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Cronaca

Torino, si autodenuncia dopo l'incidente: il Tribunale lo condanna a 8 mesi per omissione di soccorso

La mancata fermata dopo un incidente costituisce reato penale: condannato un uomo a Torino per omissione di soccorso nonostante l'autodenuncia

Torino, si autodenuncia

Torino, si autodenuncia dopo l'incidente: il Tribunale lo condanna a 8 mesi per omissione di soccorso

Una mancata sosta dopo un incidente stradale può trasformarsi in un reato penale, anche se ci si presenta spontaneamente dai vigili. È quanto stabilito dal tribunale di Torino, che ha condannato a otto mesi di reclusione un uomo di 58 anni per omissione di fermata dopo un sinistro automobilistico avvenuto nel dicembre 2023.

L’uomo, alla guida di una Jeep, era rimasto coinvolto in un incidente con una Fiat Panda sulla quale viaggiavano una donna e il figlio. Dopo il tamponamento, però, non si era fermato immediatamente per prestare assistenza, né per fornire le proprie generalità. Solo successivamente aveva deciso di recarsi di persona al comando della polizia locale, ritenendo, forse, di aver assolto così agli obblighi previsti dal Codice della Strada. Ma la legge ha un’altra opinione.

Il giudice Potito Giorgio ha dichiarato l’uomo colpevole della violazione dell’articolo 189 del Codice della Strada, quello che impone a chiunque sia coinvolto in un incidente, anche senza feriti gravi, l’obbligo inderogabile di fermarsi immediatamente sul luogo e prestare soccorso. Il comportamento dell’imputato è stato giudicato non conforme, malgrado l’apparente buona volontà nel presentarsi alle autorità.

Secondo quanto emerso in aula, la dinamica dell’incidente era stata inizialmente interpretata come un gesto deliberato: la Jeep avrebbe superato la Panda, accusata di procedere troppo lentamente, per poi rallentare bruscamente e addirittura innestare la retromarcia, innescando così lo scontro. Tuttavia, questa ipotesi di dolo è stata esclusa nel corso del processo, che ha fatto luce su una situazione meno plateale, ma non meno rilevante sotto il profilo giuridico.

Il nodo centrale è stato l’allontanamento. L’uomo, secondo quanto dichiarato dalla difesa, sarebbe tornato a piedi sul luogo dell’incidente, ma non si sarebbe avvicinato a causa della confusione generata dall’urto e dalla presenza di curiosi. Da qui la decisione di rivolgersi direttamente al comando della polizia municipale, dove ha fornito la sua versione dei fatti.

Per l’avvocato Flavio Campagna, difensore dell’imputato, la scelta del suo assistito non può essere considerata penalmente rilevante. «Non si tratta di un comportamento elusivo – ha sostenuto – ma di una condotta conforme allo spirito della norma, che impone di agevolare gli accertamenti. E in questo caso l’autodenuncia è stata immediata».

Ma il giudice non ha accolto la tesi. Il principio è chiaro: chi è coinvolto in un incidente, soprattutto se ci sono altre persone coinvolte, non può decidere in autonomia quando e come comunicare la propria versione. L’obbligo è di fermarsi immediatamente e verificare lo stato di salute degli altri occupanti dei veicoli coinvolti.

Nel caso in esame, madre e figlio presenti sulla Panda avevano riportato lievissime lesioni, tanto da non formalizzare alcuna denuncia. Tuttavia, questo non ha influito sulla valutazione penale del comportamento del 58enne, che resta un’omissione rilevante sotto il profilo normativo.

La sentenza solleva una questione delicata nel rapporto tra cittadino e obblighi di legge: la spontaneità di una “autosegnalazione” non basta, se non accompagnata da un’azione concreta e tempestiva sul luogo del fatto.

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