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03 Luglio 2025 - 17:00
Bardonecchia si ribella: "Tratteniamo i 6 milioni di IMU all’anno, così ci mettiamo in sicurezza da soli!"
A Bardonecchia la misura è colma. Dopo l’ennesima esondazione, che nella notte tra domenica 30 giugno e lunedì 1° luglio ha messo in ginocchio il territorio comunale, la sindaca Chiara Rossetti rompe gli indugi e alza il tono: «O arrivano i soldi subito, o tratterremo i 6 milioni di euro dell’IMU che ogni anno mandiamo a Roma. In cinque anni potremmo fare tutto da soli». La proposta, o forse è meglio chiamarla ultimatum, ha fatto rapidamente il giro d’Italia. Ma a Bardonecchia, la rabbia è più forte dello stupore.
Il Comune dell’Alta Valle di Susa, al confine con la Francia, ha ormai una lista di lavori urgenti lunga trentacinque milioni di euro. A tanto ammonta la cifra necessaria per garantire la messa in sicurezza del territorio, secondo la valutazione tecnica fornita dall’amministrazione. «Non possiamo più permetterci di aspettare che arrivi qualche fondo d’emergenza dopo ogni alluvione», dice Rossetti. «Serve un piano strutturale, servono soldi veri, servono adesso».
La situazione non nasce oggi. Bardonecchia ha vissuto due esondazioni in due anni. Nel 2023, dopo un evento meteorologico simile, lo Stato aveva concesso un primo finanziamento da 5 milioni di euro. Un aiuto importante, certo, ma largamente insufficiente. «Ne servono almeno sei volte tanti», avverte la sindaca, che ha più volte illustrato in Regione e al Governo un piano di interventi già definito nei dettagli. «Non stiamo chiedendo l’impossibile. Sappiamo cosa fare e come farlo. Quello che manca sono i fondi per agire subito».
Nel frattempo, la città deve fare i conti con frane, colate detritiche, corsi d’acqua da canalizzare, argini da rinforzare, briglie da rifare. La manutenzione straordinaria è diventata ormai ordinaria amministrazione. Eppure, malgrado l’evidenza, da Roma sono arrivate finora solo promesse e pacche sulle spalle. Così Bardonecchia minaccia di passare ai fatti: trattenere l’imposta municipale sugli immobili, l’IMU, che per un Comune montano con forte vocazione turistica equivale a un tesoretto di circa 6 milioni l’anno.
Bardonecchia chiede l'intervento dello Stato
«Sono soldi che già escono dal nostro territorio – spiega Rossetti – e che spesso non tornano più indietro. Noi invece li useremmo subito per la messa in sicurezza, sotto il controllo dei nostri uffici e con il monitoraggio della Protezione Civile. In cinque anni potremmo mettere a posto tutto». Una provocazione, forse. Ma anche un messaggio chiaro: la montagna non è più disposta a restare inascoltata.
La sindaca non risparmia critiche nemmeno al ministro per la Protezione civile Nello Musumeci, che nei giorni scorsi aveva parlato di “colpe del passato”, riferendosi a scelte urbanistiche discutibili. Rossetti replica con fermezza: «Non possiamo accettare sterili polemiche su come si costruiva cinquant’anni fa. È l’ora della concretezza. Dobbiamo dare risposte ai nostri cittadini, non cercare capri espiatori».
E di fronte al rischio sempre più concreto di eventi estremi – inondazioni, alluvioni lampo, ondate di piena – Bardonecchia non vuole più trovarsi impreparata. Lo dimostra anche la rapidità con cui sono stati attivati gli interventi di soccorso, il lavoro dei volontari, l’efficienza dei tecnici comunali. Ma questo non basta. «Se succede qualcosa domani – conclude Rossetti – non voglio dover spiegare alla gente che aspettavamo ancora un decreto».
Il caso Bardonecchia è emblematico di una questione più ampia: quella delle centinaia di piccoli Comuni italiani, spesso montani, che vivono ogni anno con il fiato sospeso. Stretti tra vincoli burocratici, risorse scarse e promesse mancate. Eppure capaci di rispondere con efficienza, solidarietà e visione. Ora chiedono solo di poter agire. Con i loro soldi. Nel loro territorio. Per la loro gente.
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