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"Questa non è arte, è inciviltà!": tolleranza zero contro chi deturpa la città

L’assessora Cuffia condanna il gesto, mentre il Comune indaga per individuare il responsabile

"Questa non è arte

"Questa non è arte, è inciviltà!": tolleranza zero contro chi deturpa la città

Un grande murales è comparso a Rivarolo Canavese, all’angolo tra via Roma e via Favria, e con lui un’ondata di sdegno. Non si tratta di un’opera d’arte autorizzata, né di un intervento commissionato. È un atto di vandalismo vero e proprio, compiuto nottetempo su un muro di proprietà privata ma affacciato su uno degli incroci più frequentati del centro cittadino. L’enorme scritta colorata, apparsa nei giorni scorsi, non lascia spazio a interpretazioni romantiche: siamo di fronte a un imbrattamento che nulla ha a che fare con la street art, né con la libertà espressiva degli artisti urbani.

È stata l’amministrazione comunale, per voce dell’assessora Alessia Cuffia, a prendere posizione con parole ferme: “Non c’è giustificazione per simili gesti. Non è espressione artistica. Non è libertà. Non è ‘Street Art’”. Il suo intervento, pubblicato sui social, sottolinea come episodi simili danneggino il decoro urbano, offendano la comunità e creino costi aggiuntivi che, inevitabilmente, ricadono sulla collettività.

La condanna è netta: “Imbrattare i muri di una città è semplicemente un atto di inciviltà che colpisce tutti i cittadini, danneggia il decoro urbano e comporta costi che ricadono su tutti. Chi fa cose del genere non solo sporca un muro, ma offende chi qui, ogni giorno, ci vive, lavora, si impegna per rendere più accogliente Rivarolo”.

Non si tratta di una posizione di chiusura all’arte urbana. Anzi, da anni in Italia la street art è riconosciuta come una forma d’arte contemporanea, capace di valorizzare contesti urbani degradati o anonimi. Ma come ogni forma artistica, anche la street art segue regole precise, in dialogo con le amministrazioni locali. In molti Comuni esistono progetti condivisi, spazi autorizzati, bandi pubblici. È così che si trasformano muri ciechi in opere d’arte pubblica, con il coinvolgimento di cittadini e artisti.

Niente di tutto questo, però, è avvenuto nel caso di Rivarolo. Non un’autorizzazione, non una richiesta, non un confronto. Solo vernice spray e muro danneggiato. Ora si indaga per risalire ai responsabili. La polizia municipale sta analizzando le immagini delle telecamere di videosorveglianza installate in zona, nella speranza di identificare chi ha agito.

Ma, oltre all’aspetto sanzionatorio, è necessaria una riflessione più profonda. Ora chi ha il compito di ripulire lo scempio, restituendo ai cittadini un angolo di città decoroso? Chi ha commesso il gesto – probabilmente un giovane, un residente, forse uno studente – è anch’egli parte della comunità. E in questo senso la responsabilità non può ricadere solo sulle autorità.

In fondo, la città è di tutti, e l’educazione al rispetto della “res publica” dovrebbe cominciare fin da piccoli. Bisogna interrogarsi su quali spazi vengono lasciati all’espressione giovanile, su come viene insegnato il senso civico, su quanto realmente si investe nella cura del bene comune.

Come ha scritto ancora l’assessora Cuffia: “Rivarolo merita cura. Merita amore. Merita rispetto. Rivarolo può e deve pretendere di più. Più rispetto per i luoghi comuni. Più educazione. Più senso civico”. È un richiamo non solo ai vandali, ma all’intera cittadinanza, chiamata a non voltarsi dall’altra parte, a dialogare con i più giovani, a non giustificare ciò che non è giustificabile.

Perché una scritta su un muro, se ignorata, diventa la prima crepa nel senso di appartenenza. E una città bella è una città vissuta, rispettata, condivisa. Non vandalizzata.

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