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12 Luglio 2025 - 08:49
Nella foto l'assessore Fabrizio Dulla
È servita l’ennesima asta per trasformare un’aggiudicazione provvisoria in certezza definitiva: da oggi il Centro Congressi La Serra diventa davvero proprietà del Comune di Ivrea. Nessun altro concorrente si è presentato all’appuntamento fissato per venerdì 11 luglio: la procedura fallimentare della società Effetto Serra può così proseguire con l’assegnazione al Comune, che si era già espresso favorevolmente sull’acquisto nella seduta consiliare del 24 aprile scorso.
Un voto unanime, quello di aprile, arrivato a notte fonda, ma carico di significati simbolici e politici. L’edificio a forma di macchina da scrivere – firmato dagli architetti Igino Cappai e Pietro Mainardis – è considerato uno dei massimi esempi di architettura “radicale” in Italia. Non compare nell’elenco dei beni Unesco, è vero, ma per Ivrea resta un simbolo. Un pezzo d’identità urbana da troppi anni in stato di abbandono.
A motivare la scelta era stato il sindaco Matteo Chiantore, che aveva parlato di “opportunità” e della necessità di “smettere di tenere la testa sotto la sabbia”. Il piano prevedeva un’offerta da 68 mila euro per l’asta pubblica, cifra simbolica rispetto al valore reale, anche perché l’ente è creditore privilegiato per circa 80 mila euro nei confronti della società fallita. Il prezzo complessivo stimato, tasse comprese, è di circa 70 mila euro. Un affare, almeno sulla carta.
Ad alleggerire ulteriormente il carico economico è l’accordo condominiale che esonera il Comune dalle spese ordinarie fino al 2029, lasciando tempo e respiro per programmare il futuro. In bilancio sono già stati accantonati 220 mila euro per i primi interventi e, se necessario, si attiveranno mutui per la riqualificazione.
In consiglio, c’è chi aveva ha espresso entusiasmo, come la consigliera Vanessa Vidano, che aveva parlato di “coraggio” nel prendere in mano “una spina nel fianco” come La Serra. Più prudente il consigliere Paolo Noascone, che aveva avvertito: “1.350 metri quadrati sono tanti. Ci sono altri immobili in attesa. Non possiamo permetterci di accumulare strutture da ristrutturare senza un piano preciso”. Timori condivisi anche da Marzia Vinciguerra, preoccupata per la sostenibilità futura.
Sul fronte opposto, il presidente del consiglio Luca Spitale aveva definito La Serra “il nostro Colosseo”, elogiandone lo stato di conservazione: “Potrebbe essere riutilizzato già domani mattina”. La consigliera Barbara Manucci aveva invece sottolineato il valore culturale dell’opera, mentre Emanuele Longheu aveva offerto un dettaglio suggestivo sull’estetica della struttura: “I balconcini? Non tasti da macchina da scrivere. Ricordano pacchetti di sigarette. Tutta l’architettura richiama l’estetica navale”.
A ravvivare il dibattito era stata anche Elisabetta Piccoli, che aveva ricordato come già nel 2020 l’idea di acquistare l’edificio fosse stata avanzata dalla sua maggioranza, salvo poi essere frenata dalle critiche dell’opposizione di allora. Oggi, molti di quei critici – Francesco Comotto, Massimo Fresc – siedono in Giunta. “Dicevate che sarebbe stato un danno erariale. Che c’era l’amianto. Ora, dall’altra parte del tavolo, le prospettive cambiano” aveva sottolineato Piccoli, con un filo di amarezza. E aveva aggiunto: “All’epoca costava 270 mila euro e avevamo già pronto un progetto per candidarlo ai fondi PNRR come centro per il cinema industriale”.
L’acquisto, oggi, arriva tardi ma arriva. Il curatore fallimentare Carlo Goldoni ha già ricevuto la proposta formale. L’ente è già proprietario della Sala Cupola, donata nel 2007, ma inutilizzata da anni per problemi impiantistici. Anche qui, serviranno circa 200 mila euro per renderla agibile.
Un’operazione coraggiosa? Forse. Necessaria? Sicuramente. Dopo tanti anni di parole, ora iniziano i fatti. Il Centro La Serra, per troppo tempo dimenticato, potrebbe tornare a vivere molto presto...
L’ultima volta che si parlò del Centro La Serra correva il gennaio del 2021. Subito dopo un consiglio comunale a dir poco «funesto», Sertoli & C. si erano precipitati a scrivere un comunicato stampa per dire ai cittadini e urlare al mondo intero che l’acquisto all’asta del Centro La Serra era saltato per colpa delle Opposizioni.
Invero, nascondendo l’esistenza di un parere negativo dei revisori dei conti che aveva fatto strabuzzare gli occhi dei più attenti osservatori. Il tutto, come sempre, condito dalle solite litanie (Signore pietà, Cristo pietà) sul tanto lavoro e sull’impegno che ci avevano messo gli assessori Elisabetta Piccoli e Costanza Casali per «risolvere» gli ostacoli, a cominciare dalle spese pregresse del condominio e la causa Enel.
S’era poi saputo che l’asta del 5 novembre 2020, organizzata dal curatore Carlo Coldoni di via Miniere, ad un prezzo fissato in 271.206 euro, era andata deserta, esattamente come era successo alla prima dell’11 luglio del 2017, con base a 424 mila euro, e alla seconda, del 25 luglio del 2018, con base a 339 mila euro.
