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15 Luglio 2025 - 12:26
Il Caat di Torino (immagine di repertorio)
Una mattina anomala ha scosso l’intera filiera ortofrutticola torinese: il Centro Agroalimentare di Torino (Caat) è rimasto chiuso per sciopero, lasciando i mercati cittadini senza la fornitura di frutta e verdura di giornata. A mancare non sono stati i prodotti agricoli, ma gli operatori del settore, che hanno deciso di incrociare le braccia per protestare contro i nuovi aumenti imposti dal soggetto gestore del Caat.
Si è trattato di una mobilitazione senza precedenti, definita da molti come il primo blocco totale della storia del centro all’ingrosso. Nessuno stand ha aperto, le attività di movimentazione merci si sono fermate e la consueta attività frenetica del Caat si è dissolta in un silenzio carico di tensione. La protesta ha coinvolto grossisti, aziende di logistica, produttori diretti e persino alcuni clienti, che hanno aderito alla serrata in segno di solidarietà.
Al centro del malcontento, l’innalzamento degli oneri di accesso e gestione: in alcuni casi si parla di rincari che arrivano fino al 50%, colpendo duramente sia chi lavora all’interno della struttura, sia gli operatori che si riforniscono quotidianamente per i mercati al dettaglio. Nonostante i bilanci del centro risultino in attivo, la decisione di aumentare le tariffe è stata presa senza un confronto pubblico, esasperando le tensioni.
La conseguenza più visibile dello sciopero si è vista sui banchi dei mercati rionali, dove in alcuni casi la merce fresca è mancata del tutto. Tuttavia, grazie al tam-tam dei giorni precedenti, molti ambulanti si erano premuniti con scorte aggiuntive, riuscendo a contenere i disagi. I problemi, però, potrebbero acuirsi se la protesta dovesse proseguire nei prossimi giorni.
A farsi sentire è anche il disagio degli ambulanti, che, pur non facendo parte del Caat, ne dipendono direttamente per il rifornimento. La cifra necessaria per entrare a caricare la merce è infatti raddoppiata, passando da 2,50 a 5 euro giornalieri: un aumento che significa quasi 1.800 euro all’anno di costi aggiuntivi, con un impatto pesante sulle piccole attività. È proprio da questo malessere che nasce l’idea, già in fase organizzativa, di una manifestazione a settembre, in cui anche gli ambulanti potranno far sentire la loro voce contro rincari considerati insostenibili.
Il Caat rappresenta uno snodo fondamentale per la distribuzione alimentare di Torino e provincia. Ma quando si spezza il dialogo tra chi gestisce e chi lavora, si inceppa l’intera catena. L’assenza di mediazione ha innescato una protesta forte, che rischia di trasformarsi in un conflitto permanente. Per ora non si registrano segnali di apertura da parte della direzione del centro.
Quella di oggi non è stata solo una giornata di protesta: è un campanello d’allarme per le istituzioni, chiamate a intervenire per evitare che la tensione si trasformi in paralisi strutturale. Il comparto agroalimentare piemontese non può permettersi di perdere il suo principale polo logistico, né può ignorare le richieste di sostenibilità economica degli operatori che lo tengono in piedi ogni giorno.
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