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Cronaca
18 Luglio 2025 - 11:56
Accusati di omicidio, i “lupi di Grugliasco” si prendono la loro rivincita accanto agli educatori cinofili
Una volta erano i “lupi assassini di Grugliasco”. O almeno così li avevano etichettati i titoli di giornale, tra allarmi e giudizi affrettati. Cinque cani lupo cecoslovacchi, due adulti e tre cuccioli, battezzati con nomi epici – Ares, Aragorn, Aylen, Apache e Artù – finiti al centro di un caso mediatico dopo il ritrovamento del corpo senza vita della loro proprietaria. I riflettori si accesero subito su di loro: “sono stati loro”, si disse, senza aspettare accertamenti, senza nemmeno porsi il dubbio che la verità fosse più complessa.
Oggi, a distanza di anni, non esiste alcuna conferma definitiva della loro responsabilità. Quella che resta è una storia di abbandono, negligenza e pregiudizio. Perché dopo l’indagine e lo scalpore iniziale, la vita di questi animali non ha conosciuto alcun riscatto, almeno all’inizio. Furono trasferiti in una pensione a pagamento, una struttura che doveva essere un luogo di riabilitazione, di ascolto, di cura. E invece: nessuna terapia, nessuna socializzazione, nessuna prospettiva. Solo gabbie, isolamento, giorni che passano tutti uguali, senza stimoli, senza rispetto.
Poi, finalmente, qualcosa cambia. Arriva Valentina Gallo, presidente dell’associazione Coda di Lupo Odv. Conosce bene gli ibridi, conosce i cani-lupo e sa distinguere l’istinto dalla patologia, il disagio dalla pericolosità reale. Prende in carico il branco con il suo team, e inizia un lungo lavoro di recupero comportamentale, fatto non di gabbie, ma di tempo, spazio, osservazione, fiducia.
E i risultati non tardano ad arrivare. “Nonostante per anni abbiano avuto zero interazioni, gli animali mostrano competenze sociali ottime”, racconta Gallo. Nessun attacco, nessuna aggressività gratuita. Solo il bisogno di tornare a vivere come cani, non come mostri. Così, giorno dopo giorno, il branco si riorganizza, impara a gestire l’ambiente, si affida. Mostra una resilienza – sì, stavolta la parola ha senso – che è più forte della diffidenza, del trauma, della cattività.
Ma la storia non finisce qui. Anzi, proprio da qui riparte. Da settembre 2025, i cinque lupi saranno protagonisti attivi dei corsi di formazione promossi da Coda di Lupo. Percorsi pensati per chi vuole diventare educatore cinofilo, per padroni che vogliono capire davvero come si vive con un cane-lupo, per professionisti e appassionati che cercano strumenti e consapevolezza, non scorciatoie.
Cinque cani lupo cecoslovacchi
I lupi di Grugliasco non saranno “materiale da osservare”, ma veri partner formativi. Vivranno i corsi insieme ai trainer, mostreranno che un passato difficile non annulla la possibilità di imparare, che il comportamento si può modellare, che l’etichetta di “pericoloso” spesso nasce dalla paura e dall’ignoranza.
E mentre il mercato si riempie di cuccioli lupo venduti a chiunque possa pagare, senza sapere cosa significhi davvero accogliere un animale ibrido in casa, questi corsi diventano anche un presidio culturale ed etico. Un argine contro la moda, contro l’improvvisazione, contro il rischio che altri Ares o altri Apache vengano prima adorati e poi abbandonati.
Il ricavato dei corsi sarà interamente destinato al branco: per le spese veterinarie, per il cibo, per garantire loro una pensione adeguata. Perché oggi vivono grazie all’associazione, che si fa carico di ogni necessità, senza supporti istituzionali, senza sponsorizzazioni, solo con il lavoro volontario e l’impegno civile.
Questa volta, il lupo non è il cattivo. È un testimone. È una vittima della fretta e dell’incompetenza. È un sopravvissuto che cammina accanto all’uomo per insegnargli qualcosa. E questo qualcosa riguarda tutti noi: il rispetto per la natura, il valore del tempo, la capacità di osservare prima di giudicare.
La storia dei lupi di Grugliasco è una lezione. Una lezione che non arriva dai tribunali o dai titoli di giornale, ma dai boschi e dai recinti, dagli occhi di un animale che, nonostante tutto, continua a fidarsi dell’uomo.
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