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“Cava chiusa” un corno: il Comune promette, poi ci ripensa (di nuovo)

Dopo il voto unanime del Consiglio, spunta un atto per riattivare la cava di San Bernardo. Il Comitato No Cava smaschera l’ennesima giravolta. E costringe la giunta a un nuovo dietrofront. Ma la fiducia è sotto terra. Come la sabbia mai scavata

Cava Fornaci, il sindaco si muove, ma il Comitato chiede una mozione in Consiglio

La protesta

IVREA. È passata appena una manciata di giorni da quel famoso voto unanime del Consiglio comunale di Ivrea contro la cava di San Bernardo e qualcuno si era illuso che la partita fosse chiusa. E invece no. Il finale, che sembrava scritto, si è trasformato in una nuova puntata tragicomica. Perché a Ivrea, si sa, nulla è mai come sembra. Per questo, in queste ore, il Comitato No Cava è stato costretto a suonare nuovamente la sveglia. Ma andiamo con ordine.

Il 26 maggio 2025, in una seduta straordinaria e pubblica, il Consiglio comunale (maggioranza e minoranza) aveva approvato all’unanimità un ordine del giorno che bocciava senza appello il rinnovo dell’autorizzazione alla cava in località Fornaci. Applausi, strette di mano, selfie di gruppo e promesse solenni: “Riporteremo questa posizione in tutte le sedi opportune”. Insomma, sembrava fatta. Anche il sindaco Matteo Chiantore, fino ad allora un po’ troppo silenzioso, sembrava essersi deciso a mettere nero su bianco quella che appariva finalmente una linea chiara.

Ma la festa dura poco. Tre giorni dopo, il 29 maggio, sul sito del Comune compare il documento n. 841/2025. Titolo: “Preparazione atti e azioni per la predisposizione dell'aggiornamento del piano di zonizzazione acustica in funzione della conferenza dei servizi di rinnovo della cava in via delle Fornaci”. No! Non è uno scherzo. È tutto vero. Mentre i cittadini di San Bernardo pensavano di poter finalmente tirare un sospiro di sollievo, la macchina amministrativa si muoveva come se nulla fosse, predisponendo gli atti per l’ennesima conferenza dei servizi. Quasi una beffa.

Il Comitato No Cava, attento e vigile come sempre, segnala immediatamente l’incongruenza al sindaco Matteo Chiantore e al Consiglio comunale, chiedendo conto di quell’obiettivo di performance, inserito nel PIAO 2025, che sembrava voler portare avanti proprio la cava che tutti i consiglieri comunali avevano appena bocciato. E, come per incanto, due giorni dopo, con delibera di giunta n. 176 del 12 giugno, il famigerato obiettivo PDO n. 110301 viene stralciato. Sparito. Cancellato. Archiviato. Altra vittoria per il Comitato, che nel comunicato appena diffuso lo racconta senza giri di parole: “L’amministrazione è corsa repentinamente ai ripari”.

Già, ma perché ha dovuto “correre ai ripari”? Forse perché, senza il fiato sul collo dei cittadini, nulla si sarebbe mosso? La domanda, posta ironicamente nel comunicato, è più che legittima: “Se la giunta non fosse nuovamente stata sollecitata dal Comitato, cosa sarebbe accaduto?”.

È una domanda che pesa, e non poco, in una vicenda che da 17 anni tiene col fiato sospeso un intero quartiere. Tutto iniziò nel 2008, quando la COGEIS di Bertino presentò la prima richiesta per aprire una cava a due passi dalle case di San Bernardo. Da allora, 17 anni di silenzi, rinvii, autorizzazioni concesse nel disinteresse generale e cittadini tenuti all’oscuro. Un progetto mai realizzato, ma mai del tutto abbandonato. Un fantasma urbanistico pronto a riemergere ogni volta che servono inerti per qualche grande opera, oggi magari per il nuovo ospedale di Ivrea.

E ogni volta, tocca ai cittadini organizzarsi, firmare petizioni, sedersi ai tavoli, spiegare quello che dovrebbe essere ovvio: che una cava tra le case non è solo una cattiva idea. È un’assurdità.

Il sindaco Matteo Chiantore

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Lo hanno detto e ridetto. “Una cava che, per funzionare, ha bisogno di barriere antirumore alte sette metri, di strade da ampliare su terreni privati, di un semaforo nuovo su via Torino, di 80 camion al giorno in più su una viabilità già al collasso, non si può definire strategica”. Lo ha ribadito in Consiglio Giorgio Venturelli, portavoce del Comitato, in un intervento applaudito da tutta l’aula. E lo hanno confermato, uno dopo l’altro, anche i consiglieri comunali, da Andrea Cantoni a Barbara Manucci, da Francesco Giglio ad Andrea Gaudino, fino a Elisabetta Piccoli: la cava va fermata. Punto.

