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Inps e certificati di disabilità per autismo, diabete e sclerosi multipla: importanti novità in arrivo

Nuovo sistema di certificazione disabilità: Inps avvia la sperimentazione per semplificare

Inps e certificati di disabilità

Inps e certificati di disabilità per autismo, diabete e sclerosi multipla: importanti novità in arrivo

L’Inps ha annunciato un aggiornamento importante per il sistema di certificazione delle disabilità legate ad alcune patologie specifiche: disturbi dello spettro autistico, diabete di tipo 2 e sclerosi multipla. A partire dal 12 luglio 2025, è attiva una nuova versione del servizio per l'invio dei certificati medici introduttivi, ma solo per le province coinvolte nella sperimentazione della riforma della disabilità, un progetto di revisione profonda dei criteri di accertamento e valutazione dell’invalidità civile.

Il cambiamento riguarda direttamente nove territori italiani: Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste. In questi ambiti, i medici certificatori sono chiamati a utilizzare una procedura aggiornata ogni qual volta il certificato medico introduttivo riguardi una delle tre patologie indicate, oppure sia in fase di bozza e venga lavorato dopo l’entrata in vigore della nuova normativa. Anche i certificati integrativi, previsti dal messaggio Inps del 23 giugno 2025 (n. 1980), dovranno essere caricati tramite il nuovo sistema.

L’obiettivo della riforma, nella visione dell’Istituto, è duplice: semplificare e rendere più trasparente l’intero iter di riconoscimento dell’invalidità civile per determinate condizioni mediche e uniformare i criteri su scala nazionale. Si tratta di una sfida di sistema che tocca non solo l’amministrazione pubblica ma anche i professionisti sanitari, le famiglie e le persone con disabilità, che troppo spesso si trovano ad affrontare lunghi percorsi burocratici per ottenere i riconoscimenti a cui hanno diritto.

Il nuovo certificato medico introduttivo rappresenta il primo passo nel percorso amministrativo per il riconoscimento della disabilità. In questa fase iniziale, è cruciale che il medico riporti con precisione tutti i dati clinici e diagnostici rilevanti, perché da essi dipende la corretta valutazione successiva da parte delle commissioni Inps. Con il nuovo sistema, il rischio di errori e omissioni si riduce grazie a interfacce guidate, campi obbligatori, algoritmi di validazione automatica e tutorial aggiornati disponibili sul sito istituzionale. Gli strumenti sono stati pensati per offrire un concreto supporto ai medici, che da tempo lamentano la difficoltà di districarsi tra circolari, normative e formati in continua evoluzione.

L’Inps ha precisato che non tutti i certificati sono soggetti alla nuova procedura. Nello specifico, sono esclusi quelli che, alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale 10 aprile 2025, n. 94, risultavano già in stato “presentato” e per i quali era stata già fissata una convocazione a visita. Questo punto è stato chiarito per evitare confusioni e sovrapposizioni nei carichi di lavoro degli uffici sanitari e degli operatori coinvolti.

Per le altre patologie che non rientrano nella sperimentazione, invece, tutto rimane invariato. Le regole e le modalità di compilazione restano quelle già note e applicate dai medici nei rispettivi territori. La riforma si muove, quindi, con un passo misurato, testando sul campo l’efficacia del nuovo modello prima di un’estensione nazionale.

La scelta delle tre patologie coinvolte non è casuale. Autismo, diabete di tipo 2 e sclerosi multipla sono condizioni complesse, croniche e spesso sottoposte a valutazioni eterogenee, anche a livello territoriale. L’uniformazione dei criteri rappresenta un passo avanti nella tutela dei diritti delle persone con disabilità, con il vantaggio di migliorare anche la pianificazione sanitaria e assistenziale.

Non manca però qualche perplessità da parte degli operatori sanitari. I sindacati dei medici di base e delle professioni sanitarie hanno sottolineato che ogni riforma di questo tipo dovrebbe essere accompagnata da una formazione capillare e sistematica, altrimenti si rischia di creare disparità e rallentamenti nella presa in carico dei pazienti. L’Inps, da parte sua, ha garantito che saranno previsti incontri formativi, webinar e aggiornamenti costanti, anche in collaborazione con gli Ordini provinciali e le Asl.

La riforma è anche uno dei pilastri del Programma nazionale “Giovani, donne e lavoro”, cofinanziato dall’Unione Europea, che punta a semplificare l’accesso alle tutele e ai servizi per i cittadini più fragili. Un tassello del mosaico più ampio rappresentato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e dalle strategie di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.

Il punto ora è capire quali risultati emergeranno da questa fase di test. Se i tempi si accorceranno davvero, se la qualità dei dati sarà più alta, se i pazienti avranno un’esperienza meno frustrante. La raccolta di feedback sarà essenziale, e l’Inps ha promesso di monitorare l’andamento della sperimentazione con report trimestrali.

Nel frattempo, chi opera nelle province coinvolte è chiamato a prendere confidenza con il nuovo sistema. Medici, Asl, Caf e patronati stanno aggiornando le proprie linee guida operative per allinearsi alle novità. Una transizione tecnica che, se gestita con attenzione, potrebbe trasformarsi in un esempio virtuoso di riforma dal basso, costruita su dati concreti e non su buone intenzioni astratte.

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