Parliamo di un cinema, di un atrio comprendente il bar, la biglietteria e altri locali per 1.350 metri quadri complessivi, quindi di quattro negozi e, infine, di un parcheggio di 692 mq con vincolo di destinazione a posto auto.
E parliamo di una ferita aperta nel bel centro della città. Una ferita che fa male e non solo perché l’edificio, con la forma di una macchina da scrivere, progettato da Pietro Mainardis e Iginio Cappai, costruito a partire dal 1967 per volontà di Roberto Olivetti, figlio primogenito di Adriano e nipote di Camillo, è stato abbandonato al suo destino, ma anche e soprattutto perché, più di tanti altri, avrebbe dovuto e potuto finire nell’elenco dei beni «Città patrimonio dell’Unesco» e invece è stato tagliato fuori.
C’è che di fronte alla possibilità di un danno erariale paventato da alcuni in capo ai consiglieri comunali di maggioranza, molti si erano cagati addosso e non se n’era capito il motivo, considerando che acquistare e rimettere a posto un immobile in pieno centro, con le caratteristiche e il valore storico e architettonico del Centro La Serra, dovrebbe semmai considerarsi un merito.
La verità è che, tolto il capogruppo del Pd Maurizio Perinetti, nessuno della minoranza s’era dichiarato contrario all’acquisto e neanche avrebbe potuto esserlo, considerando che tutti, di riffa e di raffa, avevano inserito il Centro La Serra nei propri programmi elettorali.
Piuttosto ci si era interrogati sulle intenzioni nel dopo acquisto ed era venuto fuori che, oltre ai 200 mila euro di mutuo per l’asta e una fumosa ipotesi sulla risistemazione dell’atrio (indispensabile per l’utilizzo della sala La Cupola, che ha un’unica via di fuga), di progetti e di idee su come reperire il denaro necessario a sistemare il resto non ce n’erano.
Così come non era sufficientemente chiaro quale fosse lo stato dell’impiantistica e se si fosse conclusa o meno la causa da 800 mila euro con Enel, infine se fosse vero che l’edificio contiene amianto.
La «brutta» storia comincia già nel 2012, quando si hanno le prime avvisaglie sulla pessima situazione finanziaria in cui si trova la società Effetto Serra, di cui il Comune era socio.
Il 27 febbraio del 2014, chiude l’ABCinema, gestito dalla Cooperativa Rosse Torri, presieduta da Francesco Curzio, e da lì in avanti, a parte un tiepido tentativo di acquisto da parte di Aeg Coop (socia al 10% di Effetto Serra), le cose vanno via via peggiorando e dalla liquidazione si passa all’inammissibilità del concordato preventivo, quindi al fallimento.
La domanda che ci si pone però adesso è: quanto potrebbe venire a costare la risistemazione?
In realtà, un conto approssimativo per rendere l’edificio sicuro c’è ed è dell’architetto Giuseppe Peano, che nel 2014 era stato incaricato di redigere una perizia dall’allora liquidatore. Il conto fa qualcosa come 700 mila euro.
«Il frazionamento della struttura» – scriveva – «ha comportato un aggravio della gestione degli impianti e della sicurezza antincendio progettati inizialmente per servire in modo unitario l’edificio...»
E sempre Peano si rammaricava che l’edificio non fosse stato inserito nell’elenco dei siti del patrimonio Unesco e evidenziava, al piano delle fondazioni dell’edificio, la presenza di consistenti resti archeologici di epoca romana, vincolati dalla Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte.
Il peccato originale risale all’inizio del nuovo millennio, quando a qualcuno venne in mente che quell’immobile sarebbe stato più facilmente commerciabile se frazionato in tante piccole proprietà, quante erano le unità mono e bilocale esistenti, trasformabili così in ambite residenze ordinarie.
Operazione «spezzatino», la definì un giorno, su queste pagine, l’ex consigliere comunale Alberto Tognoli. Il favore, grande come una casa, lo si fece – guarda un po’ – alla Pirelli Re, proprietaria dell’immobile dopo aver assorbito la Olivetti.
Solo con gli anni ci si rese conto di quanto fosse difficile, praticamente impossibile, la gestione degli impianti comuni: elettricità, gas, sicurezza antincendio, tutto pensato in origine per un unico edificio. Ed è proprio perché la gestione è un gran casino che ad un certo punto ci si è ritrovati con una bolletta, emessa da Enel e contestata dai condomini, per 800.000 euro, mal conteggiati e poi ricalcolati.
E sono all’ordine del giorno anche problemi legati al gas, che in più di un’occasione hanno portato il gestore al distacco del fabbricato dalla rete, costringendo ogni condomino a riscaldarsi autonomamente con stufe elettriche.
S'aggiunge il degrado e qui davvero, negli ultimi tempi, ha trovato spazio di tutto: droga, prostituzione, vandalismo. Una situazione così esplosiva da rendere indispensabile la chiusura degli accessi laterali per evitare che l’area si trasformasse in un bivacco permanente.
C’era una volta un auditorium in pieno centro, un cinema d’essai, una bellissima sala conferenze e un incredibile spazio espositivo. E come nelle fiabe, si spera di poter scrivere il lieto fine: «E vissero tutti felici e contenti».
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