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16 Luglio 2025 - 18:14
Giulia Gobetto, assessora a San Maurizio Canavese
"Se vuoi fare politica, mettici la faccia. Altrimenti taci."
Queste, grossomodo, le parole con cui Giulia Gobetto, assessora all’Istruzione e alla Comunicazione Istituzionale del Comune di San Maurizio Canavese, ha risposto in Consiglio comunale agli attacchi infondati e diffamatori circolati nelle ultime settimane sui social, firmati da profili anonimi. Il pretesto? Una discussione — legittima — sul futuro del servizio scuolabus per l’anno scolastico 2025–2026. Ma sotto la superficie si è rivelato l’ennesimo esempio di vigliaccheria digitale e uso scorretto della rete.
La miccia si accende con una semplice interpellanza: quella presentata dalla consigliera di minoranza Laura Cargnino, capogruppo di SiAmo San Maurizio, che chiede aggiornamenti sull’appalto per il trasporto scolastico. Domanda lecita, anche se — come fa notare l’assessora Gobetto — la procedura è ancora in corso, e quindi ogni risposta sarebbe prematura.
Fin qui, tutto normale. Ma mentre la politica usa gli strumenti democratici, la fogna parallela dei social inizia a ribollire. E a parlare non sono genitori preoccupati o cittadini informati, ma utenti con identità false, pronti a seminare confusione e rabbia gratuita.
Gobetto è andata dritta al punto: «Un profilo finto ha diffuso notizie grossolanamente false sulla questione scuolabus, alimentando una polemica con tutt’altri scopi. E rincara la dose: «Abbiamo assistito alla diffusione di messaggi da pseudonimi mirati a creare polemiche e a veicolare informazioni scorrette». La misura è colma, e l’assessora non ci sta a fare da bersaglio silenzioso.
I social, ricorda, sono strumenti potenti, ma solo se usati con onestà intellettuale. «Abbiamo creato la pagina Facebook istituzionale proprio per comunicare in modo chiaro e ufficiale. Ma non parteciperemo mai al teatrino delle chat private o dei gruppi farlocchi dove dominano fake news e insulti».
La consigliera e avvocata Laura Cargnino
Il punto più grave della vicenda, racconta Gobetto, è che qualcuno ha cercato di manipolare l’opinione pubblica, e non solo: «Un cittadino è intervenuto per correggere le falsità con dati precisi. Ma anche lui è stato attaccato. A quel punto è stato evidente che non si trattava di genitori in buona fede, ma di qualcuno con altri fini.
E qui l’assessora affonda il colpo: «C’è chi scrive che vorrebbe candidarsi, vincere e “sciogliere le vecchie risorse comunali”. Benissimo: si candidi davvero. Ma senza nickname e senza nascondersi. Metta nome e cognome, e vediamo quanto dura». Una risposta che suona come uno schiaffo a chi gioca a fare l’oppositore nascosto dietro lo schermo, senza nemmeno avere il coraggio di esporsi.
Il passaggio più netto, però, riguarda le conseguenze legali: «La diffusione di informazioni false, calunniose o fuorvianti può costituire reato e comportare gravi conseguenze legali», ha detto Gobetto in aula. Un richiamo diretto e inequivocabile, che mette sul tavolo anche la possibilità di azioni giudiziarie.
Un richiamo rilanciato anche dalla stessa consigliera Cargnino, avvocata di professione, che ha ricordato come la diffamazione sui social sia perseguibile penalmente. Segno che, stavolta, le istituzioni non hanno alcuna intenzione di restare in silenzio davanti al fango gratuito.
Gobetto ha chiuso il suo intervento con una provocazione che è anche un invito civile: «Chi ha dubbi o domande venga a parlarne. Io ci sono. Ma non accetto attacchi codardi. Chi vuole un confronto, lo faccia guardandomi negli occhi.
Parole che non lasciano spazio a interpretazioni: qui si difende il diritto a informare, non a deformare. E chi si candida a dare lezioni di trasparenza e moralità non può farlo nascosto dietro una tastiera.
Il messaggio finale è tanto semplice quanto necessario: «I social devono tornare a essere uno spazio di confronto, non una cloaca dove chiunque può vomitare falsità senza pagarne il prezzo». E forse, mai come in questo momento, vale la pena ricordarlo a chi crede che basti un post anonimo per mettere in crisi il lavoro di mesi.
La politica, quella vera, ha ancora regole. E il rispetto, come la responsabilità, non si cliccano: si dimostrano. A nome e cognome, come fa chi ha il coraggio di mettersi davvero in gioco.
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