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Cronaca

Sfruttamento e cachemire: Loro Piana nei guai. Operai clandestini per giacche da 3.000 euro

Il Tribunale di Milano commissaria il marchio di lusso controllato da LVMH: manodopera irregolare, turni massacranti, dormitori abusivi e ricarichi fino a 2.000 euro a capo. Dopo Armani, Dior e Valentino, un altro colosso nella bufera

Sfruttamento e cachemire: Loro Piana nei guai. Operai clandestini per giacche da 3.000 euro

Sfruttamento e cachemire: Loro Piana nei guai. Operai clandestini per giacche da 3.000 euro

Il cachemire pregiato, le vetrine scintillanti, i prezzi da sogno. Dietro l’eleganza dei capi firmati Loro Piana, marchio simbolo dell’alta gamma italiana e controllato dal gruppo LVMH di Bernard Arnault, si nasconderebbe una catena produttiva costruita sullo sfruttamento. È questa l’accusa contenuta nel provvedimento con cui il Tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria dell’azienda con sede a Vercelli, nominando un commissario per affiancare il management per dodici mesi.

L’ipotesi è pesante: l’azienda – si legge nelle carte – non ha efficacemente controllato la filiera produttiva né ha verificato la reale capacità imprenditoriale delle società con cui ha stipulato contratti di fornitura. Anzi, avrebbe omesso di attuare tempestive ed efficaci verifiche, finendo per agevolare colposamente meccanismi di sfruttamento dei lavoratori, in alcuni casi in ambienti insalubri e degradanti.

Secondo gli inquirenti – il pubblico ministero Paolo Storari e il Gruppo per la Tutela del Lavoro della Guardia di Finanza di Milano – Loro Piana ha affidato la produzione di giacche in cachemire alla ditta Evergreen, che a sua volta ha subappaltato il lavoro alla Sor-Man snc di Nova Milanese, priva di adeguata struttura produttiva. La Sor-Man, per rispondere alle commesse, si sarebbe quindi rivolta a opifici clandestini gestiti da imprenditori cinesi, poi chiusi dalle autorità e oggetto di arresti a maggio.

I lavoratori – secondo la ricostruzione investigativa – erano irregolari, in molti casi clandestini, costretti a vivere e dormire all’interno dei capannoni in condizioni degradanti, privati di qualsiasi tutela contrattuale, sottoposti a turni massacranti, spesso notturni, senza ferie né pause, né alcun rispetto della normativa in materia di sicurezza.

Un sistema produttivo spietato che avrebbe consentito, però, margini di guadagno enormi. Ogni giacca prodotta a circa 80 euro veniva venduta a oltre 1.000 euro, con punte fino a 3.000 euro nei negozi di lusso del brand. Il margine di ricarico – evidenziano i giudici nella loro ordinanza – sarebbe stato in molti casi compreso tra i 1.000 e i 2.000 euro a capo. La legale rappresentante della Sor-Man, sentita dagli inquirenti, ha dichiarato: “Con Loro Piana il prezzo pattuito era 118 euro a giacca per ordini superiori ai 100 pezzi. Io pagavo alle ditte cinesi 80 euro a capo se non facevano il taglio, 86 euro con il taglio. Il prezzo variava di 5-10 euro a seconda delle lavorazioni”.

cachemire

Il consiglio di amministrazione di Loro Piana, presieduto da Antoine Arnault, figlio del patron di LVMH, viene accusato nel provvedimento di aver omesso un reale controllo sui subfornitori, disinteressandosi delle modalità produttive e delle condizioni in cui venivano confezionati i capi. “Situazioni tossiche da rimuovere”, scrive il pm Storari, che sottolinea la responsabilità oggettiva dell’azienda nell’aver mantenuto rapporti commerciali anche di fronte a evidenti criticità nella filiera.

L’amministrazione giudiziaria – strumento previsto dal Codice antimafia per aziende “infiltrate” o “compromesse” da condotte illecite – è finalizzata a ripristinare condizioni di legalità senza bloccare l’attività imprenditoriale. Il commissario, nominato per un anno, avrà il compito di introdurre meccanismi di trasparenza e monitoraggio, ricostruendo la filiera e verificando i fornitori effettivi.

Il caso Loro Piana arriva dopo quelli, recentissimi, che hanno coinvolto Armani Operations, Dior e Valentino, tutte aziende finite nel mirino delle autorità per le stesse motivazioni: una filiera opaca, con subappalti a cascata, sfruttamento, appalti al massimo ribasso e lavoratori senza diritti.

Proprio per arginare queste derive, il Tribunale e la Prefettura di Milano avevano promosso un protocollo d’intesa sulla legalità nella filiera della moda. Ma i segnali emersi dalle indagini suggeriscono che le buone intenzioni non siano ancora bastate a cambiare la cultura d’impresa del settore, soprattutto nel segmento del lusso, dove l’immagine è spesso impeccabile, ma la produzione resta affidata a meccanismi spregiudicati.

Il gruppo LVMH, interpellato in via informale, non ha per ora rilasciato dichiarazioni ufficiali. Nei prossimi giorni, si attende una risposta formale da parte di Loro Piana, chiamata ora a dimostrare di saper voltare pagina. Ha dodici mesi di tempo per adeguare i suoi standard, riorganizzare i rapporti con i fornitori e adottare una governance rispettosa della legge e dei diritti fondamentali del lavoro. Altrimenti, l’amministrazione giudiziaria potrà essere prorogata o trasformarsi in una misura più incisiva.

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