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Assunzioni in Piemonte: 32mila nuovi contratti di lavoro a luglio, ma c'è un paradosso...

Crescente domanda di lavoratori in Piemonte, ma manca qualcosa: il mercato in dinamico movimento incontra criticità nel reperimento delle figure professionali giuste, mettendo a rischio la competitività e il progresso regionale

Piemonte: 32mila nuovi

Piemonte: 32mila nuovi contratti di lavoro a luglio, ma c'è un paradosso...

Le imprese piemontesi cercano lavoratori, ma sempre più spesso faticano a trovarli. A luglio 2025 sono previste circa 32.260 assunzioni, che salgono a 89.360 considerando l’intero trimestre luglio-settembre. Un dato in leggero aumento rispetto allo stesso mese del 2024 (+0,7%), ma in calo dell’1,2% sul trimestre. A rivelarlo è il Bollettino mensile del Sistema informativo Excelsior, frutto della collaborazione tra Unioncamere e Ministero del Lavoro, con il sostegno del Programma nazionale “Giovani, donne e lavoro” cofinanziato dall’Unione europea.

Nel Nord Ovest il Piemonte rappresenta il 23,2% del totale delle 139.000 assunzioni previste, e incide per il 5,6% sul totale nazionale di 575.000 nuovi ingressi nel mondo del lavoro. Ma accanto alle cifre, il report evidenzia una criticità sempre più marcata: la difficoltà nel reperire figure professionali qualificate, soprattutto nei comparti tecnici e dell’industria manifatturiera.

Nel dettaglio, il 77% delle assunzioni sarà a termine, mentre solo il 23% dei contratti sarà stabile, distribuito tra tempo indeterminato e apprendistato. Il precariato resta quindi la regola, anche in un momento di relativa vivacità del mercato.

Tra i settori protagonisti della domanda occupazionale spiccano industria, servizi e primario (che comprende agricoltura, silvicoltura, caccia e pesca), con dinamiche differenti: mentre i servizi restano trainanti per numeri assoluti, è l’industria a presentare le maggiori difficoltà in termini di reperimento delle competenze.

I profili più richiesti sono operai specializzati, conduttori di impianti e macchine (9.520 entrate previste, il 58% di difficile reperimento) e dirigenti, professioni intellettuali e tecnici (6.140 ingressi, con una difficoltà media del 47,6%). Cifre che confermano una mancanza strutturale di manodopera qualificata, frutto di vari fattori: mancato allineamento tra scuola e fabbrica, scarsa attrattività di alcuni mestieri, invecchiamento della popolazione attiva.

È qui che il Bollettino Excelsior lancia un segnale d’allarme: il disallineamento tra domanda e offerta rischia di rallentare la ripresa, proprio nel momento in cui molti comparti produttivi provano a rinnovarsi, spinti dalla transizione digitale e dalle sfide del Green Deal.

Le imprese segnalano difficoltà crescenti a trovare lavoratori in grado di operare su impianti automatizzati, gestire processi industriali complessi, utilizzare software tecnici avanzati, e allo stesso tempo lamentano un disinteresse crescente dei giovani verso i percorsi formativi tecnici, come gli ITS o le scuole professionali.

Il problema non è nuovo, ma si è aggravato negli ultimi anni. La cosiddetta “mismatch” – cioè la mancata corrispondenza tra competenze richieste e competenze disponibili – tocca oggi quasi la metà delle posizioni aperte in Piemonte, con punte vicine al 60% nei settori ad alta specializzazione. Un gap che impatta non solo sulle imprese, ma sull’intero sistema territoriale, frenando crescita e competitività.

Nel frattempo, si moltiplicano le iniziative per colmare il divario. Alcuni distretti industriali del Piemonte stanno attivando percorsi di formazione duale, in collaborazione con istituti tecnici e agenzie formative, nel tentativo di costruire un ponte stabile tra scuola e fabbrica. Ma i tempi della formazione sono lunghi, mentre la domanda di competenze è immediata, soprattutto nei comparti più dinamici come l’automotive elettrico, la logistica avanzata, l’agroindustria.

Il Piemonte resta una delle regioni con maggiore capacità attrattiva per l’occupazione qualificata, ma serve uno scatto di sistema, per evitare che la “fame di lavoratori” si trasformi in un ostacolo strutturale alla crescita. Da un lato servono politiche attive più incisive, con incentivi alle imprese che investono in formazione e aggiornamento continuo, dall’altro è necessario rilanciare l’immagine sociale delle professioni tecniche e industriali, spesso considerate secondarie rispetto a quelle universitarie.

In questo scenario, il ruolo delle istituzioni scolastiche e formative diventa decisivo: orientare meglio gli studenti, fornire percorsi professionalizzanti aggiornati, aprire le scuole alle aziende, superando il muro che troppo spesso separa il mondo dell’istruzione da quello del lavoro.

Il lavoro c’è, ma mancano i lavoratori giusti. Questo è il paradosso piemontese del 2025: un mercato in movimento, ma una generazione che rischia di restare indietro.

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