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Rivarolo, è polemica sull’abbattimento delle querce: scontro tra Comune e ambientalisti

Abbattimento delle querce secolari: tra sicurezza pubblica e tutela ambientale, una scelta controversa che divide amministrazione e ambientalisti

Rivarolo, è polemica sull’abbattimento delle querce

Rivarolo, è polemica sull’abbattimento delle querce: il Comune difende le ragioni tecniche, Onda parla di “ferita ecologica"

Il frastuono delle motoseghe ha coperto, per qualche ora, anche quello del dissenso. Le querce secolari ai margini della provinciale 222, vicino al Castello Malgrà, sono state abbattute nei giorni scorsi per motivi di “sicurezza”. Ma quella che per l’amministrazione è un intervento tecnico inevitabile, per gli ambientalisti si configura come una scelta grave e frettolosa, figlia di una cultura ancora troppo indifferente alla tutela del verde urbano.

A sollevare il caso è stato il Coordinamento Onda, sigla nazionale impegnata nella difesa degli alberi. Gli attivisti parlano di un intervento lesivo della biodiversità, soprattutto perché effettuato – denunciano – “in pieno periodo riproduttivo dell’avifauna”, possibile violazione delle direttive europee sulla tutela degli uccelli selvatici. Ma non è solo questione di calendario: Onda contesta anche la valutazione del rischio attribuita agli alberi, che sarebbero stati classificati tutti in categoria D, la più alta, che impone l’abbattimento immediato. Una decisione che, secondo loro, non trova pieno riscontro nelle reali condizioni degli esemplari, che “presentavano sintomi solo lievi o moderati”.

Il Comune di Rivarolo Canavese, però, non ci sta a passare per nemico del verde. La giunta guidata da Martino Zucco Chinà precisa che la decisione non è stata autonoma, ma è partita da una richiesta formale della Città Metropolitana di Torino. Gli uffici comunali avrebbero seguito l’iter previsto dalla normativa, affidando la perizia a tecnici agronomi qualificati. Risultato: tutti gli alberi coinvolti sono stati giudicati potenzialmente pericolosi. Nessuno, aggiunge il Comune, risultava vincolato come “monumentale”. Fa eccezione il cedro del Libano all’interno del parco del Malgrà, effettivamente tutelato e rimasto intatto.

Nel tentativo di spegnere le polemiche, l’amministrazione sottolinea di aver trasmesso tutta la documentazione richiesta agli ambientalisti. L’area, tra l’altro, è soggetta a vincolo paesaggistico, e nulla sarebbe stato fatto al di fuori delle autorizzazioni di legge. Ma il dissenso non si placa, perché – come spesso accade – non è solo una questione di carte.

Nel dibattito si scontrano due visioni opposte: da una parte la logica della sicurezza pubblica, invocata come prioritaria in una zona a ridosso della strada provinciale; dall’altra la richiesta di un cambio di paradigma, che consideri gli alberi non ostacoli da rimuovere ma risorse vitali da salvaguardare, specie in un periodo storico segnato da siccità, ondate di calore e perdita di biodiversità.

Il taglio delle querce accade infatti nel pieno di un’estate tra le più calde degli ultimi anni, in un momento in cui l’Italia – e il Piemonte in particolare – si interroga su come rendere le città più vivibili e sostenibili. In questo contesto, eliminare alberi adulti, senza prevedere subito compensazioni o ripiantumazioni, rischia di trasmettere un messaggio sbagliato. Che la manutenzione del territorio sia necessaria è fuori discussione, ma sempre più cittadini chiedono che venga fatta con maggiore attenzione ecologica, valutando alternative, soluzioni di consolidamento, tecniche non distruttive.

Il caso delle querce del Malgrà è quindi un simbolo di qualcosa di più ampio: la difficoltà di trovare un equilibrio tra sicurezza e salvaguardia ambientale, tra gestione ordinaria e visione futura. E diventa anche uno spunto di riflessione politica, perché in gioco c’è anche il modo in cui i Comuni – troppo spesso lasciati soli, con pochi fondi e molte responsabilità – affrontano queste decisioni.

Intanto gli alberi sono già stati abbattuti, lasciando un vuoto nel paesaggio e nello sguardo di chi passa da quelle parti. Se davvero erano pericolosi, se davvero non c’erano alternative, lo potranno stabilire solo analisi approfondite e una maggiore trasparenza. Ma una cosa è certa: quando il verde sparisce, non basta un’autorizzazione per cancellare il senso di perdita che ne consegue.

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