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22 Luglio 2025 - 15:32
Danni da fauna selvatica, la procura indaga: risarcimenti gonfiati e sopralluoghi fantasma nel torinese
Un sistema opaco, fatto di sopralluoghi anticipati, perizie tardive e rimborsi gonfiati, è finito sotto la lente della Procura di Torino, che ha aperto un’inchiesta sulla gestione dei risarcimenti per danni agricoli causati dai cinghiali nella zona sud della provincia. A far partire l’indagine è stato un esposto del commissario straordinario degli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC), nominato nel 2023 dopo lo scioglimento del precedente comitato di gestione. Le irregolarità riguardano in particolare le aree collinari del torinese e la zona tra Carmagnola, Carignano e Poirino, dove operano circa 1200 cacciatori.
Il quadro che emerge è preoccupante: bilanci mai approvati, assenza di rendicontazione sui rimborsi fin dal 2016, e soprattutto una gestione disinvolta dei fondi regionali destinati al risarcimento degli agricoltori danneggiati da cinghiali e altri animali selvatici. Fondi che — secondo le accuse — sarebbero stati distribuiti senza perizie tecniche coerenti, con gravi anomalie nei documenti allegati.
Tra i casi più eclatanti citati nell’esposto, quello di un danno da 102 quintali di patate distrutte, periziato con 70 giorni di ritardo e liquidato per 120 quintali. In un’altra segnalazione, il sopralluogo per la stima del danno sarebbe stato effettuato due giorni prima della denuncia formale. Firme e timbri presenti nelle pratiche, inoltre, sono ora al vaglio degli inquirenti, che intendono verificare la regolarità delle autorizzazioni trasmesse alla Regione Piemonte.
La questione non è solo tecnica, ma anche politica e ambientale. I rimborsi da fauna selvatica, infatti, rappresentano un nodo critico nella gestione del territorio. Ogni anno, nella sola provincia di Torino, gli indennizzi agli agricoltori superano i 100.000 euro, cifra interamente sostenuta dalla Regione. Il sistema dovrebbe funzionare così: l’agricoltore segnala il danno, un perito effettua il sopralluogo e gli ATC coordinano le attività, garantendo trasparenza e tempestività. Ma nelle aree interessate dall’inchiesta, questo meccanismo pare essersi inceppato, o peggio, trasformato in una prassi irregolare.
Secondo quanto trapela dagli ambienti investigativi, i carabinieri avrebbero già acquisito documenti e ascoltato dipendenti nella sede ATC di Chieri, uno dei centri nevralgici del sistema. La Procura intende ricostruire la filiera delle richieste di rimborso, analizzare il ruolo dei funzionari, dei cacciatori e degli stessi agricoltori, per capire se vi sia stata collusione, negligenza o dolo.
Il commissariamento degli ATC, deciso dalla Città Metropolitana nel 2023, non era stato un fulmine a ciel sereno. Già da tempo, si segnalavano comportamenti anomali e una gestione poco trasparente. L’assenza del bilancio 2022 e la mancata rendicontazione degli anni precedenti erano campanelli d’allarme evidenti, rimasti inascoltati fino all’arrivo del commissario, che ha deciso di denunciare l’intera struttura.
Il caso solleva interrogativi più ampi anche sulla gestione dei cinghiali, che in Piemonte rappresentano una vera emergenza faunistica. Gli agricoltori lamentano campi devastati, raccolti distrutti, recinzioni abbattute. I piani di abbattimento previsti dalla Regione, gestiti proprio dagli ATC con il supporto dei cacciatori, spesso non sono sufficienti. E in questo contesto, il sospetto di speculazioni sui rimborsi peggiora il quadro: se chi dovrebbe tutelare il territorio approfitta del sistema, la fiducia viene meno.
L’inchiesta, ancora in fase iniziale, non ha portato al momento a iscrizioni formali nel registro degli indagati, ma gli atti acquisiti e le testimonianze raccolte indicano la presenza di un sistema diffuso e collaudato, dove i controlli erano assenti o aggirati. Il rischio è che siano stati erogati rimborsi inesistenti o gonfiati, sottraendo risorse pubbliche a chi davvero ha subito danni.
Nel frattempo, il mondo agricolo resta in attesa. Molti produttori chiedono da tempo trasparenza, velocità e semplificazione nelle procedure. E soprattutto che i rimborsi siano equi e basati su valutazioni reali. La vicenda degli ATC nel sud del Torinese mostra invece l’esatto contrario: lentezze, discrezionalità, sospetti. E, forse, una rete di interessi che ha sfruttato le regole a proprio vantaggio.
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