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Le campagne non sono un parco giochi per cinghiali: Coldiretti alza la voce

La protesta di Coldiretti: il grido d'allarme degli agricoltori piemontesi contro la devastazione dei campi causata dai cinghiali e l'insufficienza dei rimborsi della Regione

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Le campagne non sono un parco giochi per cinghiali: Coldiretti alza la voce

Continuano a crescere i danni provocati dalla fauna selvatica in Piemonte, e in particolare dai cinghiali, che devastano raccolti e campi coltivati in tutta la regione. L’ultimo segnale d’allarme arriva da Coldiretti Torino, che ha deciso di non votare i bilanci 2024 degli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC) e dei Comprensori Alpini (CA), gli enti delegati alla gestione della fauna. Una scelta drastica, definita dagli stessi rappresentanti dell’organizzazione agricola come un “atto estremo”, ma inevitabile di fronte a una situazione giudicata sempre più insostenibile.

A scatenare la protesta è stata la decisione della Regione Piemonte di coprire solo l’83% dell’importo dovuto agli agricoltori per i danni subiti nel 2024. Su 4,6 milioni di euro certificati da perizie ufficiali, sono stati stanziati poco più di 3,6 milioni, con una differenza scoperta di circa un milione. «Siamo davvero stufi», ha dichiarato il presidente di Coldiretti Torino Bruno Mecca Cici, anche vicepresidente regionale con delega alla fauna selvatica. Secondo Coldiretti, ATC e CA integrano con fondi propri soltanto un ulteriore 10%, lasciando comunque scoperto il 7% del totale.

A livello pratico, significa che centinaia di aziende agricole piemontesi non riceveranno il rimborso completo per i raccolti perduti, i campi devastati o le recinzioni danneggiate. Un esempio emblematico arriva proprio dalla provincia di Torino, che secondo i dati regionali è la più colpita nel 2024, con 54mila quintali di prodotto perso. In totale, si contano 4.379 richieste di risarcimento in Piemonte, il 70% delle quali legate a danni da cinghiali. Seguono gli ungulati ruminanti (12%) e i corvidi (9%). Le tipologie più frequenti sono la distruzione delle zolle (14mila ettari) e la distruzione del prodotto a termine (4.500 ettari), con una perdita stimata di 177mila quintali su scala regionale.

Coldiretti ha annunciato che continuerà a disertare le votazioni sui bilanci come forma di pressione, fino a quando non sarà garantita la copertura integrale degli indennizzi. Il punto critico, spiegano, non riguarda solo l’ammontare, ma anche il principio di responsabilità: «Non si può pretendere che gli agricoltori paghino il prezzo della cattiva gestione della fauna», spiegano dai vertici dell’organizzazione.

Il problema non è nuovo. Da anni Coldiretti denuncia una vera e propria “emergenza ungulati” che riguarda l’intero territorio nazionale. A livello italiano, secondo una stima del Crea, il numero di cinghiali si aggira attorno a 1,5-2 milioni di esemplari, con un aumento esponenziale dovuto a diversi fattori: assenza di predatori naturali, clima favorevole, abbondanza di cibo e limiti normativi nell’abbattimento. Solo nel 2023, le domande di risarcimento per danni da fauna sono state oltre 20mila in Italia, con un’escalation di episodi gravi, non solo nei campi ma anche nelle città, dove gli animali arrivano a cercare cibo tra i rifiuti o ad attraversare le strade.

Sul piano normativo, il dibattito si è intensificato con la recente approvazione della Legge di Bilancio 2023, che ha introdotto nuove disposizioni per contenere i danni della fauna selvatica e potenziato le misure di abbattimento. Tuttavia, le Regioni faticano ad attuare i piani di controllo, e mancano strumenti efficaci per il rimborso tempestivo delle perdite agricole.

In Piemonte, nel 2023 era già stato lanciato un “Piano straordinario di contenimento” con un obiettivo preciso: abbattere 50mila cinghiali in due anni. Ma i risultati sono stati deludenti. Tra le cause, oltre alla burocrazia, ci sono le tensioni tra il mondo agricolo e quello venatorio, i ritardi nella formazione dei selecontrollori e le difficoltà operative nei territori montani e collinari.

A questo si aggiunge la mancanza di coordinamento tra enti locali, Province, ATC e CA, che rende complesso l’intero processo di prevenzione e rimborso. Non è raro che passino diversi mesi – a volte oltre un anno – tra la segnalazione del danno e il pagamento dell’indennizzo.

Sul fronte europeo, l’Italia è già stata richiamata dalla Corte dei Conti UE per la cattiva gestione della fauna selvatica, con particolare riferimento al rischio che essa rappresenta per la sicurezza stradale e per la salute pubblica, considerato che i cinghiali possono essere vettori di malattie come la peste suina africana (PSA).

Proprio in Piemonte, la peste suina è tornata d’attualità nel 2024, con focolai registrati tra le province di Alessandria, Cuneo e Torino. Una minaccia seria per l’intero comparto della suinicoltura, che vale quasi 3 miliardi di euro a livello nazionale, e che ha già causato l’embargo di diversi Paesi asiatici verso le carni suine italiane.

In questo contesto, la protesta di Coldiretti assume un peso politico significativo. Non si tratta di un gesto isolato ma del segnale di un malessere diffuso, che riguarda la tenuta economica e psicologica di migliaia di agricoltori, costretti a fare i conti ogni giorno con una presenza sempre più invadente della fauna.

«Se non si interviene con decisione – ha ribadito Mecca Cici – il rischio è che intere aree agricole vengano abbandonate, perché troppo esposte e troppo poco tutelate». La battaglia, insomma, è appena iniziata. E sul tavolo della Regione c’è una richiesta chiara: copertura totale dei danni, semplificazione dei rimborsi e gestione più incisiva della fauna selvatica.

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