Unanime. Per una volta. Tanto che l’ordine del giorno scritto dal Comitato è diventato il testo condiviso da tutto il Consiglio. Con un impegno preciso: coinvolgere sempre i residenti di San Bernardo in ogni fase della vicenda. Una clausola, sì, ma anche una promessa. Che però sembra già essere stata dimenticata dopo appena 72 ore.

Ecco perché il comunicato diffuso dal Comitato ha il sapore di una barzelletta amara. Perché a Ivrea – come hanno detto i cittadini stessi – non è il loro mestiere fare gli amministratori. Ma se nessuno li ascolta, tocca a loro fare anche questo. E a quanto pare, quando si distraggono per un attimo, c’è sempre qualche atto che sbuca fuori da un cassetto.

Insomma, alla cava di San Bernardo non si scava sabbia. Si scava fiducia. Si scava partecipazione. E ogni volta che una delibera prova a seppellire le decisioni del Consiglio, tocca a chi abita il quartiere riportare la verità in superficie. Con pazienza. Con determinazione. Con ironia, quando serve. Ma soprattutto con la certezza che la partita non è mai davvero finita. Finché c'è chi veglia.

La cava di San Bernardo: 17 anni di una ferita mai rimarginata

28 maggio 2008. È questa la data di inizio di una delle vicende urbanistiche e civiche più controverse della storia recente di Ivrea. Quel giorno la ditta COGEIS di Bertino presenta al SUAP (Sportello Unico per le Attività Produttive) la richiesta per aprire una cava in località San Bernardo, a due passi dalle case, in un quartiere densamente abitato.

Da allora, inizia una lunga trafila fatta di silenzi, iter tecnici poco trasparenti, atti amministrativi, tensioni, proteste. I cittadini scoprono il progetto solo a istruttoria tecnica già avanzata, quando ormai la Provincia di Torino ha espresso parere favorevole. Nasce così il primo Comitato No Cava, spontaneo e determinato, che raccoglie 2.600 firme, presenta un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, organizza incontri e presìdi. Ma nulla ferma il processo.

Dicembre 2014. Dopo sei anni di attesa e mobilitazione, la cava viene autorizzata ufficialmente. Ma – fatto singolare – non viene mai realizzata. Nessuna ruspa, nessun cantiere, nessuna opera accessoria promessa (come il semaforo o l’ampliamento della viabilità di accesso su via delle Fornaci). Il progetto rimane sulla carta.

Nel frattempo, San Bernardo cambia: si popola, si sviluppa, cresce. Ma la minaccia resta, silenziosa, finché non riaffiora nel 2024-2025, con una nuova richiesta di rinnovo per altri 10 anni, giustificata da una presunta necessità di inerti, forse per il nuovo ospedale di Ivrea. Una cava “bancomat”, secondo il comitato, da usare per fare cassa.

Anche stavolta i cittadini vengono informati solo per caso. Nessuna comunicazione ufficiale, nessun coinvolgimento, nessun dialogo preventivo. Così, nel quartiere si riaccendono l’indignazione e la mobilitazione. Nasce un nuovo comitato No Cava, forte dell’esperienza precedente ma con volti nuovi e con una forza rinnovata. Parte la raccolta firme, si organizzano gazebo e incontri pubblici.

La mobilitazione arriva in Consiglio comunale, dove viene finalmente discussa in aula. Dopo settimane di ambiguità, il sindaco Matteo Chiantore, smette di "balbettare" (sì, no, non so, boh, beh, bih) ed è costretto a uscire allo scoperto. In un clima raro di unità, tutte le forze politiche ritirano le proprie mozioni per approvare un ordine del giorno condiviso, scritto dal Comitato stesso: un “no” unanime e rotondo alla cava, definito dal consigliere Andrea Cantoni “grande come una cava”. Il sindaco dichiara che “non tutte le opere sono strategiche” e si impegna a portare la posizione del Comune in tutte le sedi, a partire da Città Metropolitana.

Ma il colpo di scena arriva pochi giorni dopo. Il 29 maggio 2025, sull’Albo Pretorio del Comune compare il documento n. 841/2025, che avvia le pratiche di zonizzazione acustica proprio per la cava di San Bernardo, in vista della conferenza dei servizi. Il comitato denuncia pubblicamente il fatto e costringe la giunta a un nuovo dietrofront. Il 12 giugno 2025, con delibera n. 176, viene cancellato l’obiettivo PDO che prevedeva la zonizzazione funzionale alla cava dal Piano Integrato di Attività e Organizzazione (PIAO) comunale.

Il comitato annuncia così la sua “seconda vittoria”, ma chiede conto di quanto accaduto: “E se non avessimo controllato?”. La vicenda, ancora una volta, dimostra che nulla si muove senza la pressione dei cittadini.

Oggi la cava è di nuovo ferma. Ma il quartiere, dopo 17 anni di lotta, non si fida più. Troppi dietrofront, troppi silenzi, troppi documenti comparsi nottetempo. Ecco perché, per i residenti, a San Bernardo non si coltiva una cava. Si coltiva partecipazione. Si coltiva comunità.

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