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Cava fantasma, quartiere ostaggio. Il Comune la boccia, ma la minaccia resta

In Città Metropolitana riunione esplosiva sul rinnovo della concessione. Il sindaco Chiantore: “Opera irrealizzabile, viabilità e rumore fuori controllo”. Il Comitato: “È carta straccia, ma può fare danni veri”

Cava fantasma, quartiere ostaggio. Il Comune la boccia, ma la minaccia resta

Pierre Blasotta del Comitato No Cava e il sindaco Chiantore

Si torna a parlare della cava di San Bernardo. Anzi, non si è mai smesso. Oggi, in Città Metropolitana, si è tenuta una riunione ristretta ma decisiva: sul tavolo, il destino di un’autorizzazione estrattiva ferma da dieci anni, mai attuata, eppure ancora viva. Presenti, per il Comitato No Cava, Franco Favre e Pierre Blasotta, per il Comune il sindaco Matteo Chiantore insieme agli assessori Massimo Fresc e Francesco Comotto, i rappresentanti della Cogeis, titolare della concessione, e per la Città Metropolitana l’ingegnere Claudio Coffano con il suo staff tecnico.

L’incontro era preparatorio alla conferenza dei servizi convocata per la prossima settimana. Ma le posizioni sono già chiare. E lo scontro si fa ogni giorno più netto.

Matteo Chiantore ha ribadito ciò che già aveva detto in consiglio comunale: quella concessione del 2014 fu rilasciata con una clausola sospensiva, subordinata alla risoluzione di due nodi essenziali — viabilità e impatto acustico — che oggi, parole sue, “sono rimasti tali e sono pure peggiorati”.

Il sindaco non avrebbe usato mezzi termini.

“La viabilità alternativa non esiste - ci dice -  Non c’è una soluzione praticabile. L’unica strada disponibile è una via stretta, incastrata tra le case e lo stabilimento Icas. Nessuno sposterà i cancelli. È una problematica irrisolvibile”.

E ancora: “C’è gente che ha costruito in classe acustica 3 e si ritroverebbe in classe 6. È un salto che rende la cava del tutto incompatibile con l’urbanizzazione ormai consolidata”.

Il messaggio è chiaro: per l’amministrazione, l’autorizzazione è carta straccia. Teoricamente valida, ma inapplicabile.

“Se Città Metropolitana decidesse di rinnovarla, il problema rimarrebbe. L’opera non è strategica. Il Comune non ha alcun interesse”.

Dal canto loro, i referenti della Cogeis hanno provato a difendere le integrazioni presentate per il rinnovo, ma per il Comitato “No Cava” si tratta di documenti scritti in “un italiano fumoso”, pieni di zone grigie e senza risposte concrete.

“Le integrazioni sono carenti. La Città Metropolitana chiederà nuovi approfondimenti, ma il grosso della partita si gioca a Ivrea: è il Comune che, tra viabilità e classificazione acustica, può rendere questa concessione una semplice finzione burocratica”, hanno dichiarato Favre e Blasotta.

Poi la metafora tagliente: “La cava è come una nuda proprietà: teoricamente potresti usarla, ma in pratica non ci riesci”.

Il punto è che nel frattempo, in questi dieci anni di silenzio operoso, San Bernardo è cambiata. Dove c’erano campi, oggi ci sono case. Famiglie, bambini, villette a schiera e appartamenti nuovi, costruiti su un piano regolatore che – volutamente o meno – quella cava non la indicava. Nessuno, tra i nuovi residenti, poteva immaginare di trovarsi a vivere accanto a un sito estrattivo.

Il Consiglio comunale, lo scorso maggio, aveva votato all’unanimità un ordine del giorno che impegna l’amministrazione a fare tutto il possibile per impedire il rinnovo dell’autorizzazione. Ora il sindaco lo ha ribadito di fronte ai tecnici della Città Metropolitana. Ma non è detto che basti. L’ente ha competenza formale sulla materia, e in assenza di un diniego tecnico potrebbe decidere in autonomia. Per questo la partita è politica, oltre che amministrativa.

Intanto circolano voci e retroscena. Qualcuno ha provato a giustificare la riapertura della cava con la necessità di sabbia e ghiaia per la costruzione del nuovo ospedale. Una bufala. Lo stesso Chiantore l'ha smentito seccamente: “Di ghiaia non ce ne vuole così tanta. È un falso argomento”.

Sul piano urbanistico, il quadro è surreale: un’autorizzazione decennale concessa per un’attività mai iniziata, in un’area ormai mutata, con un quartiere cresciuto proprio mentre la cava restava inattiva. Una concessione concessa, ma mai “coltivata”. Una ferita burocratica che rischia ora di diventare reale.

Il Comitato “No Cava”, intanto, non molla. Ha già fatto sentire la sua voce nelle scorse settimane, organizzando incontri pubblici, raccolte firme, petizioni. Ha definito l’opera “estranea al contesto agricolo, residenziale e culturale del quartiere”. Ha parlato di “disastro annunciato” e di “minaccia per la vivibilità”. Ha chiesto trasparenza, ha ottenuto una delibera, ora pretende coerenza.

cava

La prossima settimana la conferenza dei servizi sarà il banco di prova. Città Metropolitana dovrà decidere se ascoltare i cittadini o restare imprigionata nel formalismo autorizzativo. Ma se davvero il Comune terrà il punto, la cava di San Bernardo rischia di rimanere un simbolo: della distanza tra autorizzazioni e realtà, tra la carta e la vita, tra chi firma e chi abita.

Ivrea guarda, San Bernardo aspetta. La pala meccanica, per ora, resta spenta. Ma il rumore, quello politico, è già assordante.

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