell’accoglienza rischia il collasso. A certificarlo sono i numeri emersi dalla commissione Sanità e Servizi Sociali del Comune, presieduta da Vincenzo Camarda, che mostrano come, alla fine del 2024, i minori accolti in famiglia fossero 1.390. Un dato ancora superiore – ma di poco – ai 1.257 bambini e ragazzi ospitati in strutture residenziali, spesso più simili a dormitori che a case vere.
Si sta erodendo quel fragile equilibrio tra affido familiare e istituzionalizzazione che, per decenni, ha rappresentato un pilastro della tutela dei minori in difficoltà. A pesare su questa crisi è un insieme di fattori economici e culturali. Il primo ostacolo resta la povertà crescente, che rende difficile per molte famiglie immaginare di accogliere un bambino, anche solo temporaneamente. A questo si aggiunge l’aumento dell’occupazione femminile, che ha ridotto la disponibilità di tempo libero per seguire un minore affidato, e una più generale riduzione della natalità: in una società dove si fanno meno figli, cala anche la propensione a prendersi cura di quelli degli altri.
Ma il problema non riguarda solo Torino. È uno scenario nazionale, con numeri ancora più drammatici se si guarda alla situazione dei minori stranieri non accompagnati. In Piemonte, solo il 9,3% di questi ragazzi è accolto in famiglia, mentre a Torino la percentuale crolla all’8%. Il resto vive in strutture collettive, spesso sovraffollate, dove è difficile garantire quell’attenzione individuale che ogni bambino richiede per crescere.
Tra le cause più gravi di questa crisi c’è un dato economico quasi surreale: il compenso previsto per l’affido è fermo al 2004, bloccato a 24 euro al giorno. Una cifra che, oggi, è lontanissima dalle reali esigenze di una famiglia che decide di accogliere un minore, affrontando spese per scuola, trasporti, vestiti, attività extrascolastiche e, soprattutto, assistenza psicologica. È come se in vent’anni i decisori politici avessero rimosso l’inflazione, i cambiamenti sociali e i bisogni delle famiglie, chiedendo loro di supplire allo Stato senza offrirgli strumenti adeguati.
Il Comune di Torino, insieme ad altri enti locali, sta cercando di rilanciare l’affido familiare con nuove campagne di sensibilizzazione e una proposta di adeguamento dei contributi economici, ma la strada è ancora lunga. Senza un intervento deciso da parte del governo centrale, il sistema rischia di implodere. E a pagarne le conseguenze saranno, come sempre, i più fragili.
In un Paese in cui si moltiplicano le parole vuote sulla centralità dell’infanzia, questa vicenda mostra quanto poco valore venga realmente attribuito all'accoglienza. L’affido è un atto d’amore, ma non può più essere lasciato solo alla buona volontà dei cittadini. O si cambia rotta ora, o a breve le strutture saranno l’unico rifugio per centinaia di minori, con un modello che somiglia più all’assistenzialismo d’emergenza che a una vera politica sociale.
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