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17 Luglio 2025 - 15:26
Il Po scende e i laghi calano: scarsità d’acqua imminente
Non è ancora emergenza siccità, ma i segnali sono inequivocabili: il distretto del fiume Po perde acqua, giorno dopo giorno, con una rapidità che preoccupa tecnici e agricoltori. A confermarlo è l’Osservatorio permanente dell’Autorità di Bacino Distrettuale del Po, riunito il 17 luglio a Bologna, che ha evidenziato un calo marcato delle portate fluviali, livelli sotto media nei laghi alpini e un quadro meteo destinato a peggiorare.
Nelle principali sezioni di rilevamento del Po – da Piacenza a Pontelagoscuro – le misurazioni sono tutte al di sotto delle medie stagionali. Il dato più emblematico arriva proprio dalla stazione idrometrica di Pontelagoscuro, in provincia di Ferrara: lì dove fino a pochi giorni fa si registravano 800 metri cubi al secondo, oggi il flusso si attesta su 522 mc/s, con una tendenza alla diminuzione costante.
Il problema, però, non si limita al fiume. Anche i Grandi Laghi alpini, normalmente considerati un “serbatoio” naturale per i periodi caldi, soffrono di una riserva idrica inferiore alla norma. Le situazioni più critiche si osservano già sul Lago Maggiore e sul Lago di Como, entrambi in calo netto, con prospettive ancora peggiori in caso di assenza prolungata di piogge.
E di piogge, secondo le previsioni, non se ne vedranno molte. Il quadro meteorologico per i prossimi giorni sarà caratterizzato da temperature superiori alla media stagionale e da condizioni generalmente stabili, interrotte solo da sporadici temporali estivi di breve durata.
Gli esperti sottolineano che non si è ancora di fronte a una vera emergenza, ma avvertono che le prossime settimane saranno decisive. Le zone più fragili del distretto sono concentrate in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, dove l’irrigazione agricola dipende in larga parte proprio dal Po e dai suoi affluenti.
Tra i corsi d’acqua più colpiti figurano i bacini lombardi di Brembo, Serio, Adda e Ticino, insieme a quelli emiliano-romagnoli dell’Enza, Quaderna, Sillaro, Santerno e Lamone. In molti di questi, la portata è al limite della soglia minima per garantire usi plurimi, tra cui l’agricoltura, la produzione di energia idroelettrica e l’approvvigionamento idropotabile.
Un altro dato preoccupante riguarda il cosiddetto cuneo salino, ovvero la risalita dell’acqua salata dal mare Adriatico lungo il letto del Po. Attualmente si estende per 6-7 chilometri dalla costa, e in caso di ulteriore calo della portata fluviale potrebbe avanzare ancora, mettendo a rischio le falda acquifere e le colture della pianura costiera.
Il fenomeno, aggravato dai cambiamenti climatici e da una gestione sempre più complessa della risorsa idrica, è ormai oggetto di attenzione da parte di agricoltori, enti locali e consorzi di bonifica. Non si parla solo di siccità, ma anche di disponibilità equa dell’acqua, che deve essere ripartita tra settori spesso in competizione tra loro: coltivazioni, industrie, centrali idroelettriche, ecosistemi naturali.
L’Osservatorio permanente tornerà a riunirsi il 31 luglio, ma già oggi si lavora a possibili scenari di emergenza, che potrebbero includere limitazioni agli usi irrigui, razionamenti locali o interventi straordinari per il contenimento del cuneo salino.
La situazione attuale conferma una tendenza ormai consolidata: le riserve idriche italiane non sono più scontate. Le precipitazioni sono meno frequenti, più concentrate e spesso inefficaci nel ricaricare i bacini. Le nevicate alpine sono in calo strutturale, e il disgelo avviene in anticipo rispetto al passato, lasciando i fiumi senza “rifornimento” nei mesi più caldi.
Nel distretto del Po, che interessa oltre 20 milioni di persone e una delle aree agricole più produttive d’Europa, ogni millimetro d’acqua conta. E se l’allarme non è ancora scattato, è anche perché si sta tentando di giocare d’anticipo, monitorando in tempo reale i flussi e invitando tutti – cittadini, aziende, enti pubblici – a un uso più responsabile e consapevole dell’acqua.
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